La
notizia delle dimissioni del Pontefice Benedetto XVI ha suscitato in me e nel
RnS tutto stupore, dolore e commozione. Il Papa della Caritas in veritate si congeda così dal mondo intero all'insegna
della libertas in veritate, con un
coraggioso quanto sorprendente (non si dica "inaspettato", dal momento che più
volte il Pontefice ne aveva ipotizzato la possibilità) gesto di libertà nella
verità. La sua non è una fuga dalla
responsabilità di un Pontificato terribilmente esigente quanto ad efficienza
richiesta, piuttosto l'umile, coscienziosa, veritiera espressione di una
responsabilità che non potendo più essere onorata nella pienezza del servizio
richiesto e non potendo essere delegata ad alcun altro Vescovo o Cardinale, può
solo essere rimessa nelle mani del Collegio cardinalizio, perché sia lo Spirito
Santo ad indicare chi dovrà governare la Chiesa. Il Papa è il solo Vicario di
Cristo e a nessuno è concesso di vicariarlo! Certo la decisione di Benedetto
XVI pone alla Chiesa, che di tradizioni plurisecolari vive, la "sfida" di scegliere
il Successore di Pietro non post mortem e
d'intendere ora, in modo adeguato "cosa
lo Spirito le chiede" di compiere. Benedetto XVI, chiamato alla guida della
Chiesa dopo il Pontificato "magno" del Beato Giovanni Paolo II, si era
autodefinito "umile operaio nella vigna del Signore", offrendoci in modo
inequivocabile la nozione di Papato come "servizio" e non come "potere". E il
servizio richiede non solo la piena donazione di sé, ma energie, forze,
dinamismo che Pontificati precedenti a quello del Beato Giovanni XXIII non
avevano prima mai conosciuto, registrando una progressiva accelerazione,
impressionante con l'inizio del terzo millennio. Dunque la necessità di essere
"operativi" sui molteplici e complessi scenari della globalizzazione, la cura pastorale
della Curia Romana, l'effettiva vicinanza alle Chiese e ai fedeli di ogni
angolo della terra, hanno portato Benedetto XVI, in retta coscienza non a
lasciare la Chiesa, ma a lasciarla nelle mani di un nuovo Pontefice.
Immaginiamo quanta sofferenza e quanta umiliazione abbiano accompagnato la
decisione assunta dal Successore di Pietro. Prenderne atto, seppure con
dispiacere, significa intanto ringraziare il Signore per il dono di questi otto
anni di Pontificato, grazie ai quali la Chiesa ha ritrovato una nuova, lucida
passione per la fede in Gesù e per tutte le sue coerenti applicazioni. Ci
stringiamo al Papa con grande affetto filiale e riconoscente, memori dei grandi
doni che ha voluto elargire alla "famiglia del Rinnovamento", in ultimo,
proprio nei giorni scorsi, il dono della Fondazione Vaticana "Centro
Internazionale Famiglia di Nazareth" a noi affidata per la diffusione del
Magistero della Chiesa nel mondo, in special modo in Terra Santa. Da questo
momento il Rinnovamento nello Spirito indice un tempo speciale di preghiera di
intercessione, denominato "Muro di Fuoco", che vedrà coinvolte tutte le Diocesi
d'Italia, a sostegno del Papa e della Chiesa tutta. Non è tempo di dietrologie:
il Papa ci invita a guardare avanti. Lui ha aperto per noi la porta della fede con una forza
testimoniale rara. L'ha varcata per primo e ora chiede a noi di proseguire il
cammino. La nostra cattolicità è cum
Petro. Oggi, più che mai, siamo debitori alla Chiesa di amore e di
comunione. E non vogliamo perdere la gioia della speranza, seppure oggi
tribolata, come Benedetto XVI ci ha chiesto di fare sin da quando si è
presentato al mondo il giorno della sua elezione.
(11.02.2013)