«Sono pieno di gratitudine nel poter celebrare insieme
a voi questa Santa Messa per la santificazione del lavoro»: con questi
sentimenti di gratitudine, nella terza giornata della Conferenza, ha inizio
l’omelia di mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto e Presidente del Comitato scientifico delle settimane sociali.
Nella prima parte del suo intervento, partendo dal Vangelo
del giorno sulla Parabola dei talenti, l’Arcivescovo pone l’attenzione sulla
dimensione della gratuità e della gratitudine rispetto ai talenti ricevuti, che
siamo chiamati a mettere in pratica proprio attraverso il nostro lavoro: «È il
Signore che ci dona i talenti… Il primo atteggiamento è quello della gratitudine,
poiché uno può ritenersi padrone dei talenti, invece li ha ricevuti, ci sono
stati dati gratuitamente... La nostra gioia è grande quando ci mettiamo al
servizio dei piani di Dio e del Signore, e la nostra ricompensa è proprio
quella che il Signore indica ai primi due servi: “Sei stato fedele nel poco, ti
darò potere sul molto. Prendi parte alla gioia del tuo Signore” (cf Mt 25, 21)».
Ed è proprio questa gioia del prendere parte all’opera di Dio che emerge nella
seconda parte della sua omelia, soffermando la sua attenzione sul tema del
discepolo missionario.
Il Vescovo racconta di aver ricevuto dal Signore non
solo la vocazione al sacerdozio, ma anche la chiamata alla missione, a essere
discepolo missionario come sacerdote fidei donum in Brasile per ben 27
anni, dal 1984 fino al 2011. Durante il suo viaggio per il Brasile, il primo
pilota, durante il volo Bari-Roma, restò colpito dalla presenza di circa 600
giovani venuti all’aeroporto per salutare il sacerdote. Una testimonianza di
fede e di amicizia che fece scaturire in quest’uomo il desiderio di tornare in
chiesa, dopo circa venti anni. Inizia così la missione di mons. Santoro con la
gioia del cuore che genera il desiderio di mettersi al servizio del Signore.
Un evento che ancora una volta mette insieme le parole
“discepolo e missionario”, è la V Conferenza
dell’Episcopato latino americano di Aparecida nel 2007, durante l’incarico di
vescovo di una diocesi vicino Rio de Janeiro. Chiamato a far parte della Commissione
che preparò il documento finale, presieduta dall’allora card. Bergoglio, il
tema fu proprio “Discepoli e
missionari di Cristo perché i nostri popoli abbiano vita”: «C’era uno
schema preparatorio – ha detto mons. Santoro - che metteva al primo posto
l’analisi sociologica dell’America latina. Andai dal card. Bergoglio per
chiarire il punto di partenza. Egli fece un intervento dicendo che dovevamo
partire dall’adorazione alla Santissima Trinità e dalla vocazione ricevuta per
poi guardare ai problemi».
Nel terzo e ultimo passaggio dell’omelia, l’attenzione
è rivolta al tema del lavoro, partendo dall’esperienza del suo ritorno dal
Brasile a Taranto. In modo particolare, il Vescovo si è ritrovato ad affrontare
una situazione molto delicata, di cui nessuna autorità pubblica si era occupata
fino a quel momento: un gruppo di operai dell’Ilva avevano iniziato uno
sciopero della fame sull’altoforno a 60 metri di altezza. «Li ho visti nel Tg
delle 13 e ho detto al mio segretario: “Andiamo a visitarli”. Viste tutte le
sue perplessità e ottenuti tutti i permessi, sono andato a trovarli. Sono scesi
dall’altoforno e mi hanno ringraziato: “Nessuna autorità è venuta a trovarci.
Mentre la Chiesa si è ricordata di noi”. E ho detto loro: “Siamo vicini a voi,
al vostro lavoro e alle vostre famiglie, ma non mettete a rischio la vostra
vita”. Hanno risposto: “Don Filippo l’ascolteremo”». Partendo dal racconto di
quest’esperienza, l’Arcivescovo ha invitato l’assemblea a lasciarsi ferire
dalla realtà, chiedendo di non restare insensibili dinanzi a quanto accade
nella nostra società, come l’alta disoccupazione giovanile al Sud.
A conclusione della sua omelia, mons. Santoro ha esortato
con queste parole: «Sviluppiamo i talenti che il Signore ci ha dato anche
attraverso il nostro lavoro. Sviluppiamo i nostri carismi nell’obbedienza allo
Spirito, sviluppiamoli in obbedienza alla Chiesa… Sviluppiamo tutti nostri
talenti pieni di gratitudine e io vi auguro di svilupparli per la Chiesa e la
società italiana, che è il Rinnovamento nello Spirito».
Veronica Diomede