“’La proposta piacque ai fratelli’ (cf At 6, 5a). La
Comunità luogo del discernimento e fonte di ogni servizio”. Questo il tema della
relazione dettata dal consigliere spirituale nazionale, don Guido Pietrogrande
nel giorno in cui molti responsabili sono chiamati a “scegliere”. La sua
riflessione prende spunto dal passo degli Atti degli Apostoli (cf 6, 1-6) dove
si parla dell’elezione dei diaconi.
«Questo passo– ha detto don Guido – ci può
illuminare sul ruolo della comunità in ordine al discernimento e alle scelte
pastorali». Nel passo biblico, infatti, possiamo scorgere un parallelismo con
le elezioni che l’Assemblea e il Consiglio nazionale si apprestano a svolgere.
L'”istituzione dei sette", nella Scrittura, rappresenta un episodio cruciale
che favorirà l'iniziò della missione della Chiesa.
Ma ogni fase elettiva, inevitabilmente, è
l’evoluzione di un “mormorio”, di un malcontento, per il quale si rischia di
perdere di vista l’essenziale: la preghiera, l’annuncio della Parola, e la
carità fraterna, ciò che ci mantiene nella Verità.
Il discernimento viene in soccorso ai discepoli che
intendono sciogliere questa situazione di criticità, non legata al malcontento
ma a un problema più importante: servire le mense trascurando l’annuncio della
Parola. Anche la comunità viene chiamata a fare discernimento nella scelta dei
sette rappresentanti del tempio; i prescelti dovranno rispondere a tre criteri:
avere una buona reputazione, essere pieni di Spirito Santo e di saggezza. «È
bello - ha detto don Guido - che la scelta venga fatta nella comunità sapendo
già chi scegliere: ciò significa che in quella comunità ci si conosce, ci si
stima, che in quella comunità c’è stato esercizio di carismi che ha permesso di
vedere come lo Spirito agisce nei fratelli». Il frutto del discernimento è una
scelta che “piace”, scrive Paolo, appaga gli animi e riporta serenità, e alla
pace fa seguito l’incremento del numero dei discepoli: «Senza l’ascolto di chi
ha l’autorevolezza non è possibile partire per un discernimento… Senza
discepolato sarà difficile fare discernimento perché non c’è appartenenza, non
c’è cammino non c’è un progredire nell’appartenenza a Dio».
Allora, continua il Consigliere nazionale, dal
discernimento spirituale ha origine il discepolato, la missione e il servizio.
Il servizio – ci tiene a ricordare don Guido – è anche preghiera, è annuncio
della Parola, quindi è anche culto.
Don Guido si sofferma poi sul passo Atti 13, 1-3 che
parla dei profeti di Antiochia ai quali, mentre celebravano il culto del
Signore, lo Spirito disse: «Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla
quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le
mani e li congedarono». Potrebbe sembrare che, durante un’azione liturgica, sia
facile fare discernimento: «in realtà non lo è perché anche in questo
discernimento, frutto di obbedienza allo Spirito Santo, che ha parlato in modo
solenne ed eccezionale, noi vediamo che c’è la presenza di profeti e maestri».
La profezia ha bisogno cioè di essere verificata, deve essere sottoposta ai
profeti, e la comunità deve essere pronta a “perdere” un fratello importante
eletto alla missione. Deve essere una comunità disposta a rinnovarsi.
Il terzo passaggio affrontato da don Guido ruota
intorno al Concilio di Gerusalemme. In quel periodo anche a Gerusalemme c’è
tutta la problematica di una Chiesa in fermento, di una Chiesa che deve
rinnovarsi. Giacomo sarà quello che risolverà il problema suggerendo di
affidarsi totalmente alla Parola di Dio; il suo è un annuncio profetico che
interpreta la Parola di Dio a favore della novità.
La comunità può allora definirsi l’habitat dove il
discernimento fiorisce. Dopo questa lunga riflessione, don Guido rivolge una
domanda provocatoria all’Assemblea: noi crediamo veramente che anche le nostre
comunità siano concordi nelle scelte? Crediamo veramente che anche per le
nostre comunità sia questa la strada per arrivare alle scelte giuste? Paure, pregiudizi,
interessi personali, spesso ci impediscono di fare il giusto discernimento
spirituale. La risposta è nella Croce: la croce è il vero crocevia della
purificazione, del discernimento. «Siamo chiamati alla freschezza dell’ascolto
di Dio, del confronto sulla Parola, senza paure e preconcetti». E anche quando
crediamo che tutto è già deciso, scritto, ricordiamoci che Dio fa nuove tutte
le cose, c’è sempre la “novità di Dio!».
Daniela di
Domenico