La seconda relazione di Salvatore Martinez si incentra sulla
vicenda di Zaccheo, raccontata nel Vangelo di Luca, al capitolo 19, 1-10, nel
quale il Presidente del RnS individua un parallelo molto stringente con il
Seminario di vita nuova per l’effusione dello Spirito, segnatamente con il preSeminario, il Seminario, la giornata per
l’effusione dello Spirito, il post Seminario. Per rendere manifesta questa
interpretazione, il presidente ricorre a 33 parole chiave rintracciabili nella
narrazione evangelica.
Il preSeminario si può individuare nei primi versi, che
descrivono la preparazione di Zaccheo all’incontro con Gesù: «Zaccheo era un
uomo ricco, e chi entra in un gruppo di RnS può essere ricco di tante cose, ma
gli è chiesto di spogliarsi, di entrare in una kenosis, cioè in una spoliazione.
Zaccheo era in ricerca, come le persone che ci raggiungono nei gruppi, che sono
cercatori di Dio; cercava di vederlo, di vedere il volto di Gesù, la sua
potenza i suoi miracoli; così chi viene nei nostri gruppi: vedrà Dio nella
misura in cui saremo capaci di farglielo vedere». Intorno a Zaccheo c’è la
folla, non necessariamente in senso negativo. «La folla è la confusione, la distrazione
che si agitano dentro e fuori di noi; può essere il lavoro, la casa, le
preoccupazioni, qualcosa che ci distoglie da Gesù». Zaccheo, piccolo di statura,
deve superare queste difficoltà: «Siamo chiamati a elevarci alla misura di
Cristo; il RnS è un cammino che ti deve migliorare, elevare, fare crescere e la
misura è Cristo». Queste «condizioni di partenza sono già nel cuore di Zaccheo e
sono quelle che noi definiamo “effusione spontanea” dello Spirito».
La seconda parte della parabola vede Zaccheo correre avanti
e ci mostra il secondo parallelismo, quello con il Seminario di vita nuova vero
e proprio: «Il Seminario è come una corsa, nel senso che non deve durare a
lungo, il tempo sufficiente per arrivare a Gesù; è un punto di partenza, si
deve mettere nel cuore dei fratelli il desiderio di incontrarlo presto, di non
attardarsi nell’incontrarlo».
Zaccheo sale sull’albero di sicomori, che «rappresenta il
gruppo, il luogo privilegiato nel quale e dal quale vedere Gesù. Il sicomoro è
un albero che se è cresciuto è grande, accogliente, si ci può stare bene; il
sicomoro simboleggia l’albero della vita, il passaggio dalla morte alla vita; è
significativo, in questo senso, che i sarcofaghi dell’antichità fossero fatti
con legno di sicomoro». L’incontro con Gesù è esperienza: «Il cardinale Ratzinger,
già in suo libro del 1989, spiegava che «l’insuccesso
catastrofico della catechesi moderna sta nel fatto di avere dimenticato il
successo della predicazione apostolica, che è essenzialmente riassunto in due
parole: incontro ed esperienza». Gesù alza lo sguardo per vedere Zaccheo sul
sicomoro e «quando questo accade è sempre l’anticamera del miracolo»; chiede a Zaccheo
di scendere: «É il kairos, è l’immediatezza assoluta dell’incontro
che gli animatori devono avere nel cuore; si possono ricevere altre effusioni, ma
quella indicata dall’incontro di Gesù con Zaccheo è quella storica, quella da
cui tutto il cammino poi discende. Infatti Zaccheo riceve la parola di Gesù: “Oggi
devo fermarmi a casa tua”». Martinez ricorda che Gesù si accasa, resta, si
ferma, «non chiede
di entrare, ma di restare; entra per fermarsi.
Il RnS non è solo esperienza, è la fatica di avere impegni stabili, di
accettare la Signoria esigente di Cristo, che rivoluziona la vita, di non
ridursi solo ad una esperienza episodica, ma a un cammino stabile». Zaccheo
accoglie Gesù ma non si limita all’accoglienza; è pieno di gioia, primo frutto
della presenza dello Spirito: «Senza effusione non si può avere gioia vera,
gioia nella sofferenza, nella prova, nel dolore. La gioia è il primo visibile
frutto dell’amore». La folla mormora, «non per qualcosa di ingiusto, ma perché
sta solo certificando chi era Zaccheo, un peccatore; davanti all’evidenza di
una novità, rappresentata da Gesù, tutti pensano solo alle cose passate che
riguardano Zaccheo, a un uomo che ora è morto, che non c’è più… È il peccato che facciamo quando non
riusciamo a vedere le novità segno della presenza di Dio; quando non sappiamo
vedere nei fratelli i frutti della vita nuova, dell’opera creatrice e
rinnovatrice dello Spirito». La salvezza, poi, che Gesù annuncia, non è solo per
Zaccheo, ma per tutta la sua casa: «La salvezza deve entrare nella persona, nelle
relazioni, nella storia, negli affetti, nel lavoro…».
Cristo viene a cercare e a salvare ciò che era perduto: «Qui
si riassume tutto: Zaccheo lo cercava, Gesù lo cerca, offrendogli non una
possibilità di salvezza ma “la” salvezza».
Infine, ecco il post-effusione: cosa succede in Zaccheo dopo
l’incontro con Gesù? «Zaccheo si alza: alzarsi è svegliarsi, risorgere, cominciare
un cammino; egli chiama Gesù “Signore”, come Pietro dopo la prima pesca
miracolosa che sarà causa efficiente della sua conversione. Dice il suo hinnenì, l’eccomi, sono qui; l’eccomi di
Maria, l’eccomi dei profeti e dei santi». Il segno che l’effusione è avvenuta è
entrare nel regime del dono, della generosità: «Il RnS non può stare solo nel
regime del ricevere: chi riceve deve dare. Zaccheo non si limita alla
restituzione di quanto ingiustamente sottratto, perché così avrebbe obbedito
solo alla legge di Mosè; obbedisce ora alla legge dell’amore. Se il RnS non è
capace di questo, non capiremo l’invito di papa Francesco riguardo il servizio
all’uomo… Zaccheo assume le categorie della comunità come è rappresentata negli
Atti degli Apostoli, dando ciò che è suo e non ciò che gli avanza. È questo il
senso di dare la vita, di dare ciò che siamo oltre che ciò che abbiamo». Il Presidente,
in ultimo, fa un’applicazione pastorale che riguarda tutti i responsabili. Zaccheo
è un uomo nuovo, ma non può ancora assumere responsabilità: «Ai neofiti non si
danno incarichi o responsabilità elettive. Occorre un tempo adeguato di
discepolato, di sottomissione alla parola di Dio, per crescere fino alla
statura di Cristo… il cammino di post-effusione è prima di tutto sottomissione
alla Parola, una vita scritta dentro la Parola. Noi effusionati – chiede il
Presidente – siamo sottomessi alla Parola? Abbiamo preparato queste elezioni
pregando, ricordando le promesse di Gesù: “Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi (Gv 15, 16)?». Chi sceglie è Dio; ha già scelto e la nostra fatica è
quella di capire quali siano i sentimenti e le scelte di Dio. Dire che noi
abbiamo eletto qualcuno significherebbe che lo abbiamo fatto secondo le
simpatie o le strategie; dunque che merito avrebbero coloro che sono stati
scelti senza chiedere a Dio, e con quale autorità saranno mandati nel nome del
Signore?... L’esperienza di Zaccheo ci sia da monito, perché il Rinnovamento è
un cammino e chi cammina verso la mèta, diciamo con san Paolo, consegue il
premio che è Gesù. Anche queste elezioni ci facciano guadagnare Gesù: è questa
la misura alt a cui dobbiamo aspirare».
Luciana Leone