Non è stato possibile distogliere, neanche un attimo, né gli orecchi né il cuore dall'omelia dettata da mons. Antonio Staglianò. «Che esperienza gioiosa venire a sapere che Dio è "così"», è amore dall'eterno. E non solo ci dà il comandamento "assoluto" dell'amore («Ama il prossimo tuo come te stesso», Mt 19, 19b), ma entra nella nostra vita per permetterci di obbedire al suo comandamento come lui stesso vuole. Il nostro corpo allora, se disposto ad accoglierlo, diviene tempio di Dio e la realtà viene "filtrata" con gli occhi della fede. Questi stessi «occhi della fede - dice il Vescovo -, trasformano questo Dio come in uno specchio in cui alla fine io posso vedere la verità di me, la verità di me in te, Dio». E quando Dio viene ad abitare dentro di noi, ognuno diventa immenso, ricco, in bellezza, creatività, immaginazione, perché nella sua vita si riflette l'immagine stessa di Dio.
Da questa scoperta straordinaria può nascere un'evangelizzazione nuova, un'evangelizzazione che va gridata, cantata perché ognuno diviene capace di opere più grandi, più immense di quelle di cui si ritiene capace. Dio è amore e il suo amore vive dentro di noi. Come scrive san Paolo: «non sono più io che vivo ma è Dio che vive in me» (cf Gal 2, 20).
E questo amore traboccante, infinito, deve essere gridato al mondo intero. La crisi del cattolicesimo oggi - ha sottolineato il Vescovo - non deriva dal fatto che le chiese sono vuote, ma dal fatto che non si vedono più cattolici per le strade. Nessuno grida più che Dio, con la potenza del suo amore, perdona i nostri peccati e cambia il cuore e la vita. Come cristiani, Gesù pretende da noi di essere continua epifania di una figliolanza di Dio. Non basta proclamarci cristiani se non accettiamo di realizzare pienamente il progetto che Dio ha disegnato per ognuno di noi.
Gesù ha portato un fuoco d'amore nel mondo ma in questi tempi, che sembrano ostacolare in tutti i modi la fede cristiana, non assistiamo a "incendi d'amore", non vediamo fedeli infervorati che infiammano la vita del mondo. C'è un Vangelo che dalla Palestina, per migliaia di anni, ha attraversato le strade del mondo. E oggi, più che mai, è necessario che questo Vangelo torni ad essere annunciato.
Allora, mons. Staglianò esorta tutti a una preghiera autentica, capace di elevarci a Dio e dal cuore di Dio, che è nostro Padre, mostrarci l'enorme sofferenza del mondo. E se per un attimo pensassimo di non poter fare nulla, con Dio dentro di noi possiamo invece fare tutto. E per rendere possibile ciò è necessaria la conversione del cuore attraverso la quale possiamo dire: "per me vivere è Cristo" e testimoniare al mondo intero la verità.
Se molti ci hanno voluto far credere che bastava "Mani pulite" per cambiare le cose, il Vescovo grida con determinazione che servono invece "cuori puri", cuori che amano senza pretendere nulla in cambio. È l'unica forza che può generare cuori puri non è umana ma è quella dello Spirito Santo.
Concludendo la sua vibrante omelia, il Vescovo spiega il concetto dell'umiltà, trovato nel Vangelo della santa Messa (cf Lc 14, 1-11) e troppe volte impoverito del suo senso più profondo. L'umiltà della fede è guardare dentro noi stessi e trovare la grandezza, l'immensità e l'infinitezza di essere figli fatti a immagine di Dio. «È certezza che tutta l'onnipotenza di Dio abita nella mia vita». «Ecco il Vangelo che va predicato - aggiunge mons. Staglianò -: siamo umani... ma siamo stati predestinati, prima della creazione del mondo, a comparire santi, immacolati, puri nell'amore, davanti a Dio». E con i fatti i cristiani devono insegnare che si può restare umani, ma amando tanto quanto Dio ha amato noi.
Daniela Di Domenico