L’intervento di mons. Bruno Forte alla Convocazione
nazionale di Rimini è una splendida rilettura teologico-pastorale del cammino
del Rinnovamento in Italia nei suoi 45 anni di cammino. Mons. Forte, da sempre
vicino al Rinnovamento, parte da una domanda: «Cosa lo Spirito ha detto alla Chiesa
e alla società civile del nostro paese e del mondo attraverso questi anni di
cammino del Rinnovamento?».
Lo fa partendo da un assunto fondamentale, ovvero che «la
vita secondo lo spirito è sempre un passare dall’implicito all’esplicito». Come
dire che prima si sperimenta l’azione di Dio in noi stessi e poi ci si mette tutta
la tua vita a capirne la luce, la forza, la bellezza. La riflessione di mons.
Forte si struttura in quattro, importanti passaggi, che rappresentano poi
quattro aspetti, coessenziali, dell’esperienza del Rinnovamento: da corrente di
grazia a movimento ecclesiale; dalla preghiera alla missione; dal cenacolo al
mondo; dal Roveto ardente alla colonna di fuoco.
Ognuno dei passaggi viene esplicitato da don Bruno
ricorrendo anche ai tanti discorsi di capitale importanza indirizzati dai
Pontefici al Rinnovamento, da Paolo VI a Francesco.
La prima tappa, da corrente di
grazia a movimento ecclesiale avviene intorno al primato della Parola di Dio.
«Cosa c’è veramente all’inizio del Rinnovamento carismatico cattolico?», si
chiede don Bruno. «C’è la grande primavera del Concilio Vaticano II, in
particolare la Dei Verbum, Costituzione
sulla Divina rivelazione: non ho alcun dubbio nel dire che il Rinnovamento
nasce dalla riscoperta della centralità della Parola di Dio». Un processo vissuto
nella fase aurorale del Rinnovamento grazie all’opera di «autentici pionieri,
disposti a pagare di persona perché tutto il popolo di Dio si mettesse in
ascolto di ciò che lo Spirito andava dicendo alle Chiese». Teologi, gesuiti,
francescani - Grasso, Beck, Cultrera, Cantalamessa, Pancera, La Grua e Foglio
solo per citarne alcuni – «insieme a innumerevoli laici cui si deve il
passaggio del Rinnovamento da corrente di grazia a movimento propriamente
ecclesiale». Alcune espressioni di san Giovanni Paolo II riassumono questo
passaggio da corrente di grazia a movimento ecclesiale: «Siete un movimento
ecclesiale» (1998) e «Sì, il Rinnovamento nello Spirito può considerarsi un dono speciale dello Spirito Santo alla
Chiesa in questo nostro tempo. Nato nella Chiesa e per la Chiesa il vostro
è un movimento nel quale, alla luce del Vangelo, si fa esperienza dell’incontro
vivo con Gesù» (2002).
Il secondo passaggio è dalla
preghiera alla missione; qui la centralità attiene alla liturgia: nel RnS,
sottolinea don Bruno, «la valorizzazione della liturgia è andata di pari passo
con quella della tradizione viva della fede, a partire dall’ascolto delle voci
dei Padri della Chiesa, oltre
che dei grandi teologi e spirituali di tutti i tempi… Dall’esperienza orante,
personale, comunitaria e liturgica, vissuta nella docilità al soffio del
Paraclito, nasce la missione: così è stato anche nella storia del Rinnovamento
e dei suoi gruppi, che da comunità di preghiera sono andati sempre più
maturando la passione di portare anche ad altri il dono della vita nuova in
Cristo». Anche qui le parole di san Giovanni Paolo II puntellano il percorso: «Essere
testimoni delle ragioni dello Spirito: questa
è la vostra missione, cari membri del Rinnovamento nello Spirito Santo, in una
società dove spesso la ragione umana non sembra essere irrorata dalla sapienza
che viene dall’Alto» (2004).
Il terzo passaggio è dal Cenacolo al mondo: «gli eventi
della storia sono segni del tempo» e «il nostro cuore batte col cuore della
Storia». Forte rimanda al mittente l’accusa che qualcuno muove al Rinnovamento,
quella di essere degli spiritualisti, donne e uomini che vivono in un mondo che
non esiste, delle illusioni, della fuga della realtà: «Può dire questo chi non
conosce il Rinnovamento. Chi vive il Rinnovamento non può essere imprigionato
nelle sue presunte sicurezze ma deve essere un testimone che guarda alla storia
ed entra nella storia». Il dovere del cristiano è l’assunzione della
complessità, con il suo carico di dolore, sapendo che nella storia, insieme
alle ombre, splendono anche molte luci. Don Bruno confida le parole che poco
prima Sua Beatitudine Sako, Patriarca in Iraq, gli aveva detto, mentre in sala,
a Rimini, si pregava comunitariamente: «Guardi, questa è la libertà dei figli
di Dio!». «S. B. Sako non è fuggito dalla sua terra straziata… Solo chi sa
leggere la storia nel Vangelo saprà leggere il Vangelo nella storia. E avanzare
proposte credibili, sporcarsi le mani perché il mondo cambi». Qui il magistero
papale sul Rinnovamento è quello di Paolo VI, nella prima udienza accordata ai
carismatici cattolici (1975): «Abbiamo
dimenticato lo Spirito Santo? No, certo!
Noi lo vogliamo, lo onoriamo, lo amiamo, lo invochiamo; e voi, con la
vostra devozione, con il vostro fervore, voi volete vivere nello Spirito.
Questo deve essere un “rinnovamento”. Deve ringiovanire il mondo, deve ridare
una spiritualità, un’anima, un pensiero religioso al mondo, deve riaprire le
labbra chiuse alla preghiera e aprire al canto, alla gioia, all’inno, alla
testimonianza e sarà veramente una grande “chance”
per il nostro tempo, per i nostri fratelli, che ci sia una generazione di
giovani che grida al mondo le glorie e le grandezze di Dio nella Pentecoste».
Infine, il quarto
passaggio, dal roveto ardente alla colonna di fuoco, la sintesi di
questi 45 anni di cammino: «L’azione dello Spirito nella storia non rende solo
presente il mistero dell’avvento compiutosi nel Signore Gesù nell’“oggi” dei
credenti (“roveto ardente”), ma “tira” anche nel presente del mondo l’avvenire
della promessa di Dio, aprendo la storia alle sorprese dell’Eterno (“colonna di
fuoco”)». Mons. Forte osserva che Dio si rivela nel un roveto perché in esso ci
sono le spine e Dio ci parla sempre attraverso il dolore: «In quel Roveto, in
quel fuoco Dio si rivolge al singolo, ma poi quella esperienza diventa quella
della colonna di fuoco: non più un singolo ma un popolo guidato verso la terra
della promessa di Dio. Nel Rinnovamento non si vive solo l’esperienza personale
dello Spirito ma, grazie alla parola, la comunione con la Chiesa, la liturgia,
la passione missionaria, si diventa popolo dei pellegrini di Dio che cammina
verso la Gerusalemme celeste».
La sensibilità verso l’adorazione, maturata nel
Rinnovamento, getta sulle comunità del Rinnovamento «alcune luci specifiche». La prima è la «consapevolezza della propria
relatività, di non considerarsi un popolo di arrivati, ma di sentirsi sempre
pellegrini, in cammino nel mondo». La seconda è «la capacità e la libertà di
relativizzare le grandezze del mondo… Nella forza dello Spirito la Chiesa, e il
Rinnovamento in essa dovrà essere sovversiva e critica verso le miopi realizzazioni
delle piccole speranze di questo mondo. Puntando a seguire la colonna di fuoco,
la forza della sua presenza». La terza è quella di saper «anticipare nella vita
qualcosa della futura promessa bellezza di Dio, essere testimoni della gioia anche
nell’ora del dolore». Da qui, quello che don Bruno identifica come carisma proprio
del Rinnovamento nello Spirito Santo, essere missione d’amore: «Chi ne fa parte
dovrà essere pronto a pagare il prezzo della carità con la disponibilità al
servizio e al sacrificio».
Anche qui, due citazioni
completano il quadro: «Auspico di cuore che il Rinnovamento nello Spirito sia nella Chiesa una
vera palestra di preghiera, di ascesi, di virtù e di santità. Nel nostro tempo,
avido di speranza, fate conoscere e amare lo Spirito Santo. Aiuterete allora a
far sì che prenda forma quella cultura della Pentecoste, che sola può fecondare
la civiltà dell'amore e della convivenza tra i popoli. Con fervente insistenza,
non stancatevi di invocare: Vieni, o Santo Spirito! Vieni! Vieni!» (Giovanni Paolo II, 2002). E poi, papa
Francesco: «Avvicinatevi ai poveri. Toccate la carne dei poveri» (2014).
Infine, la preghiera alla Vergine dalle mani alzate, tanto cara al
Rinnovamento: ««Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre
di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci
da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta».
Luciana Leone