«È nella serenità e nella gioia che si testimonia il
Vangelo». Ne deve essere davvero convinto il vescovo di Livorno mons. Simone
Giusti che, domenica 10 dicembre, ha presieduto la Santa Messa nell’ultima
giornata della 41ª Conferenza, dispensando, insieme alla profondità della sua
riflessione, sorrisi e motti scherzosi.
Il Vangelo del giorno ci comunica una verità
importantissima: «”L’inizio del lieto messaggio del Vangelo di Gesù, Cristo,
Figlio di Dio” (cf Mc 1,1-8). Il Vangelo potrebbe concludersi qui! Tutto è
racchiuso in quest’affermazione», ha detto mons. Giusti durante l’omelia. E lo
stesso vangelo di Marco finirà poi affermando: «Questi era veramente il Figlio
di Dio». Il primo assioma quindi che ci giunge attraverso l’evangelista Marco è
l’autenticità della fonte a cui ci rivolgiamo e la chiarezza del messaggio
nella verità: «Perché la Verità non si può edulcorare, né tanto meno cambiarla…
Gesù è il Cristo e il Figlio di Dio».
Nel brano di Isaia, che narra del ritorno del popolo
di Israele da Babilonia, vi sono però delle inesattezze di carattere
geografico: il percorso da Babilonia a Gerusalemme non passa attraverso il
deserto ma verso il Nord. Qui, dunque, il deserto rappresenta, ancora una
volta, un “luogo teologico”: là dove l’uomo o la prima umanità aveva fallito,
era necessario riprendere il cammino, intraprendere un nuovo inizio. Il deserto
è situato anche nelle vicinanze di Betlemme, quasi a significare che fuori
dalla terra che ha dato la vita al figlio di Dio vi è il deserto, l’aridità per
eccellenza, la morte.
E proprio in prossimità del deserto era nato
Giovanni Battista che, nella penitenza e nella sobrietà («Giovanni - cf Gv 1, 6
- era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi,
e mangiava cavallette e miele selvatico») combatteva la battaglia contro il
demonio per riconoscere lo “Sposo che sarebbe arrivato”, Gesù.
Il Vescovo livornese nella sua omelia ha
sottolineato dunque, l’importanza dei fatti, della verità: la profezia del
profeta Isaia si realizza perché Gesù è venuto davvero in mezzo a noi. «Bisogna
unire il kerigma e i carismi alla
conoscenza perché il cristianesimo è ragionevole, esorta a credere in quello
che è stato visto, toccato e udito».
Da questa verità scaturisce un gioioso messaggio di
speranza: “l’imperatore della morte” (così mons. Giusti definisce il demonio)
non può prevalere sulla vita! Non possiamo arrenderci e inchinarci a questo
spietato imperatore schierandoci a favore dell’aborto, dell’eutanasia,
dell’abbandono di chi è nella malattia o del rifiuto del diverso! Il nostro
amore verso la vita deve essere totale, senza distinzioni, discriminazioni,
nella docilità allo Spirito. È questo il momento di scegliere da quale parte
stare: o ci inginocchiamo all’imperatore o abbracciamo l’Amore. La paura della
morte ci sta attirando verso falsi valori, false idolatrie (il tradimento,
l’egoismo, la sensazione della mancanza di gioie) ma l’Amore è vita, è gioia, è
Dio.
«Allora – ha concluso mons. Giusti – crediamo
nell’Amore e crediamo che tutto risuscita nell’Amore». I fatti, i segni della
storia ci dimostrano che tutto è possibile in Dio e che Dio può trasformare
tutto. Questo deve essere il nostro impegno missionario: in un tempo come
questo, dobbiamo annunciare la pienezza dell’Amore, nelle nostre famiglie, nei
nostri gruppi, nelle nostre comunità.
Daniela Di Domenico