rivista di febbraio 2000


 

 

Difendere la vita per salvare l'umanità


Intervistao Gesù
(a cura di Elisabetta Crescente)

«Solo quando riusciamo ad affermare la pienezza del valore della vita anche quando l'uomo non si vede, non vota, non ha nome, possiamo considerarci pienamente difensori dei diritti umani». Lo sostienel'onorevole Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, che nell'intervista che segue approfondisce altri aspetti legati a queste suggestive e spesso “scomode” tematiche.

Il  6 febbraio, in tutta Italia, sarà celebrata la "Giornata per la vita". L’iniziativa fu istituita nel 1978, subito dopo l’approvazione della legge sull’aborto per ricordare a tutti — in modo particolare ai cattolici — che «anche quando la legge consente la interruzione della gravidanza deve restare comunque la coscienza» e che la Chiesa, su tale questione, non si arrenderà mai. In occasione della "Giornata per la vita" abbiamo voluto affrontare insieme all’on. Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, alcuni aspetti importanti — anche a livello legislativo — delle problematiche legate alla vita.

La "Giornata per la vita" è giunta alla ventiduesima edizione, qual è il suo significato?

Si tratta di una giornata ecclesiale, che dovrebbe essere celebrata, promossa e organizzata soprattutto dalla Chiesa italiana in tutte le sue articolazioni. Noi collaboriamo cercando di stimolare le parrocchie a comprenderne l’importanza e a celebrarla con la dovuta partecipazione. Sappiamo con certezza, infatti, che proprio il messaggio dato dall’altare nel corso della "Giornata", ha salvato delle vite umane. Conosco il caso di una signora, residente vicino a Firenze, che ha deciso di non abortire grazie a questo. Quindi non si tratta semplicemente di un discorso culturale, ma di un problema che riguarda la salvezza stessa.

Che cosa farete in concreto in questa occasione?

Ci inseriamo nelle manifestazioni della "Giornata" con due proposte: l’abbonamento al nostro giornale — Sì alla vita — con lo scopo di incentivare e diffondere una riflessione dedicata interamente alla difesa della vita, e la promozione del "progetto Gemma": una sorta di adozione di un bimbo a rischio di morte causa le difficoltà economiche della madre. Quest’anno poi credo che si debba vedere la "Giornata per la vita" nel contesto del grande Giubileo, quindi come occasione di riconciliazione e di perdono. Mi sembra che il tema della vita sia proprio un territorio di riconciliazione perché, come scrive il Papa nell’Evangelium vitae, è in questo contesto che si stanno verificando delle vere e proprie congiure contro la vita, guerre dei potenti contro i deboli.

E allora noi pensiamo che la giornata del 6 febbraio debba essere l’inizio di un momento forte da protrarsi nell’arco dell’anno, ma particolarmente intenso per un mese e mezzo, ovvero dal 6 febbraio al 25 marzo, ricorrenza dell’Incarnazione. Quel giorno il Papa sarà a Nazaret a pregare nel luogo dove è avvenuto il concepimento di Gesù. Vorremmo impegnare questo periodo per dare vita ad una serie di riflessioni il cui tema è "riconciliarsi con la vita".

Quale bilancio possiamo registrare per ciò che riguarda il rispetto del valore della vita? Quali conquiste, quali sconfitte o punti da rilanciare?

I due millenni che stanno alle nostre spalle hanno visto crescere la sensibilità rispetto alla dignità della persona umana — basti pensare alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, a metà proprio di questo ultimo secolo del secondo millennio — perciò gli attuali attentati alla vita nascente potrebbero essere interpretati come battaglia finale della dignità umana. La dignità umana ha già riscattato gli schiavi, i neri, gli stranieri, almeno culturalmente, nel pensiero, e oggi si trova a misurarsi sul punto più difficile, cioè quando l’uomo sembra non contare nulla, non si vede, non vota, non ha nome, cioè il concepito. Se riusciamo ad affermare la pienezza della dignità umana anche in questo caso, tutti gli uomini sono salvi e per sempre.

Stiamo vivendo un momento conclusivo di un processo storico. Credo che la battaglia per la vita renderà sempre più evidente l’importanza della battaglia stessa e farà vincere il diritto alla vita e con esso la dignità di tutti gli uomini.

A che punto è arrivato il dibattito sulla vita in Italia e nel mondo? Quali sono i temi più scottanti su cui lo scontro fra visioni diverse è più forte?

Io credo che oggi, accanto alla questione dell’aborto e della fecondazione artificiale, vi sia un’attenzione crescente, o addirittura la preparazione del campo di battaglia sull’eutanasia. Sul piano della vita nascente sono da segnalare degli aspetti meno negativi. Per esempio, vent’anni fa il concetto di prevenzione dell’aborto veniva inteso soltanto come contraccezione, cioè come prevenzione del concepimento, sostenendo che non si può prevenire l’aborto se non evitando le gravidanze non desiderate. Ora, senza toccare il problema della contraccezione, si va facendo strada l’idea che anche di fronte a una gravidanza non desiderata, non bisogna arrendersi, e che si può prevenire l’aborto attraverso la persuasione, la restituzione delle motivazioni del coraggio e dell’accoglienza, soprattutto grazie alla condivisione e alla solidarietà.

Noi guardiamo allora con grande gioia ai circa 40.000 bambini che sono nati in questi ultimi vent’anni anche attraverso l’azione dei Centri per la vita.

Oggi poi, anche i Comuni, le Provincie, le Regioni cominciano a legiferare considerando il concepito come appartenente alla famiglia (vedi legge Regione Lombardia), oppure stanziando somme di denaro per evitare l’aborto quando questo è motivato da ragioni economiche (Provincia e Comune di Roma, Comune di Latina, Comune di Monza). Tutto questo mostra che qualche cosa forse sta cambiando.

Quali sono i temi su cui la partecipazione dei cristiani è ancora scarsa?

Se i cristiani fossero veramente tali, nell’intera società vincerebbe la vita e sarebbe anche più facile trovare compagni di viaggio non credenti, non cristiani. In realtà c’è ancora molta tiepidezza da parte della comunità cristiana su queste cose. Ancora non è stato raccolto l’invito pressante di Giovanni Paolo II, nell’Evangelium vitae, quando dice che «urge una mobilitazione generale in vista di una nuova cultura della vita». Questa mobilitazione generale, per la verità, non c’è ancora, è molto doloroso ma bisogna dirlo.

Per quali ragioni, a suo parere, c’è questa tiepidezza?

Anzitutto perché non è chiara nella coscienza cristiana l’idea che il bimbo non ancora nato è uno di noi e dunque è un bambino più bambino degli altri, un povero più povero degli altri. Molte organizzazioni che si occupano molto lodevolmente di povertà, di emarginazione, di anziani, di malati, di extracomunitari si dimenticano di rendere testimonianza che anche il bimbo non nato è un povero. Quindi, quando si parla di solidarietà è facile pensare ad altro e non a questo.

Inoltre c’è un falso concetto della laicità, basata sull’idea che lo Stato debba essere per forza laico e che il cristiano non debba imporre le sue idee agli altri; questo porta a una forma di riserva rispetto a un impegno maggiore a difesa della vita, quasi che la vita fosse questione di morale cattolica e basta. E allora bisogna ricordare che quando si parla della vita il comandamento in gioco non è il sesto, che pure è importante, ma il quinto, "non ammazzare", che è la base della convivenza civile. Tutte le convivenze civili, anche laicamente intese, si fondano sul precetto del "non uccidere". Per vincere tante timidezze, penso allora che bisogna prima capire che in realtà difendere la vita significa difendere non gli interessi dei cattolici ma quelli di tutti gli uomini, perché qui è in gioco l’uomo stesso.

C’è poi una terza idea sbagliata: la paura che il cristiano ha di "sporcarsi" con la politica. Ora, siccome la difesa della vita è anche questione di leggi, quindi di impegno politico, il cristiano che nutre sospetti e incomprensioni verso la politica è portato a estraniarsi dimenticando che la questione della vita è anche idea capace di rinnovare la politica e di restituirle la sua grandezza, cioè di essere servizio all’uomo e non ricerca del potere e del denaro.

A che punto è la legge sulla fecondazione artificiale?

La legge sulla fecondazione artificiale è al Senato, nella Commissione Igiene e Sanità. Devo premettere che la fecondazione artificiale è qualcosa di negativo, in ogni forma, specialmente quando avviene in vitro, perché mette in pericolo l’embrione, crea grossi rischi per la famiglia, altera il senso della generazione umana, il gesto sessuale, ecc.

Il testo che nel luglio scorso è stato approvato dalla Camera, perciò, non è un testo perfetto.

Però, se lo colloco in Italia, in Europa e nel Duemila, devo dire che contiene degli elementi buoni poiché l’embrione è riconosciuto come soggetto che ha dei diritti, per cui si proibisce la sua distruzione, il congelamento, la produzione soprannumeraria, la sperimentazione su di esso, e anche la fecondazione eterologa.

Non mancano gli scivoloni (per esempio l’ammettere a questa richiesta le coppie di fatto), però oggi il pericolo è che non si arrivi a una legge entro la fine della legislatura e sarebbe grave perché, dopo tanta fatica, si ritornerebbe al "Far West". Perciò, se riusciremo ad affermare che l’embrione umano è un soggetto, quindi a stabilire una disciplina magari imperfetta ma abbastanza coerente con questo principio, cominceremo ad invertire una tendenza assai negativa e, nei fatti, difenderemo la vita.