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XXVII Conferenza Nazionale Animatori

La testimonianza del papà di Diego

 

Il piccolo Diego con Mons. Rabitti - Clicca per ingrandire... LA GIOIA NELLA SOFFERENZA!

 

Mi chiamo Vito, sono sposato e ho quattro figli. Dal 1979 circa faccio parte del RnS e fino ha qualche anno fa credevo che la gioia più grande per me fosse lodare il Signore nella preghiera di lode, ed ero convinto che il Signore preservasse noi animatori da certe sofferenze perché dobbiamo essere di aiuto ai fratelli.

Ho fatto sempre parte dell'animazione della preghiera e ho partecipato a molti incontri per animatori, ho ascoltato tanti insegnamenti, ma uno solo in particolare mi è rimasto scolpito nel cuore pur senza, allora, capirne il vero significato. Nel 1985, a Scalea, in un incontro nazionale per animatori del Rinnovamento, padre Natale Merelli in un insegnamento sull'animatore disse: "Ho una profezia da darvi: vi è una gioia che supera in gioia la gioia è la gioia nella sofferenza, e che l'animatore non è tale solo quando danza, loda, ma lo è anche nel venerdì santo quando Gesù è sulla croce e lì geme ed è bello lasciarsi trascinare da quel fiume di grazia". Ho vissuto queste parole partecipando alla sofferenza degli altri, pensando però che non interessasse mai la mia vita.

Ciò che predicavo ai fratelli sofferenti, dicendo gioisci nel signore perché lui ti ama, perché la sofferenza è un dono, ha fatto sicuramente pensare a qualcuno di loro, e a ragione: “Tu parli bene della sofferenza, ma a te tutto va bene il lavoro, la famiglia,in comunità sei stimato, ma tu sei capace di gioire di danzare quando il signore ti darà il dono della sofferenza?”. Due anni fa nella mia famiglia si abbatté un uragano di disgrazie-grazie: perdo il lavoro, dei teppisti mi bruciano la macchina, mio figlio entra in coma per una pancreatite, da cui si riprende miracolosamente senza nessuna conseguenza, ma dopo un due mesi gli viene diagnosticato un osteosarcoma al ginocchio sinistro (un cancro alle ossa) ed entra in ospedale per la chemio, nel frattempo un altro mio figlio finisce all'ospedale, io, in un incidente mi ustiono e finisco all'ospedale, anche i miei genitori che badavano ai miei figli, che fra l'altro sono celiaci e hanno bisogno di un'attenzione particolare nell'alimentazione, finiscono in ospedale ecc. Eravamo confusi, impauriti, era una tempesta senza tregua e fine. Abbiamo usato da subito l'arma del ringraziamento, più mali arrivavano più ringraziavamo il Signore e più eravamo invasi da una gioia, da una serenità che stupiva noi stessi e poi coloro che ci stavano accanto, continuavoIl piccolo Diego con Mons. Rabitti - Clicca per ingrandire... a svolgere il mio ministero di animatore di preghiera normalmente, il Signore realizzava la sua parola (chi ci potrà separare dal tuo amore, forse il lavoro che avevo perso, mio figlio che rischiava di morire, nulla, Signore mi potrà mai separare da te, e non per meriti da noi compiuti ma per tua grazia, per tua misericordia) iniziammo a capire la profezia di Padre Natale che non c'e gioia più grande di essere scelti per portare la croce della vittoria,e vi assicuro che vi è una gioia più grande di quella che noi proviamo nelle nostre assemblee quando lodiamo il signore. È la gioia nella sofferenza se veramente ci leghiamo alla croce e ci lasciamo trascinare da quel fiume di grazia, per cui ci sentiamo scelti, privilegiati, come i suoi apostoli, sua madre, come lui stesso.

Mio figlio, quando è entrato nella sala operatoria consapevole che gli si doveva amputare l'arto, si è messo a cantare: "È potente il Signore", con meraviglia dei medici, e al risveglio dopo sei ore d'intervento quella gioia, quel canto non sono cessati, da lì incominciammo a vedere come il Signore stava operando. Il bambino ha dovuto sottoporsi a un anno di chemioterapia, rischiando più volte la vita, ma il sorriso, la serenità che avvolgevano tutta la mia famiglia non cessava; grazie alle preghiere dei fratelli era come un fiume in piena che ci travolgeva. Al termine della malattia mio figlio ci disse, sconvolgendomi: "Rifarei tutto da capo".

La tentazione più grande in quei momenti l’ho avuta quando molti fratelli, mossi da un grande amore fraterno, ci dicevano di chiedere una preghiera che ci liberasse da tutta quella sofferenza, quell’accanimento, che secondo loro non potevano venire dal Signore, ma dal male. Ma il Signore ci ha dato la certezza che, oltre ogni apparenza, le avversità della nostra vita erano permesse da lui e non vi erano altre ragioni! Ci ha sempre fatto rigettare queste tentazioni, perché nessuno doveva permettersi di sporcare l'abito nuziale che ci aveva donato. Con questo non voglio dire che la sofferenza non è dolore, pianto, paura, (anche il Signore li ha provati) la sofferenza è una cosa sacra, è la corona che il Signore dona ai suoi prediletti, voglio dire che non bisogna averne paura, ma piuttosto bisogna abbracciarla nella fede con la consapevolezza che niente di ciò che abbiamo è nostro, ma che tutto e dono gratuito di Dio e con questo spirito dobbiamo godere dei beni terreni senza dare preoccupazioni al giorno successivo. Vi è una gioia che supera in gioia la gioia, è la gioia nella sofferenza.

 


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