
La
relazione conclusiva sul tema della Conferenza è affidata alle parole del
Presidente del RnS, Salvatore Martinez, che inizia affrontando il tema
dell’amore: “Tutti sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni
per gli altri” (Gv 13, 35). Evangelizzare è amare (Papa Francesco al
Rinnovamento. Vigilia di Pentecoste, 8 giugno 2019). La relazione parte da un
brano della lettera di Paolo agli Efesini (3, 17-19), nella quale l’Apostolo
augura alla comunità di poter penetrare il mistero profondissimo dell’amore di
Dio e della sua pienezza.
Come
definire questo amore? S. Agostino, commentando la Prima Lettera di San
Giovanni, spiega che esso “ha piedi che conducono alla Chiesa, mani che si
stendono verso il povero, occhi per vedere chi è bisognoso, orecchie per saper
ascoltare: non si tratta di parti del corpo ma di attitudini della carità e
alla carità che deve essere vissuta e mostrata. È un “amore a priori”:
«altrimenti è amore contrattuale, soggiacente, che cerca meriti, consensi,
soddisfazioni». Un amore «tracimante, come l’acqua che riempie la diga e che continua
a lavare i piedi degli uomini, non solo di quelli che stanno nel Cenacolo, ma
di tutti quelli che il Cenacolo, la casa, la Chiesa, la comunità l’hanno abbandonata
o non la trovano». Un amore che si effonde: a questo proposito Salvatore
distingue tra “infusione” ed “effusione” dello Spirito: «L’amore di Dio è una
infusione che si fa effusione». L’infusione è ciò che entra, è passiva, perché
l’amore di Dio entra in noi; l’effusione è ciò che esce; è attiva, è l’amore che
esce da noi per volontà di Dio. Ciò che autentica la preghiera per una nuova
effusione dello Spirito non è il ricevere consolazione o guarigione, ma il
servire: non è possibile mortificare l’impulso missionario implicito
nell’effusione: «In Gv 7, 38 c’è una delle più puntuali definizioni della
corrente di grazia: “Dal grembo di chi crede sgorgheranno fiumi di acqua viva”.
Se non si comprende che l’effusione è irruzione dell’amore nella storia, non si
comprende nemmeno quale sia il piano teologico, dottrinale, biblico che lo
Spirito ha scritto nei giorni della Conferenza». Il Rinnovamento non può e non
deve essere destinatario del rimprovero che è rivolto alla prima delle sette
chiese, quella di Efeso (cf Ap 2, 1-7): “abbandonato il suo primo amore”.
Applicato
al Rinnovamento, questo monito invita a «non perdere lo slancio carismatico e
kerigmatico, la passione ecclesiale». Il Presidente richiama quattro pilastri
fondamentali su cui si basa l’effusione dello Spirito. Essa è sempre grazia
sacramentale e carismatica, connessa al grande mistero della Chiesa; è sorretta
dalla Parola di Dio, «non dallo Statuto del RnS»; deve essere alimentata dalla
preghiera, che se è stanca e frettolosa la renderà inefficace; si diffonde
mediante una evangelizzazione kerigmatica e carismatica. E poi, tre frutti che
derivano dall’effusione: l’amore, la sapienza, il potere dello Spirito. Tre dimensioni
che ben riassumono quanto si legge sull’effusione dello Spirito in tutte le
lettere paoline. Il Presidente fa ripetere all’assemblea, più volte, quella che
presenta come una progressione virtuosa: «Non c’è evangelizzazione senza
effusione dello Spirito, non c’è effusione senza preghiera, non c’è preghiera
senza comunità, non c’è comunità senza parola di Dio.
Guardando,
poi, alle sfide dell’evangelizzazione, il Presidente afferma che «non c’è tempo
migliore di questo per diffondere la cultura di Pentecoste, che è umanizzazione
secondo lo Spirito, interpretazione del Vangelo dentro le doglie del mondo,
dentro gli aborti di fede, di speranza di carità». Se «la crisi si sta
aggravando nel cuore degli uomini e delle istituzioni», se stanno «cambiando la
percezione del bene e del male, le relazioni nella famiglia e nella comunità,
il senso della responsabilità e del bene comune, la capacità della nostra
società di essere misericordiosa», l’unica rivoluzione possibile è quella
spirituale, come ricordava Luigi Sturzo nel 1944. A fronte di questo, le nostre
comunità devono rispondere con la cultura dell’interiorità, della fraternità, della
spiritualità, in una «nuova sintesi creativa tra fede e storia, fede e cultura,
fede e servizio, fede e carità».
Il
richiamo del Presidente è quello di ripartire da una «nuova amicizia
spirituale», che non nasce dalla simpatia o dagli interessi comuni, ma si fonda
sulla sottomissione reciproca: «Non sporchiamo il Rinnovamento con inutile
vanagloria, non spegniamolo nell’abitudine che toglie all’esperienza di Dio carica
profetica, non normalizziamolo nel suo dinamismo carismatico e missionario».
La comunità
deve custodire i dettagli dell’amore: in essa, ricorda Papa Francesco, i membri
si prendono cura gli uni degli altri e la rendono «uno spazio aperto ed
evangelizzatore» (Gaudete et Exsultate, 145 ).
«Sono –
chiede il Presidente - i nostri gruppi luoghi aperti dove la preghiera
evangelizza?». Occorre tornare alle fonti, all’essenziale, tornare a rileggere
«il modo in cui preghiamo, in cui generiamo nuovi gruppi e comunità, il modo in
cui, direbbe papa Francesco con un neologismo, “misericordiamo” e – aggiunge
-, “missioniamo”, per essere
realmente comunità carismatiche
missionarie». L’analisi del Presidente mette in rilevo i pregi ma anche i
limiti da superare: «Siamo una comunità nazionale, costruita con uno Statuto
inclusivo, una capacità generativa, un ampliamento progettuale che i nostri
vescovi benedicono. Questa Conferenza ci dice che quanto a “mistica
dell’esperienza” il RnS è in cammino e fa bene; quanto, però, alla “mistica
delle relazioni”, dobbiamo ancora fare meglio, dobbiamo avere il coraggio di
eleggerci fratelli nell’amore del Signore. Se il signore mi ha eletto, allora chi
è eletto dal Signore insieme a me è mio fratello e mia sorella».
Nella
direzione della custodia reciproca, Salvatore introduce il concetto del
passaggio “da gruppo a comunità”: «Ci ostiniamo a chiamarci “gruppo”, ma è
tempo di decidere per comunità e fraternità». Richiama il concetto di popolo di
Dio, così bene espresso da papa Francesco in Gaudete et Exsultate ai nn. 6 e 7:
«Siamo un popolo, siamo a servizio di un popolo, con dinamiche d’amore
popolari, semplici, accessibili: ma siamo a servizio (GE 17), e per questo ci è
data la grande grazia del RnS».
Riagganciandosi
all’apertura della relazione, il Presidente conclude con la dossologia
contenuta nel capitolo 3 della Lettera agli Efesini, che è una esaltazione
della potenza di Dio.
Luciana Leone