Il
Concilio Vaticano II ha posto l'accento sui ministeri cosiddetti
di fatto che si vanno ad aggiungere a quelli ordinati
ed istituiti. Tali ministeri sono preziosi e utili
per la vita della Chiesa e sottolineano il dinamismo e la missionarietà
a cui i fedeli laici sono chiamati in forza del battesimo. nella
crescita dei Gruppi e delle Comunità del RnS un ruolo importante
è assegnato ai ministeri carismatici, alla
ministerialità laicale a cui i fratelli si aprono dopo
la preghiera per l'effusione dello Spirito. Alla vigilia dei tre
week-end di vita ministeriale per i referenti regionali del nord
- centro - sud Italia, presentiamo alcune brevi considerazioni
fondamentali su questo tema per l'avvio di un approfondimento.
Parlando
dei ministeri bisogna subito rifarsi a quanto i Vangeliricordano
definendo coloro che attendono a un ministero: "servi inutili".
Questa definizione non indica soltanto la necessità di
dipendere completamente da Dio - per cui, anche quando avremo
servito bene, non avremo comunque fatto niente di nostro e per
noi - ma individua anche coloro che vogliono servire fuori dal
progetto di Dio, perseguendo un'utilità che non mira al
fine voluto da Dio stesso. Se la nostra primaria vocazione è
alla santità nell'amore, questa si deve esplicitare in
un servizio che testimoni sempre il primato di Dio su tutto.
I
ministeri, prima che ricondurci alla specificità dei carismi
che li sostengono, ci rimandano sempre allunicità
del ministero del servo di Jhwh che opera la salvezza:
Gesù, che il Padre ha consacrato con lunzione e ha
inviato per consolare, liberare, guarire luomo. Noi aspiriamo
al ministero del Figlio, nel quale è fondata la nostra
dignità battesimale e la triplice unzione, sacerdotale,
profetica e regale, che sorregge la nostra testimonianza e ci
associa al ministero di Cristo mediante lo Spirito.
I
ministeri tendono alla santificazione di ogni uomo in Cristo.
Dal carisma, allora, si passa al ministero, come dallunzione
dello Spirito si passa alla missione. Ogni carisma è per
la missione e i ministeri sono lesplicitazione visibile
di questa chiamata divina. Essi vengono da Dio, che sceglie, chiama
e manda: potremmo dire che con la chiamata si diventa discepoli,
con lunzione si diventa carismatici, con il ministero assegnato
si diventa apostoli, con Cristo si diventa operatori di salvezza.
Possiamo
parlare di una carismaticità passiva dei doni e di una
carismaticità attiva dei ministeri. Tutto il gruppo è
carismatico e ministeriale, in esso non ci sono soltanto alcuni
i leader, per esempio che "offrono" e
altri che "ricevono", ma ciascuno è indistintamente
chiamato a offrire e a ricevere, nel servizio reciproco di amore
e nella mutua sottomissione dettata dalluguaglianza della
carità.
I
ministeri non sono strutture ma elezioni, mandati, missioni, che
vengono suscitati dallo Spirito e individuati nella comunità
in forza dei carismi che in essa risiedono per ledificazione
incessante della comunità stessa.
I
ministeri sono lo specchio della vita comunitaria e si riconducono
sempre ai bisogni veri, propri della comunità stessa. Lo
Spirito, infatti, li suscita in relazione alle necessità
della Chiesa, in ordine al suo progresso o al suo rinnovamento.
I
ministeri sono espressioni dellessere e non del fare; il
non comprendere questo aspetto può tradursi in un grande
pericolo in cui può incorrere il Rinnovamento, che è
quello dellattivismo, del voler "fare" a tutti
i costi, senza discernimento sullavvio dei ministeri o addirittura
il supporto dei carismi di riferimento.
I
ministeri non generano la settorializzazione della comunità
in ambiti predeterminati; lelemento più importante,
di riferimento, è sempre la comunità e mai i singoli
che i ministeri esercitano. Ecco perché i ministeri non
sempre sono stabili nelle persone, ma possono esserlo nella comunità,
nel senso che trovano altre vie per esprimersi.
I
ministeri non sono generati univocamente da programmi predefiniti,
preconfezionati, uniformi per tutti, perché tutti facciano
le stesse cose. Essi nascono dallascolto dello Spirito:
il Signore suscita continuamente "visioni" che guidano
il suo popolo. La risposta, la concretizzazione della chiamata
di Dio si manifesterà in uno o più progetti ministeriali
esplicitati a seconda dei tempi, dei bisogni, degli stadi di crescita,
dei carismi, delle forze umane che sempre differiscono di comunità
in comunità in ragione della fede e della maturità
cristiana di chi la compone.
Circa
l'avvio dei ministeri, cisono tre elementi da tenere in considerazione:
1)
individuare la visione di Dio per la comunità;
2)
elaborare il progetto conseguente (modi, tempi, vie) che adempia
alla visione;
3)
verificare il progetto.
Questi
tre aspetti sono fondamentali, ma spesso non vengono presi in
considerazione. Quando vengono tralasciati, significa che non
abbiamo compreso che si tratta di criteri di sussistenza e di
vitalità per la crescita stessa dei ministeri nei nostri
gruppi.
Nella
vita ministeriale è debole soprattutto la terza fase sopra
indicata, quella che ci permette di verificare, sempre alla luce
della parola di Dio, se i "frutti" che accompagnano
le nostre opere, sono buoni e duraturi. Occorre vigilare nel discernimento
fissando tappe e modalità di verifica dei progetti, per
vedere se la visione di Dio è ancora chiara, se lispirazione
iniziale non è stata tradita. Il discernimento e la verifica
devono essere costanti allinterno di qualsiasi ministero,
sia esso di guida o di animazione e a ogni livello, diocesano,
regionale o nazionale.
Nellambito
dei gruppi questo compito spetta soprattutto al Pastorale di servizio,
che continuamente deve porsi in ascolto della voce di Dio, chiedendo
allo Spirito la capacità di aprirsi anche alla voce dei
fratelli. Da questo genere di ascolto, che è di tipo verticale
e orizzontale, dobbiamo escludere lascolto della nostra
voce e dei nostri bisogni, per evitare che la comunità,
i suoi ministeri, le sue attività rispondano a esigenze
personali, a desideri di affermazione, di emulazione o di prestigio.
Sarebbe gravissimo avviare dei ministeri sulla base di questi
presupposti.
La
preghiera e labbandono a Dio sono le vie più sicure
per garantire lefficacia e loperatività del
ministero. Vogliamo riassumere in sette criteri di fondo quanto
qui brevemente accennato, criteri che ci aiuteranno a rispondere
dignitosamente e santamente alla chiamata al servizio che Dio
ci fa nella vita comunitaria.
1)
Ascolto della voce di Dio e della voce dei fratelli. Per realizzare
ogni cosa nella comunione e nella sincerità, quest'ascolto
è vitale e dovrà protrarsi fino a quando la visione
del progetto di Dio non si sarà delineata e, ancora, durante
la realizzazione del progetto di Dio.
2)
Non avviare ministeri senza che si siano valutate le risorse interne
alla comunità. Non basta lentusiasmo, ma serve la
disponibilità concreta di persone che s'impegnino al servizio
di Dio e dei fratelli, a partire da una buona dose di sacrificio,
di risposte personali e di tempo da offrire al Signore nei fratelli.
3)
Ogni ministero deriva da un carisma specifico e, per sussistere,
deve contare sullinterazione di più carismi. Spesso
ci accorgiamo che un ministero avviato splendidamente comincia
a vivere in affanno perché, tendendo a isolarsi, non conta
sullappoggio e sul sostegno di altri carismi e di altri
ministeri. Ogni singolo ministero richiama la complementarietà,
la compresenza e la corresponsabilità fraterna.
4)
Evitare di seguire ispirazioni private o privatistiche. Al discernimento
iniziale del Pastorale deve sempre far seguito il discernimento
comunitario: lo Spirito di profezia risiede sempre nella comunità
e si alimenta della continua "sottomissione dei profeti ai
profeti". Non cè altro modo per verificare se
una visione o unispirazione proviene da Dio o è personale.
Discernimento e sottomissione salvano poi la comunità da
derive emotive ed eterodosse.
5)
Evitare approssimazioni. Questo significa ostinarsi a far sussistere
una realtà quando quel determinato carisma non è
più residente nella comunità; può accadere
che fratelli a cui era stata concessa una grazia o un carisma
particolare si allontanino dai gruppi, oppure che la comunità
attraversi un periodo di purificazione o di deserto. Anche in
questi casi siamo chiamati a riconoscere e a valutare lo stato
del gruppo e ad accettare di fermarci per un tempo di revisione
o di silenzio, evitando di continuare a procedere per approssimazione,
fuori dalla volontà di Dio. Così come lorigine
di ogni attività e programmazione viene da Dio, allo stesso
modo dobbiamo essere capaci di individuare un eventuale "momento
di sospensione" permesso da Dio.
6)
Bisogna tanto perseverare nella preghiera per essere docili a
collaborare con lo Spirito, ma è imprescindibile il confronto
con la tradizione della Chiesa, con il Magistero della Chiesa,
con la sana dottrina per assicurare ai ministeri la loro giusta
collocazione teologica ed ecclesiologica nella comunità.
È qui inscritto il dovere degli animatori di progredire,
senza interruzioni o superficialità, in un serio impegno
di formazione specifica. Solo così è possibile "fare
discepoli" e preservare la "memoria" della nostra
testimonianza carismatica da ogni falso richiamo allo "spirito
delle origini".
7)
Il giudizio ultimo sui ministeri nella vita della Chiesa spetta
ai Pastori chiamati a vigilare sul gregge, ai vescovi delle nostre
Chiese. Lobbedienza al discernimento operato dai vescovi
sul nostro operato è causa di fecondità nella vita
comunitaria e alimenta il cammino di maturità ecclesiale
a cui ogni gruppo e il Movimento tutto devono tendere.