rivista di gennaio 2000


 

 

Creazione o pro-creazione?

Riflessioneo Gesù
(Mario Cascone)

Il desiderio inappagato di un figlio porta un numero sempre maggiore di coppie ad affidarsi a tecniche riproduttive artificiali. Sembra che la sterilità - maschile e femminile - sia destinata ad essere vinta, ma il concepimento di una vita in laboratorio, in pratica, che cosa comporta? su questo tema delicato e controverso don MarioCascone ci offre numerosi spunti di riflessione alla luce della Parola.
Il vecchio sogno dell’uomo di produrre la vita umana in laboratorio oggi è largamente attuato. Attraverso la fecondazione artificiale o “procreazione medicalmente assistita”, come eufemisticamente alcuni preferiscono chiamarla, è infatti possibile ottenere degli embrioni umani in provetta, che poi vengono trasferiti in utero. La sigla che designa tali procedimenti è FIVET, che letteralmente vuol dire “fecondazione in vitro embryo transfer”. In che cosa consiste praticamente? Vengono prelevati dalla donna alcuni ovuli (in media quattro o cinque), dopo aver trattato farmacologicamente la donna stessa, in modo da ottenere un’ovulazione multipla; viene altresì prelevato il seme maschile, circa un’ora prima della fertilizzazione; entrambi i gameti, dopo essere stati adeguatamente “trattati”, vengono messi in provetta, dove avviene la fecondazione di tutti quanti gli ovuli: quando gli embrioni così ottenuti hanno raggiunto uno sviluppo adeguato, uno di essi viene trasferito in utero, dove inizia il normale processo di gestazione, che potrebbe concludersi con la nascita, cosa che accade oggi con una percentuale di successo ancora abbastanza bassa. Gli altri embrioni “soprannumerari” vengono congelati, in modo da poter essere utilizzati per successivi impianti, ovvero vengono distrutti o utilizzati per sperimentazioni. La FIVET viene chiamata “omologa” quando si utilizzano i gameti dei due coniugi, è invece “eterologa” allorché si utilizza il gamete di un donatore: la fecondazione artificiale, infatti, può avvenire col seme del marito e l’ovulo di una donatrice, oppure al contrario col seme di un donatore e l’ovulo della moglie. In certi casi si utilizzano entrambi i gameti di donatori per poi impiantare l’embrione nell’utero della donna che desidera avere un figlio, in altri casi vengono utilizzati i gameti dei coniugi, ma l’embrione ottenuto in vitro viene poi impiantato nell’utero di un’altra donna, che si impegna a portare avanti la gravidanza e a consegnare poi il bambino ai genitori genetici: si parla in questo caso di “utero surrogato” o “utero in affitto”. Il ricorso alla FIVET eterologa è molto frequente, perché parecchie donne hanno difficoltà tubariche o addirittura sono prive di ovulazione. Si ricorre a questa metodica anche per sterilità maschile, ossia per incapacità del seme del marito a fecondare l’ovulo, a causa dell’insufficiente numero di spermatozoi o della loro scarsa mobilità. Ci sono oggi molte “banche del seme”, dove si può scegliere quello più adatto o quello geneticamente preferito: in America c’è anche una banca del seme dei premi Nobel, che garantisce una FIVET eterologa di qualitàÉ

Una tecnica inaccettabile
é chiaro che la fecondazione eterologa non ha alcuna giustificazione morale, in quanto non è accettabile la scissione tra parentalità genetica, gestazionale e educativo-legale. Il bambino ottenuto in questo modo potrebbe arrivare ad avere fino a tre coppie di genitori ovvero potrebbe non conoscere mai i suoi genitori genetici. Attraverso questo procedimento, poi, si può dare adito a casi di vera e propria intemperanza, come quello di far avere un figlio a una coppia di omosessuali o di far gestire la gravidanza alla mamma della mamma genetica, la quale viene a essere così contemporaneamente nonna e mamma del nascituro. é anche possibile che una donna “single” ottenga un figlio, lasciandosi inseminare col seme di un donatore. Tutti comprendono quanto sia dannoso per il bambino non poter contare su entrambe le figure genitoriali o comunque su una coppia di genitori stabili, che possano educarlo attraverso la contemporanea azione dell’amore paterno e materno.

Vite a perdere
Anche il ricorso alla FIVET omologa è moralmente inaccettabile, perché, pur non contenendo i gravi risvolti della fecondazione eterologa, si carica di pesanti interrogativi etici. Anzitutto va considerato lo “spreco” dei cosiddetti “embrioni soprannumerari”, dal momento che, almeno allo stato attuale della ricerca, si fecondano sempre alcuni ovuli, di cui solo uno, nel migliore dei casi, arriverà a nascere. Considerando ogni embrione umano un soggetto personale, a cui si deve il massimo rispetto fino dal suo concepimento, non è moralmente accettabile che se ne producano in sovrannumero e che non vengano poi impiantati nell’utero. Alle argomentazioni filosofiche e scientifiche sull’identità dell’embrione (vedi numero di dicembre, n.d.r.), l’uomo di fede aggiunge il dato della Rivelazione biblica, che gli impone la massima tutela di ogni essere umano concepito. Fra i tanti testi che potrebbero essere citati a questo riguardo, due sono particolarmente chiari e suggestivi: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato" (Ger 1, 5); "Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra" (Sal 139, 13.15).

Trasmettere o produrre la vita?
Il ricorso alla parola di Dio ci offre la chiave di lettura più adeguata del problema morale sollevato dalla FIVET, sia essa omologa o eterologa. I procedimenti di fecondazione artificiale trovano la radice della loro illiceità nella pretesa di estromettere Dio dal fatto procreativo ritenendo che solo l’uomo sia il padrone della vita, l’arbitro assoluto in grado di scegliere se, come e quando volere o non volere la vita. La FIVET infatti non segue la logica della “donazione”, ma quella della “produzione”, in quanto il figlio non viene ottenuto mediante il reciproco donarsi dei coniugi, ma attraverso la sua “produzione” in laboratorio da parte dell’équipe medica la quale pone gli atti determinanti in ordine alla fecondazione: prelievo dei gameti, loro trattamento, inserimento in provetta, trasferimento dell’embrione nell’utero. é proprio questo modo di procedere che suscita gli interrogativi di fondo del problema che stiamo affrontando: l’uomo è “creatore” o solo “pro-creatore”? L’uomo è padrone o solo amministratore della vita umana? La vita umana è un dono di Dio o un nuovo prodotto dell’uomo? Il desiderio, in sé legittimo, di avere un figlio non abilita i coniugi a ottenerlo in ogni modo e a tutti i costi. Non basta infatti coltivare questo nobilissimo desiderio, che certo rappresenta il coronamento della vita matrimoniale. Bisogna anche utilizzare i mezzi moralmente leciti e naturalmente idonei, a meno che non si voglia argomentare che il fine giustifica i mezziÉ Lo stesso ricorso alla scienza medica non può configurarsi come sostitutivo dell’atto coniugale, ma solo come un aiuto che, in alcuni casi, è in grado di rimuovere talune cause di sterilità, mediante terapie farmacologiche o adeguati interventi chirurgici.

Generati nell’amore
I coniugi devono rimanere i protagonisti della procreazione. Essi possono essere scelti da Dio, nella sovranità del suo amore, come collaboratori capaci di “trasmettere” la vita a un altro essere umano, configurandosi sempre e solo come “pro-creatori”, che agiscono in collaborazione con l’unico Creatore e Signore della vita. Nessuno ha di per sé il “diritto al figlio” come qualcosa di assoluto, specialmente quando esso cozza contro il “diritto del figlio” a essere concepito in modo veramente umano, da genitori che siano a un tempo genetici, gestazionali e legali. Chiaramente siamo chiamati a comprendere la sofferenza delle persone sterili, che spesso vivono come un vero e proprio dramma il fatto di non poter avere un figlio. La solidarietà verso di essi, però, non può muoversi sul terreno di un pietismo emotivistico né su quello di un pesante snaturamento dell’atto procreativo. La comprensione e l’aiuto nei confronti di queste persone saranno validi nella misura in cui procederanno sul terreno della verità, giacché senza verità non c’è amore. Quest’impegno di verità si concretizza anzitutto nella ricerca delle cause che oggi stanno facendo aumentare la sterilità. Fra di esse sono da annoverare anche l’inquinamento ambientale e la pratica, sempre più diffusa, di una sessualità consumistica e “contraccettata”. Il che ci convince che la lotta alla sterilità non può avvenire solo sul piano medico, ma deve attuarsi anche attraverso una sana educazione sessuale e un’adeguata tutela dell’ambiente, che ci insegni a essere “ecologici” e rispettosi della natura in ogni campo, anche in quello delle sorgenti della vita. I coniugi cristiani che soffrono il problema della sterilità e non possono risolverlo con mezzi moralmente leciti, possono unire questa sofferenza alla croce di Gesù e trasformarla in fecondità d’amore, che si può esprimere in diverse forme: affidamento, adozione, aiuto a bambini poveri o disabili, sostegno a famiglie in difficoltà.