LA GIOIA NELLA SOFFERENZA!
Mi chiamo Vito, sono
sposato e ho quattro figli. Dal 1979 circa faccio parte del RnS e fino
ha qualche anno fa credevo che la gioia più grande per me fosse lodare
il Signore nella preghiera di lode, ed ero convinto che il Signore
preservasse noi animatori da certe sofferenze perché dobbiamo essere di
aiuto ai fratelli.
Ho fatto sempre parte
dell'animazione della preghiera e ho partecipato a molti incontri per
animatori, ho ascoltato tanti insegnamenti, ma uno solo in particolare
mi è rimasto scolpito nel cuore pur senza, allora, capirne il vero
significato. Nel 1985, a Scalea, in un incontro nazionale per animatori
del Rinnovamento, padre Natale Merelli in un insegnamento sull'animatore
disse: "Ho una profezia da darvi: vi è una gioia che supera in gioia
la gioia è la gioia nella sofferenza, e che l'animatore non è tale solo
quando danza, loda, ma lo è anche nel venerdì santo quando Gesù è sulla
croce e lì geme ed è bello lasciarsi trascinare da quel fiume di grazia".
Ho vissuto queste parole partecipando alla sofferenza degli altri,
pensando però che non interessasse mai la mia vita.
Ciò che predicavo ai
fratelli sofferenti, dicendo gioisci nel signore perché lui ti ama,
perché la sofferenza è un dono, ha fatto sicuramente pensare a qualcuno
di loro, e a ragione: “Tu parli bene della sofferenza, ma a te tutto
va bene il lavoro, la famiglia,in comunità sei stimato, ma tu sei capace
di gioire di danzare quando il signore ti darà il dono della
sofferenza?”. Due anni fa nella mia
famiglia si abbatté un uragano di disgrazie-grazie: perdo il lavoro, dei
teppisti mi bruciano la macchina, mio figlio entra in coma per una
pancreatite, da cui si riprende miracolosamente senza nessuna
conseguenza, ma dopo un due mesi gli viene diagnosticato un osteosarcoma
al ginocchio sinistro (un cancro alle ossa) ed entra in ospedale per la
chemio, nel frattempo un altro mio figlio finisce all'ospedale, io, in
un incidente mi ustiono e finisco all'ospedale, anche i miei genitori
che badavano ai miei figli, che fra l'altro sono celiaci e hanno bisogno
di un'attenzione particolare nell'alimentazione, finiscono in ospedale
ecc. Eravamo confusi, impauriti, era una tempesta senza tregua e fine.
Abbiamo usato da subito l'arma del ringraziamento, più mali arrivavano
più ringraziavamo il Signore e più eravamo invasi da una gioia, da una
serenità che stupiva noi stessi e poi coloro che ci stavano accanto,
continuavo
a svolgere il mio ministero di animatore di preghiera normalmente, il
Signore realizzava la sua parola (chi ci potrà separare dal tuo amore,
forse il lavoro che avevo perso, mio figlio che rischiava di morire,
nulla, Signore mi potrà mai separare da te, e non per meriti da noi
compiuti ma per tua grazia, per tua misericordia) iniziammo a capire la
profezia di Padre Natale che non c'e gioia più grande di essere scelti
per portare la croce della vittoria,e vi assicuro che vi è una gioia più
grande di quella che noi proviamo nelle nostre assemblee quando lodiamo
il signore. È la gioia nella sofferenza se veramente ci leghiamo alla
croce e ci lasciamo trascinare da quel fiume di grazia, per cui ci
sentiamo scelti, privilegiati, come i suoi apostoli, sua madre, come lui
stesso.
Mio figlio, quando è
entrato nella sala operatoria consapevole che gli si doveva amputare
l'arto, si è messo a cantare: "È potente il Signore", con
meraviglia dei medici, e al risveglio dopo sei ore d'intervento quella
gioia, quel canto non sono cessati, da lì incominciammo a vedere come il
Signore stava operando. Il bambino ha dovuto sottoporsi a un anno di
chemioterapia, rischiando più volte la vita, ma il sorriso, la serenità
che avvolgevano tutta la mia famiglia non cessava; grazie alle preghiere
dei fratelli era come un fiume in piena che ci travolgeva. Al termine
della malattia mio figlio ci disse, sconvolgendomi: "Rifarei tutto da
capo".
La tentazione più grande
in quei momenti l’ho avuta quando molti fratelli, mossi da un grande
amore fraterno, ci dicevano di chiedere una preghiera che ci liberasse
da tutta quella sofferenza, quell’accanimento, che secondo loro non
potevano venire dal Signore, ma dal male. Ma il Signore ci ha dato la
certezza che, oltre ogni apparenza, le avversità della nostra vita erano
permesse da lui e non vi erano altre ragioni! Ci ha sempre fatto
rigettare queste tentazioni, perché nessuno doveva permettersi di
sporcare l'abito nuziale che ci aveva donato. Con questo non voglio dire
che la sofferenza non è dolore, pianto, paura, (anche il Signore li ha
provati) la sofferenza è una cosa sacra, è la corona che il Signore dona
ai suoi prediletti, voglio dire che non bisogna averne paura, ma
piuttosto bisogna abbracciarla nella fede con la consapevolezza che
niente di ciò che abbiamo è nostro, ma che tutto e dono gratuito di Dio
e con questo spirito dobbiamo godere dei beni terreni senza dare
preoccupazioni al giorno successivo. Vi è una gioia che supera in gioia
la gioia, è la gioia nella sofferenza.
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