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XXVII Conferenza Nazionale Animatori

”Diocesi, parrocchia, pastorale integrata, evangelizzazione nella Chiesa,
missione per il RnS, cultura di Pentecoste, le sfide del mondo”

 

Intervento di Luca Marconi, Direttore Generale del RnS - Domenica 7 dicembre ore 18:00

 

Clicca per ingrandire...Carissime sorelle, carissimi fratelli, il mo intervento, verificato comunitariamente in CnS, deve focalizzare una serie di argomenti che vi vado ad enucleare e dei quali tratteremo in dettaglio se pur in maniera sintetica, comunque propositiva: diocesi e parrocchia nella nuova formula proposta dalla CEI della pastorale integrata, evangelizzazione e missione del RnS nella Chiesa, le sfide che pone il mondo e la nostra risposta nella logica spirituale e intellettuale della Cultura della Pentecoste.

L’ultima assemblea generale dei vescovi italiani tenuta ad Assisi dal 17 al 20 novembre scorso è stata dedicata alla parrocchia; la prossima assemblea tirerà le somme di questo primo lavoro, ma già sono tracciate alcune linee essenziali.

L’idea di base è che nella parrocchia devono essere concentrati tutti gli sforzi missionari che la chiesa può esprimere e quindi cominciare a cambiare la mentalità degli animatori parrocchiali e degli stessi parroci da una dimensione tutta formativa, interna, statica e legata al governo del popolo di Dio e all’amministrazione dei sacramenti, verso una nuova comprensione del loro impegno in parrocchia intesa come luogo di missione; la svolta non è di poco conto, tanto è vero che nell’assemblea dei vescovi si è parlato di una conversione pastorale che deve interessare tutto il clero, vescovi in testa, catechisti, religiosi, laici organizzati in associazioni e movimenti o impegnati a titolo personale. Quindi una formazione che guarda alla missione, finalizzata alla missione, in vista della missione; non solo verso i nuovi residenti in Italia di religione non cattolica, ma soprattutto verso quei cattolici che hanno perduto ogni riferimento alla fede e perfino ai vincoli religiosi, morali e culturali dell’essere cattolico; gente che va completamente rievangelizzata o evangelizzata realmente, visto che il catechismo fatto da bambini non ha per nulla inciso nella vita del singolo fedele, non avendo fatto scattare quella consapevolezza sincera che fa il cristiano, che lo forma alla vita e lo rende saldo e capace di affrontare le sfide del mondo.

In questo contesto si parla oramai di unità pastorale: è una nuova organizzazione super parrocchiale che assume denominazioni diverse in base alle differenti tradizioni ecclesiastiche delle diocesi italiane, ma che ha la finalità di individuare un territorio più ampio della parrocchia dove può essere organizzata una qualche forma di attività missionaria e di evangelizzazione che veda il parroco in prima fila. Si tratta di una piccola rivoluzione che avrà i suoi tempi, normalmente lunghi per la chiesa cattolica italiana, ma che nella lenta maturazione darà sicuramente i suoi frutti.

Quali devono essere i nostri atteggiamenti come corrente di grazia, associazione e movimento che opera attivamente nelle diocesi e nelle parrocchie italiane? Con quale spirito e con quali modalità dobbiamo essere, in modo equilibrato, presenti in questo contesto che sarà decisamente concreto e che non potrà essere affrontato nell’improvvisazione o peggio non considerato affatto?

Clicca per ingrandire...Certamente possiamo porci oggi di fronte a questa chiamata, come a quella profetica chance che veniva indicata nel RnS da Paolo VI nel 1975; oggi quella profezia si può realizzare in questa forma concreta di attività diretta nelle parrocchie perché c’è un’esigenza verificata e un bisogno che solo una potente azione carismatica può soddisfare ed esaudire. Siamo in 1.800 gruppi e comunità in tutta Italia, le parrocchie più di trentamila, c’è un’enormità di spazio per noi e per tutti i movimenti ecclesiali; vale la pena di dire che la messe è molta e gli operai sono pochi, pochissimi, quindi non può esserci assolutamente spazio per gelosie fra di noi cattolici, semmai solo collaborazione e il concorrere e gareggiare nello zelo per la dimora del Signore che va ripopolata di tanti fratelli e sorelle battezzati che hanno smarrito l’indirizzo di casa.

Altro aspetto che dovremo puntualizzare è l’atteggiamento dei sacerdoti e dei parroci in modo particolare: nessuno dica più, e nel RnS non lo diciamo mai, che un parroco appartiene ad un movimento in modo esclusivo: questa è un’indicazione chiara che arriva dai nostri vescovi. Le simpatie spirituali e anche l’aiuto specifico, sia pastorale che personale, che un parroco può chiedere al RnS è cosa diversa dall’appartenere in via esclusiva e sopratutto totalizzante, cosicché nessuno altro in quella parrocchia possa avere legittimazione di entrare e lavorare. Quindi a nessuno, di nessun movimento o associazione, è concesso di appropriarsi della parrocchia: a tutti deve essere garantita la presenza per poter agire e lavorare per la vigna del Signore.

Ugualmente importante è il livello di formazione di base, quello dell’iniziazione cristiana degli adulti che va riproposto con forza. Per noi può esser il “seminario di vita nuova”, che dovrebbe essere sviluppato in tutte le parrocchie italiane insieme ad altri percorsi o cammini di altri movimenti. Questo deve essere accolto e permesso insieme alla possibilità, per ciascuna realtà ecclesiale, di avere un minimo spazio di formazione e di incontro per far vivere la propria esperienza e svilupparsi in autonomia. Non diciamo di sostituire le iniziative del RnS a quelle della chiesa tutta, ma di avere quei tempi di incontro e di crescita necessari perché il movimento viva e si diffonda a beneficio della chiesa stessa. Questo livello di formazione per la missione deve essere garantito a livello diocesano dal vescovo e questa libertà è nella nostra stessa approvazione canonica per cui nessun parroco può ingerirsi e comandare nei gruppi dando indicazioni diverse da quelle date dai responsabili per quanto attiene la vita interna all’associazione. Abbiamo un lavoro di promozione e di crescita perché la ricchezza e la specificità bella del Rinnovamento non sia mortificata in modo arbitrario; dove sbagliamo vogliamo essere corretti in totale obbedienza, ma dove vediamo operare il pregiudizio lì dobbiamo cercare, sempre nella comunione fraterna e nella pace, di difendere la libertà e la verità. Gruppi e comunità costretti a chiudere o allontanati dalle parrocchie senza ragione, diaconi ai quali viene chiesto di lasciare l’impegno nel Rinnovamento, seminaristi costretti a dimenticarsi di chi li ha generati, religiosi ai quali viene negato di servire il Rinnovamento nel quale è maturata la loro vocazione: sono fatti che ci addolorano, per i quali non vogliamo ne giudicare, ne tanto meno condannare nessuno, di fronte ai quali non possiamo tacere, ma cercare di correggere e far crescere chi ci impone una decisione o un comportamento frutto di arbitrio e costrizione e non di amore. Non vorremmo poi fare, delle nuove unità pastorali che raccolgono da due a più parrocchie, una nuova struttura burocratico clericale. Non deve servire per moltiplicare gli incontri di formazione o semplicemente organizzativi, ma per favorire forme di collaborazione che mettendo in campo le energie migliori, rinnovi nelle forme, nella preghiera, nell’entusiasmo che coinvolge tutte le iniziative missionaria possibili, senza limitarsi all’evangelizzazione classica dei fanciulli o di coloro che si accostano ad un sacramento, anche perché questa formazione catechistica tradizionale viene purtroppo vissuta come una tassa da pagare per accedere ai sacramenti. Bisognerebbe approfittare di queste occasioni per portare una fede vita e radicalmente scelta, che faccia conoscere Gesù e non soli precetti religiosi, che faccia innamorare i cristiani a Dio per non farli sentire parte di una chiesa stanca e rassegnata, ma che faccia conoscere il Mistero e apra al piacere della preghiera e al desiderio della vita nuova scelta per amore.

Un altro dato è quello della formazione specifica o di settore. Qui dobbiamo essere sempre più attenti alle iniziative ecclesiali comuni, con l’impegno di portare lo specifico che abbiamo maturato nel RnS. Certamente sarà sempre meno possibile, in futuro, che ogni realtà ecclesiale sviluppi una propria pastorale di settore; dovremo essere tutti orientati verso i settori della nuova e della vecchia evangelizzazione, ma in alcuni campi cercheremo di iniziare percorsi comuni: l’incontro periodico fra i più grandi movimenti nato spontaneamente per iniziativa comune di Chiara Lubich, Andrea Riccardi e Salvatore Martinez dopo lo storico appuntamento dei movimenti in piazza San Pietro col Papa nel 1998, il nostro impegno nella Consulta delle Aggregazioni Laicali sia a livello nazionale che regionale e diocesano, sono tutti segni che concorrono in questa direzione; ma anche la nostra partecipazione agli uffici CEI, la collaborazione con alcuni dicasteri vaticani a cominciare dal Pontificio Consiglio per i Laici, la nostra iscrizione al Forum delle Associazioni Familiari, l’amicizia nata con tante realtà cattoliche impegnate nel sociale come il Sermig o il Movimento per la Vita, sono conferme del grande sforzo compiuto dal Rinnovamento per creare collaborazione ed unità fra i cattolici italiani. In questi contesti unitari nessuno può imporre modelli, lo stile deve essere quello dell’ascolto e del dialogo nella ricerca di una visione comune perché tutti concorrano con pari dignità, secondo i propri carismi e le proprie forze, nello stile proposto dal Concilio Vaticano II; di fronte alla sintesi unitaria si deve procedere insieme e senza riverse come un sol corpo. Per questo c’è bisogno di tanta crescita, maturità e sincerità ed è chiaro che non basteranno i soli nostro sforzi , ma sarà necessaria tutta la potenza dello Spirito Santo che andrà continuamente implorato per la costruzione di una chiesa veramente unita nel cuore, nella mente e nelle opere, e che è la chiesa che sogniamo e che desideriamo con tutto noi stessi; il Rinnovamento non è nato per giudicare la chiesa, nei i suoi vescovi, sacerdoti e laici, ma per servirla aiutandola a rinnovarsi alla luce del Concilio: questa è la nostra sfida per l’evangelizzazione nella chiesa, questa è la nostra croce e il nostro martirio: rinnovare il popolo di Dio in tutte le sue espressioni, ma soprattutto nel cuore e nella fede. Per questo abbiamo bisogno anche di far progredire i nostri gruppi nella scoperta dell’esperienza carismatica che è qualcosa di più di qualche canto ben fatto o canto in lingue o apertura della Bibbia. Il Rinnovamento carismatico è l’accettazione dell’attività storica dello Spirito Santo che opera in assoluta originalità e libertà; poi è la risposta dell’uomo che mette in campo tutte le sue energie e dice sì alla richiesta di Dio per comunicare il Vangelo ad ogni creatura.

In questa prospettiva è necessario anche per noi una sincera revisione pastorale riorientandola in senso missionario. Troppe volte abbiamo rinunciato di fronte a sollecitazioni e intuizioni che il Signore ci ha fatto arrivare per le strade più incredibili, purché potessimo comprendere la necessità di aprire nuove vie. Certamente la nostra mentalità di responsabili va aperta allo Spirito e alla speranza cristiana: non possiamo più percepire i fratelli come un problema, essere convinti che la manutenzione sia la nostra attività pastorale principale, produrre formazione senza avere uno scopo missionario immediato e farla solo in rispetto ad una tradizione senza averne verificata l’efficacia; dovremo cercare invece di promuovere in ogni modo le capacità dei fratelli e i loro doni, la strada è quella della valorizzazione di tutto e di tutti, non della selezione, se siamo in combattimento tutti servono anche per le cose che non abbiamo mai considerato, questo atteggiamento nasce anche dal rispetto dovuto a Dio che agisce ed opera in tutti i fratelli e le sorelle a noi affidati. Questo necessita pazienza e grande dedizione: questo ci fa anche capire che cosa significa essere pastori secondo il cuore di Dio, questo significa che non possiamo normalizzare il Rinnovamento carismatico costringendolo a diventare qualcosa di comodo a uso e consumo personale. E’ generosa e aperta la chiave di lettura del RnS, non potrà mai essere restrittiva e selettiva, meno che mai elitaria, sempre popolare, accogliente verso tutti e alla ricerca di tutti i figli persi o allontanati della casa d’Israele.

Nel concreto non potremo più trascurare la missione nelle diocesi per proporre il seminario di vita nuova aperto a tutti e finalizzato alla trasmissione di questa grazia che è per tutti e non solo per chi aderisce al RnS, se il Signore lo vorrà avremo anche la gioia di fondare un nuovo gruppo, altrimenti avremo seminato, arato e irrigato per il Regno di Dio. E’ chiaro che più ci apriremo all’esterno più forte e chiara dovrà essere la nostra identità e il nostro senso di appartenenza per non essere risucchiati o scoloriti. L’assorbimento verso attività umanamente gratificanti anche nella chiesa è sempre possibile, così come è facilissimo essere scoloriti nella nostra identità carismatica per ritrovarci dopo anni senza sapere neanche più chi siamo. Il senso di appartenenza è anche un dato affettivo sentimentale è il voler bene alla realtà associativa come realtà di fratelli e sorelle con le quali condividiamo la nostra fede comune in Gesù Cristo, è gratitudine verso questa comunità che ci ha cresciuti nella fede dopo averci aiutati a trasmetterla di nuovo con vigore grazie alla sua testimonianza. In questa prospettiva non può più essere occasionale la crescita dei gruppi e dei fratelli nei gruppi, ma uno dei tanti segni della nostra capacità di essere missionari: i comitati regionali e diocesani così come i pastorali di servizio dei gruppi non possono più limitarsi alla semplice registrazione notarile dei gruppi che entrano e che escono giudicando le realtà, ma si devono fare promotori e veri animatori, suscitatori di realtà iniziatori di gruppi e comunità, il Rinnovamento si è diffuso così, con l’impegno di fratelli e sorelle molto semplici, ricchi di quella sapienza mariana e di quella fede capace di muovere le montagne dell’ateismo e dell’indifferenza. I ministeri diventano così strumentali e realmente utili per poter progredire nella direzione del sostegno alla missione che non viene fatta da persone studiate a tavolino, ma capaci di testimoniare la fede: i ministeri per la vita del gruppo e della comunità sono la prima testimonianza di una vita vissuta nel Rinnovamento, ma vanno di pari passo con quelli legati agli ambiti di evangelizzazione, nei quali tutti gli aderenti al Rinnovamento devono sentirsi impegnati. Infatti, giovani, bambini, famiglie e impegno sociale, non sono riserve destinate a pochi, ma l’ordinario terreno di impegno di tutti noi.

In questi settori di evangelizzazione, dentro la Chiesa e fuori di essa, siamo particolarmente chiamati a conservare uno stile di purezza evangelica e di totale affidamento allo Spirito; comunicare il Vangelo senza mediazioni culturali e senza vergogna della Croce che annunciamo, deve essere il ns. vanto; buonismo, atteggiamenti politicamente corretti, non possono far parte di una cultura missionaria, in un mondo da una parte troppo semplificato e appiattito sul materialismo pratico, e dall’altra estremamente complesso, può essere affrontato e fecondato dalla Parola di Dio, solo ponendo Gesù al centro di ogni ns. interesse e soprattutto testimoniando che è al centro della ns. vita.

Nella formazione di settore invece, quella che ci apre alla cultura di Pentecoste, la mediazione culturale si rende necessaria. Lì infatti, non possiamo essere dei fondamentalisti e degli assolutisti che non tengono conto della Storia della Chiesa e dell’umanità, ma dobbiamo essere attenti al bene e alle conoscenze che si sono sviluppate in ogni settore delle scienze e delle tecnologie. Quindi evitare il duplice errore: da una parte di essere relativi e riduttivi nel primo annuncio dell’iniziazione cristiana, dove invece dobbiamo esprimerci con assoluta libertà, purezza evangelica e radicalità; dall’altra invece, nelle pastorali di settore, adoperare tutta l’intelligenza per cogliere le sfumature ed evitare quelle soluzioni facili, contrarie al buon senso e alla necessità di dialogo con tutti.

La cultura di Pentecoste ci spinge ad accettare le sfide poste dal mondo. Le raccogliamo tutte, perché le percepiamo come la strada maestra attraverso la quale Gesù vuole farci crescere nella fede; vogliamo considerarle come ulteriore occasione di crescita perché ci costringono ad essere più santi, più bravi, più intelligenti.
Dio ci vuole costruttori del Regno ed operatori in ogni settore della vita umana, perché la cultura di Pentecoste coniughi in ogni comportamento il Vangelo di Dio e nulla sfugga alla Luce Redentrice di Cristo. E’ necessaria la parresia e la forza del Kerigma, perché senza complessi e senza finzioni abbiamo il coraggio di annunciare la Verità. Essere fedeli alla Verità, come è stato per Cristo, significa andare incontro a morte certa, cioè a rinunciare a tutto ciò che di godibile e di effimera felicità il mondo può offrire. Cultura di Pentecoste significa quindi credere e vivere una missione nella quale ogni esperienza parte dal Cenacolo e al Cenacolo torna: parte nella purezza, viene anche contaminata dal mondo, ma ritorna nel Cenacolo per essere di nuovo purificata e redenta. Nulla in tutto questo può essere violenza o imposizione verso il nostro prossimo o semplice denuncia del male che vediamo negli altri o fuori di noi: Cultura di Pentecoste è soprattutto verifica su noi stessi e conversione del Cuore, perché ogni novità nasca dalla testimonianza e non solo da parole o da elaborazioni intellettuali. Tutto questo non è possibile con le sole forze dell’uomo: ecco perché la sfida deve essere alta e sempre impossibile alle sole ns. forze, per avere la certezza che in quest’opera ha agito anche Dio da vero protagonista.

Questo è stato fin dall’inizio il Rinnovamento in missione, quando è riuscito a trascinare e coinvolgere in una fede rinnovata decine di milioni di persone in tutto il mondo, e centinaia di migliaia nella ns. Italia.

Questo è il Rinnovamento che ci ha fatto lodare e ringraziare sinceramente Dio perché nel vedere la Sua opera in mezzo a noi venivamo travolti dalla commozione e dallo stupore, questa stessa opera non finirà mai ed è ancora affidata a noi per la salvezza ns. e di molti fratelli.

 


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