rivista di febbraio 2000


 

 

Droga: l'altra faccia della medaglia


Dedicato ai giovanio Gesù
(a cura di Maria Nives Zaccaria)

In questo numero la rubrica dedicata ai giovani si presenta con una connotazione particolare: diventa una sorta di “spazio aperto”, crocevia di riflessioni ed esperienze vissute in prima persona, perciò particolarmente toccanti e significative.

Dopo aver letto l’articolo "La droga si può sconfiggere" apparso sul numero di dicembre ’99, così scrive Cristina da Villanova Mondovì (Cuneo):

Da circa un anno e mezzo lavoro in un centro accoglienza per ex-tossicodipendenti dei Padri Somaschi e, anche se è un mondo che non si può mai dire di conoscere bene, è comunque entrato a far parte della mia vita.

Leggendo la storia del tuo alunno, mi è ritornato in mente Danilo, un ex ragazzo della comunità morto in seguito a una overdose, a poco più di trent’anni. Sono stati giorni tristissimi: tutti facevano finta di nulla, come se la cosa non avesse dovuto toccare nessuno; i ragazzi si ripetevano l’un l’altro: «è normale, può succedere…», ma in realtà si respirava la loro angoscia, la loro paura. Il "colpo" è stato duro soprattutto per gli operatori e i responsabili del centro! Anche per me, che in fondo faccio solo la segretaria, sono stati momenti difficili. Scattano nella testa tante domande del tipo: «Ma possibile che nessuno si sia accorto…? E io, perché non me ne sono accorta? Forse avremmo potuto fare qualcosa…». In questi casi il senso di inutilità e di fallimento sono davvero fortissimi… ma poi il Signore interviene e aiuta!

La comunità dove lavoro fa capo ai Padri Somaschi della Provincia Lombarda; hanno quattordici sedi in tutta Italia (più alcune all’estero) e tutti insieme collaborano a scrivere un giornalino che si chiama Cammino. Il centro si chiama Cascina Martello e si trova a Briaglia; ospita solo ragazzi (maschi) tra i 20 e i 40 anni.

Ti ringrazio ancora per l’articolo che hai scritto e ti chiedo di ricordare nelle tue preghiere tutti i ragazzi tossicodipendenti e tutte le persone che cercano di lavorare con loro e per loro, perché, credimi, è una vera missione per nulla facile!

Rispondo.
Cara Cristina, grazie per aver voluto condividere la tua esperienza. Sicuramente, attraverso la nostra rivista troverai fratelli che decideranno di pregare secondo le tue intenzioni e nuovi amici che saranno colpiti dalla tua testimonianza.

Molti giovani del Rinnovamento si chiedono cosa fare per aiutare i loro coetanei. Soprattutto cosa fare per portarli a Gesù. Forse, al punto in cui siamo arrivati, basta veramente "poco": dobbiamo averlo incontrato noi, per primi, e quindi dimostrare in modo convincente la forza che lui esercita sulla nostra vita. Il resto poi lo fa lui. La testimonianza di Marcel, che trovi su queste pagine, ci dice quanto sia forte l’azione di chi vive e opera "in Cristo".

Ricostruirsi con Dio

La mia adolescenza è stata piuttosto disastrata. Dopo aver ricevuto un’educazione cristiana e una relativa pratica sacramentale, ho gradualmente abbandonato la fede per dedicarmi a una vita più mondana e, all’apparenza, spensierata.

Questo modo di vivere mi ha portato a cercare emozioni sempre più forti e pericolose, finché ho cominciato a drogarmi iniziando con sostanze cosiddette "leggere" per passare presto alle anfetamine e agli oppiacei. Sono finito inesorabilmente in questo "tunnel" per la durata di circa sei anni. Ma, grazie a Dio, c’è sempre uno sbocco, una luce all’orizzonte.

Verso il termine di questa triste esperienza, mi sentivo ormai svuotato di ogni valore, anche il più elementare come l’amicizia e i comuni rapporti sociali anche perché la droga ha il potere di sostituirsi a qualsiasi altro valore. Cominciai a pormi le domande che avevo sempre tentato di evitare: da dove vengo? Perché vivo? Che senso ha la sofferenza? Cos’è la morte? C’è Qualcuno al di sopra di noi?

Iniziò così la mia ricerca interiore, provocata da un "grido" che non riuscivo più a soffocare finché, dopo varie esperienze nelle filosofie orientali (ho seguito per parecchi mesi un guru), incontrai un ragazzo che mi offrì la sua amicizia… gratuitamente!

Un giorno, dopo alcune settimane che ci frequentavamo durante le quali cominciai ad apprezzare la sua schiettezza e la gioiosa serenità che emanava da tutta la sua persona, lui mi parlò di Gesù e del suo amore infinito per l’umanità. Il mio primo impulso fu quello di deriderlo perché ero convinto che la religione cattolica andasse bene per i bambini e i vecchi, ma non certo per uno come me che sapeva (sic!) cos’era la vita. Ma ormai la sua amicizia era diventata troppo importante e non me la sentii di rifiutare l’invito a partecipare a un ritiro spirituale di tre giorni che, mi disse, era animato dal Rinnovamento nello Spirito. Era in occasione della Pasqua… e non sapevo ancora che sarebbe diventata la "mia" Pasqua!

Quando arrivai sul luogo mi sentii molto a disagio, ma l’accoglienza che ricevetti (malgrado i miei jeans rattoppati, i capelli lunghi e il mio atteggiamento da ribelle) mi toccò profondamente e contribuì non poco a far sgretolare il mio cuore di pietra: mi sentivo chiamare per la prima volta "fratello"! Quel che seguì fu, a dir poco, sconvolgente. Vidi mani alzate al cielo nella lode a Dio; udii preghiere di ringraziamento; richieste di perdono; parole nuove mai sentite prima e, soprattutto, vidi la gioia e la pace sui volti dei presenti.

Fu il terzo giorno quello che sconvolse radicalmente la mia vita, quando udii una parola che mi trafisse il cuore: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16, 24), proclamata da p. Beck. Davanti a questa Parola, che non mi prometteva né estasi, né ricchezze, né potere, né successo e fama (come le promesse di certe sètte moderne) ma, al contrario, mi presentava un cammino faticoso e il rinnegamento di me stesso, capii finalmente che Cristo è la Verità. Egli non mentiva, non cercava di adescarmi con promesse allettanti di una vita facile e idilliaca… che non avrebbero comunque trovato conferma nella realtà di ogni giorno. Per questo dissi sì a Gesù e lo accolsi come il Signore della mia vita!

Da quel giorno tutto cambiò. Mi sentii libero, felice e realizzato pienamente come uomo. Anche le sofferenze avevano un senso e acquistavano man mano il loro valore; diventavano infatti motivo di crescita e temperavano il mio carattere purificando il mio orgoglio.

Da allora sono trascorsi vent’anni e, in questo tempo, sono stato responsabile di una comunità che accoglieva tossicodipendenti e ragazzi sbandati; mi sono sposato con una ragazza piena di zelo per il Signore che si trovava già nel cammino del RnS; abbiamo avuto una figlia e abbiamo adottato un altro bambino. Ho svolto vari servizi di responsabilità nel gruppo e a livello regionale, e ho perfino ricominciato gli studi alla Scuola diocesana di Catechesi (che mi ha aiutato a maturare sempre più la mia vocazione al diaconato) e alla Facoltà Teologica di Lugano, nella quale ho concluso gli studi per essere ordinato diacono nel gennaio del ’98.

Oggi, facendo memoria delle meraviglie che il Signore ha compiuto nella mia vita, non posso fare altro che ringraziarlo, perché «dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia»! Alleluya!

Diacono Marcel Mattana