In
questo numero la rubrica dedicata ai giovani si presenta con una
connotazione particolare: diventa una sorta di spazio aperto,
crocevia di riflessioni ed esperienze vissute in prima persona,
perciò particolarmente toccanti e significative.
Dopo
aver letto larticolo "La droga si può sconfiggere"
apparso sul numero di dicembre 99, così scrive Cristina
da Villanova Mondovì (Cuneo):
Da
circa un anno e mezzo lavoro in un centro accoglienza per ex-tossicodipendenti
dei Padri Somaschi e, anche se è un mondo che non si può
mai dire di conoscere bene, è comunque entrato a far parte
della mia vita.
Leggendo
la storia del tuo alunno, mi è ritornato in mente Danilo,
un ex ragazzo della comunità morto in seguito a una overdose,
a poco più di trentanni. Sono stati giorni tristissimi:
tutti facevano finta di nulla, come se la cosa non avesse dovuto
toccare nessuno; i ragazzi si ripetevano lun laltro:
«è normale, può succedere
», ma
in realtà si respirava la loro angoscia, la loro paura.
Il "colpo" è stato duro soprattutto per gli operatori
e i responsabili del centro! Anche per me, che in fondo faccio
solo la segretaria, sono stati momenti difficili. Scattano nella
testa tante domande del tipo: «Ma possibile che nessuno
si sia accorto
? E io, perché non me ne sono accorta?
Forse avremmo potuto fare qualcosa
». In questi casi
il senso di inutilità e di fallimento sono davvero fortissimi
ma poi il Signore interviene e aiuta!
La
comunità dove lavoro fa capo ai Padri Somaschi della Provincia
Lombarda; hanno quattordici sedi in tutta Italia (più alcune
allestero) e tutti insieme collaborano a scrivere un giornalino
che si chiama Cammino. Il centro si chiama Cascina Martello
e si trova a Briaglia; ospita solo ragazzi (maschi) tra i 20 e
i 40 anni.
Ti
ringrazio ancora per larticolo che hai scritto e ti chiedo
di ricordare nelle tue preghiere tutti i ragazzi tossicodipendenti
e tutte le persone che cercano di lavorare con loro e per loro,
perché, credimi, è una vera missione per nulla facile!
Rispondo.
Cara Cristina, grazie per aver voluto condividere la tua esperienza.
Sicuramente, attraverso la nostra rivista troverai fratelli che
decideranno di pregare secondo le tue intenzioni e nuovi amici
che saranno colpiti dalla tua testimonianza.
Molti
giovani del Rinnovamento si chiedono cosa fare per aiutare i loro
coetanei. Soprattutto cosa fare per portarli a Gesù. Forse,
al punto in cui siamo arrivati, basta veramente "poco":
dobbiamo averlo incontrato noi, per primi, e quindi dimostrare
in modo convincente la forza che lui esercita sulla nostra vita.
Il resto poi lo fa lui. La testimonianza di Marcel, che trovi
su queste pagine, ci dice quanto sia forte lazione di chi
vive e opera "in Cristo".
Ricostruirsi con Dio
La
mia adolescenza è stata piuttosto disastrata. Dopo aver
ricevuto uneducazione cristiana e una relativa pratica sacramentale,
ho gradualmente abbandonato la fede per dedicarmi a una vita più
mondana e, allapparenza, spensierata.
Questo
modo di vivere mi ha portato a cercare emozioni sempre più
forti e pericolose, finché ho cominciato a drogarmi iniziando
con sostanze cosiddette "leggere" per passare presto
alle anfetamine e agli oppiacei. Sono finito inesorabilmente in
questo "tunnel" per la durata di circa sei anni. Ma,
grazie a Dio, cè sempre uno sbocco, una luce allorizzonte.
Verso
il termine di questa triste esperienza, mi sentivo ormai svuotato
di ogni valore, anche il più elementare come lamicizia
e i comuni rapporti sociali anche perché la droga ha il
potere di sostituirsi a qualsiasi altro valore. Cominciai
a pormi le domande che avevo sempre tentato di evitare: da dove
vengo? Perché vivo? Che senso ha la sofferenza? Cosè
la morte? Cè Qualcuno al di sopra di noi?
Iniziò
così la mia ricerca interiore, provocata da un "grido"
che non riuscivo più a soffocare finché, dopo varie
esperienze nelle filosofie orientali (ho seguito per parecchi
mesi un guru), incontrai un ragazzo che mi offrì la sua
amicizia
gratuitamente!
Un
giorno, dopo alcune settimane che ci frequentavamo durante le
quali cominciai ad apprezzare la sua schiettezza e la gioiosa
serenità che emanava da tutta la sua persona, lui mi parlò
di Gesù e del suo amore infinito per lumanità.
Il mio primo impulso fu quello di deriderlo perché ero
convinto che la religione cattolica andasse bene per i bambini
e i vecchi, ma non certo per uno come me che sapeva (sic!) cosera
la vita. Ma ormai la sua amicizia era diventata troppo importante
e non me la sentii di rifiutare linvito a partecipare a
un ritiro spirituale di tre giorni che, mi disse, era animato
dal Rinnovamento nello Spirito. Era in occasione della Pasqua
e non sapevo ancora che sarebbe diventata la "mia" Pasqua!
Quando
arrivai sul luogo mi sentii molto a disagio, ma laccoglienza
che ricevetti (malgrado i miei jeans rattoppati, i capelli lunghi
e il mio atteggiamento da ribelle) mi toccò profondamente
e contribuì non poco a far sgretolare il mio cuore di pietra:
mi sentivo chiamare per la prima volta "fratello"! Quel
che seguì fu, a dir poco, sconvolgente. Vidi mani alzate
al cielo nella lode a Dio; udii preghiere di ringraziamento; richieste
di perdono; parole nuove mai sentite prima e, soprattutto, vidi
la gioia e la pace sui volti dei presenti.
Fu
il terzo giorno quello che sconvolse radicalmente la mia vita,
quando udii una parola che mi trafisse il cuore: «Se qualcuno
vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce
e mi segua» (Mt 16, 24), proclamata da p. Beck. Davanti
a questa Parola, che non mi prometteva né estasi, né
ricchezze, né potere, né successo e fama (come le
promesse di certe sètte moderne) ma, al contrario, mi presentava
un cammino faticoso e il rinnegamento di me stesso, capii finalmente
che Cristo è la Verità. Egli non mentiva, non cercava
di adescarmi con promesse allettanti di una vita facile e idilliaca
che non avrebbero comunque trovato conferma nella realtà
di ogni giorno. Per questo dissi sì a Gesù e lo
accolsi come il Signore della mia vita!
Da
quel giorno tutto cambiò. Mi sentii libero, felice e realizzato
pienamente come uomo. Anche le sofferenze avevano un senso e acquistavano
man mano il loro valore; diventavano infatti motivo di crescita
e temperavano il mio carattere purificando il mio orgoglio.
Da
allora sono trascorsi ventanni e, in questo tempo, sono
stato responsabile di una comunità che accoglieva tossicodipendenti
e ragazzi sbandati; mi sono sposato con una ragazza piena di zelo
per il Signore che si trovava già nel cammino del RnS;
abbiamo avuto una figlia e abbiamo adottato un altro bambino.
Ho svolto vari servizi di responsabilità nel gruppo e a
livello regionale, e ho perfino ricominciato gli studi alla Scuola
diocesana di Catechesi (che mi ha aiutato a maturare sempre più
la mia vocazione al diaconato) e alla Facoltà Teologica
di Lugano, nella quale ho concluso gli studi per essere ordinato
diacono nel gennaio del 98.
Oggi,
facendo memoria delle meraviglie che il Signore ha compiuto nella
mia vita, non posso fare altro che ringraziarlo, perché
«dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia»!
Alleluya!
Diacono
Marcel Mattana