L'Effusione, una grazia che si rinnova nella gioia
La penultima giornata del pellegrinaggio
nazionale in Terra Santa promosso dal RnS non ha mancato di regalare ai
partecipanti una buona dose di emozioni, “straripate” dai racconti condivisi
poi in serata, in un clima di allegria e fraternità. Nella chiesa della
Dormizione di Maria, sul Monte Sion. Ben 51 fratelli e sorelle hanno infatti
ricevuto la Preghiera di Effusione: a posare le mani sul loro capo invocando lo
Spirito Santo sono stati i fratelli anziani, gli animatori e i responsabili del
RnS a livello regionale e diocesano, sotto lo sguardo amorevole della Madre di
Gesù, prima grande effusionata della storia. La Preghiera – vissuta con grande
intensità e culminata con la lettura, da parte di don Guido Pietrogrande,
del brano evangelico di Luca 24, 46-47 – è stata preceduta dalla settima e
ultima meditazione di Salvatore Martinez, Presidente nazionale del RnS,
che, custodendo in mano una reliquia della beata Elena Guerra, autentica
“apostola dello Spirito Santo”, ha incentrato il suo insegnamento su:
«L'Effusione pentecostale dello Spirito Santo: una testimonianza ecclesiale e
missionaria che si rinnova». Successivamente, i cinque gruppi si sono spostati
verso il Cenacolo, «luogo di Pasqua e Pentecoste». «L'Effusione dello Spirito è
un dire e un dare Gesù - ha esordito Martinez -, non è un prodotto commerciale.
Il frutto di questa presenza è triplice e permanente, e si traduce nel rapporto
con Lui, con gli altri e con noi stessi. Non è certo un prodotto che scade, per
questo si rinnova sempre. Amore, gioia, pace regolano il rapporto con Lui;
pazienza, benevolenza e bontà quello con gli altri; fedeltà, mitezza e dominio
di sè con noi. È un amore tridimensionale e noi non possiamo percepirci amati
se non amiamo prima di tutto Lui. Chiediamo allora che questo amore, che è come
un seme, fruttifichi: noi non siamo un frutto stagionale ma permanente, e la
presenza dello Spirito ci fa fruttificare in modo abbondante e permanente».
Approfondisce il tema, il Presidente Martinez, e spiega che «l'Effusione dello
Spirito non è psichedelica» e che «quando arriverà salteremo di gioia».
Inoltre, «quando sale il sole di giustizia la presenza di Gesù non si esaurisce».
Quindi, il “benvenuto” a tutti nel Cenacolo, il luogo che, «nell'andirivieni
della vita cristiana», quello in cui Gesù, risorto, ritorna è «luogo
eucaristico, in cui il Signore stesso aveva compiuto alcuni miracoli e dato
alla Chiesa alcuni sacramenti; luogo sacerdotale, un posto prodigioso dove la
potenza di Dio arriva dall'alto con lingue infuocate; luogo missionario, da cui
muovere per annunciare: il Cenacolo è porta che apre alla missione, e, oggi più
che mai, il cuore del Cenacolo deve diventare cuore del mondo. Anche noi
dobbiamo risorgere nel segno del Cenacolo». Salvatore Martinez si sofferma poi
sull'opera che lo Spirito Santo può compiere in chi lo attende con cuore aperto
e docile. «In questo tempo - afferma - dobbiamo assegnare allo Spirito Santo il
protagonismo che merita, non può rimanere il grande sconosciuto! In quanti modi
lo Spirito si è manifestato in questi giorni: ci ha fatto gioire, tacere,
riscoprire tappa dopo tappa, chiedere perdono. È qui e lo dobbiamo vedere e
sentire». E poi? Cosa ci si deve attendere in questa «vita nuova nello
Spirito»? Non certo un prodigio magico, bensì una «trasformazione in Cristo»,
perchè «quando ci si alza, ci si alza nuovi: non più io vivo, rammenta San
Paolo, ma Lui vive in me». Infine, traendo spunto sempre dall'«apostolo delle
genti» (2 Corinzi, 3), è stata descritta la “metamorfosi” di cui siamo oggetto
per mezzo dello Spirito Santo. Un lavoro «simile a quello dell'estetista»,
aggiunge ancora il Presidente del RnS, poichè «ciascuno di noi, davanti allo
specchio, viene trasformato di gloria in gloria per assumere le sembianze di
Cristo». Non delude mai il Santo Spirito: «Più gli diciamo di sì, più lui
lavora giorno e notte, non si stanca mai: noi ci stanchiamo, lui no!». E
nemmeno dobbiamo essere intimoriti dalla sua venuta, né sentirci “inadeguati”:
“Lo Spirito, infatti, vi insegnerà ogni cosa) Gv 14, 25-26. Dunque, accogliendo
lo Spirito nella nostra vita e accogliendo il desiderio di una vera
conversione, ci mettiamo tutti in cammino verso la sanità. «Ci sono commozioni
che si vedono e commozioni che si vedono con altri occhi. A me personalmente
commuove il fatto che esistono persone che, nonostante le fatiche, vogliono
trovare Gesù, ricominciare, provare a fare sul serio. Già questo cuore è offerto»,
conclude Martinez.
Nel pomeriggio, poi, a celebrare la Santa
Messa quotidiana, è stato don Patrizio Di Pinto, che ha proposto
ulteriori “chiavi di lettura” per meglio comprendere il “ruolo” che lo Spirito
Santo, con la sua potenza, gioca nelle nostre esistenze. “Un filo conduttore ci
ha portati qua. E il motivo dominante è stata la gioia. Abbiamo iniziato con il
kaire a Nazareth e l'abbiamo continuato nella gioia di Cana di Galilea –
ha affermato durante l'omelia -, l'abbiamo proseguito al Monte delle
Beatitudini e, ancora, la gioia l'abbiamo condivisa a Betlemme, fino
all'esplosione di stamattina, quando abbiamo invocato lo Spirito Santo su di
noi». Questo motivo dominante, ha aggiunto poi il sacerdote «deve radicarsi in
noi. A breve torneremo nelle nostre case ma dovremo farci portatori di gioia,
dovremo essere untori di manzoniana memoria, ma contagiando gli altri di
gioia!. Questo è il compito che riceviamo, perchè il mondo di oggi è nella
tristezza, nella depressione e ha bisogno di quella gioia di cui tutti dobbiamo
farci portatori, che va al di là delle nostre situazioni. La nostra gioia
deriva dal fatto di aver incontrato il Signore. Abbiamo ricevuto lo Spirito
Santo e da Lui avremo forza perchè ci farà portatori di gioia». Come fare,
tuttavia, per farci consapevoli di questa novità? «Dobbiamo lasciare che si
accorgano che è accaduto qualcosa di bello nella nostra vita, tutti potranno
intuire che non siamo più gli stessi di prima. Chi ha ricevuto davvero lo
Spirito e lo fa funzionare «non può non amare e noi dobbiamo vivere e caminare
nell'amore. Ecco l'importanza di ciò che abbiamo fatto in questi giorni. E il
Signore ci rende così contagiosi e capaci di portare scompiglio, come accadde a
Gesù e agli apostoli. Gli altri debbono accorgersi che abbiamo ricevuto questo
fuoco che non possiamo più contenere. Dobbiamo incendiare il mondo intero con
il fuoco dell'amore». Non possiamo continuare a navigare con incertezza nel
mare delle giornate, ma, come sottolineato fin da subito, impegnarci «ad essere
come una barca a vela sospinta dallo Spirito». L'importante, ha spiegato il
celebrante, è farsi portare da lui, «perchè seguendo la “rotta” tracciata nella
nostra vita oggi, domani e sempre arriveremo in porto».
Francesca Cipolloni