«Salvezza per il mondo o fuga dal mondo?».
Questo l'interrogativo che ha tracciato il simposio che, nell'ambito della 43^
Conferenza nazionale Animatori, ha visto come protagonista, padre Francesco
Occhetta. Membro della Redazione de “La Civiltà Cattolica”, consulente
nazionale dell'Unione Stampa Cattolica Italiana (UCSI), il noto scrittore e
giornalista gesuita, esperto di questioni sociali e di diritto, tra le sue
tante esperienze ha ricoperto anche il ruolo di consigliere comunale. Lo ha
ricordato, presentandolo, Luca Marconi, già direttore nazionale del RnS,
affiancato da Fulvio Dal Pozzo e Maurizio Pacciani, coordinatori regionali
rispettivamente del Piemonte-Valle D'Aosta e della Liguria. Ampia, approfondita
e originale la relazione proposta da Occhetta, prima del dibattito condiviso
nell'affollata Sala “Tempio” del Palacongressi di Rimini. «La risposta alla domanda a cui sono stato chiamato a
rispondere - ha esordito - è apparentemente semplice: ci salviamo incarnandoci
nel mondo e per dare frutti per la vita del mondo. Invece la questione è più
subdola, abita il nostro cuore e lo divide, una parte di noi cerca di
incarnarsi nel mondo e per il mondo, l’altra preferisce dis-incarnarsi e
fuggire da tutto ciò che è caduco e morte. Eppure, la nostra fede nel Signore
Gesù dice già un modo di stare nel mondo senza essere del mondo, una
testimonianza politica nel senso alto e nobile del termine». Quindi, subito un
riferimento alla tradizione: «Un giovane chierico latino, Tommaso d'Arezzo, che
si trovava a Costantinopoli verso il 1436 per studiare il greco, si accorse per
caso che sul banco di un pescivendolo di quella città c’era un manoscritto
greco pronto per avvolgere il pesce. Si trattava di una lettera non firmata,
indirizzata a Diogneto, le cui parole hanno attraversato la storia e continuano
ad interrogare anche noi. Quel testo ci aiuta a rispondere anche oggi a ciò che
significa salvezza per il mondo quando definisce “il mistero cristiano” che
salva il mondo». Supportato da efficaci slide,
con riferimenti calzanti ad esempi tratti dalla letteratura - come Narciso, Icaro o Ulisse - il relatore
ha sottolineato anzitutto che «la salvezza non è anzitutto una definizione
teologica, è un’esperienza come quella dei discepoli di Emmaus: camminare insieme a un forestiero verso un villaggio e
condividere lo stesso pane per vedere colui che era stato conosciuto».
Tuttavia, «non tutti i cammini donano la salvezza: alcuni sono una vera fuga
dal mondo. Oggi in Occidente va di moda camminare e fare i pellegrinaggi per
purificarsi e fare esperienza. È bello e aiuta. In altre parti del mondo ci
sono invece milioni di persone che camminano per scappare da luoghi di guerra o
di carestia, dove manca acqua e cibo». La sfida, allora, «è quella di scegliere
il cammino di Abramo, quello che chiede di obbedire al comando di Dio di uscire
dalla propria terra e di andare dove la sua lo conduce». Entrando poi nel vivo
della sessione, percentuali alla mano, sono stati toccati i temi più urgenti sul tavolo della
politica: lavoro, giustizia, integrazione degli immigrati. Senza trascurare
l'evidenza che «i cambiamenti antropologici sono repentini», basta vedere «come
i centri commerciali stanno diventando le cattedrali del nostro tempo in cui si
“celebra” il rito del consumo» e in che misura «il Paese si è trasformato in un
grande casinò a cielo aperto con il gioco d’azzardo per cercare una via
d’uscita nella sorte». Quali idee di riforme abbiamo? Siamo alla fine dello
Stato moderno e della tripartizione dei poteri? Assistiamo alla rottura del
patto sociale costituzionale: persona-società-Stato? Verso quale riassetto
geopolitico stiamo andando e quale agenda politica europea avere? Pungola
l'assemblea, padre Francesco Occhetta, spiegando, con uno sguardo rivolto in
particolare alle nuove generazioni, che «serve cuore nella nostra vita sociale
e politica» ed esortando i presenti a «ricostruire un’alternativa di
senso proprio a partire da un nuovo modello di sviluppo umano integrale, come
stanno chiedendo Papa Francesco e la Chiesa nella Laudato si’». Inoltre, «occorre chiedersi nel tempo politico dei populismi: che salvezza portiamo
al mondo?». Se i populismi sono come “burrasche che si infrangono su Governi e
istituzioni”, la sfida è davvero quella «di essere nel mondo ma non del
mondo». Tre le tappe del discernimento - riconoscere, interpretare e scegliere
(EG. n. 51) - indicate dal gesuita in questo tempo di post-verità, che non ha
mancato di elencare le regole di sant'Ignazio di Loyola per il discernimento degli spiriti, quale
“vademecum” per distinguere il bene dal male (incluso quello sociale) e
«antidoto per non bloccare il cammino o addirittura per non farsi assalire
dalla nostalgia di ritornare indietro». In chiusura, un rimando alla Sacra
Scrittura, per fornire una risposta al quesito iniziale. «Quando Dio chiese al
più grande regnante della storia, il Re Salomone, il figlio di Davide, “cosa
vuoi che io faccia per te”, Salomone gli rispose: “Concedi al tuo servo un
cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere
il bene dal male” (1Re 3,9). La salvezza per il mondo è proprio questa: insieme
al Signore, sconfiggere il male e promuovere il bene, ciascuno secondo i doni
ricevuti dallo Spirito».
Francesca Cipolloni