Avvenire
Rinnovamento nello Spirito
Martinez: «La misericordia ci chiede comunità fraterne»
Umberto Folena, Inviato A Rimini mercoledì 2 novembre
2016
Intervista
al presidente di RnS. Da Rimini, dove si è conclusa ieri la 40esima Conferenza
nazionale degli animatori
«La Chiesa non sarà in uscita se Cristo
non sarà in entrata». Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento
nello Spirito Santo, ripete due volte la frase e sorride. Gli sta molto a
cuore. Nessuna azione missionaria è possibile senza forti e profondi radici
spirituali. La sua relazione ha concluso la quarantesima Conferenza animatori
del RnS che si è chiusa ieri al Palacongressi di Rimini.
Come il RnS ha vissuto questo Giubileo della misericordia?
La misericordia è la sfida dell’autenticità
cristiana. Niente rende più credibile e creduto il Vangelo di Gesù in un mondo
che si oppone al Dio di misericordia, che emargina dalla vita e distoglie dal
cuore umano l’idea stessa della misericordia. Il RnS è sempre stato un giubileo
permanente di misericordia. Dunque nessuna porta si chiuderà per noi, perché è
sempre stata aperta. Nel duplice registro della spiritualità della lode e della
spiritualità dell’accoglienza
Un tipo di estroversione che a volte
riceve giudizi negativi. Perché?
Perché all’amore per Dio e per gli
uomini vorremmo mettere argini e confini.
A seguire le vostre assemblee, di
sicuro, non mettete argini alla gioia. È una delle prime cose che si notano del
RnS.
La gioia è un effetto dell’amore. Spesso
nella vita di tanti credenti sembrano prevalere la tristezza del peccato e le
ferite provocate dalle strutture di peccato che ci circondano. Occorre
intensificare la vita spirituale nelle nostre comunità ecclesiali. Solo così si
colmano i deficit d’amore, d’identità e di appartenenza.
La Conferenza animatori che è terminata
ieri ha puntato soprattutto sul valore della comunità, nella Chiesa e nella
società. Perché?
Il terzo millennio è iniziato con
un’inedita richiesta di fraternità umana. Papa Francesco sta traducendo in parole
e opere questo appello dello Spirito Santo. La stessa misericordia impone che
si coltivi la fraternità nelle nostre comunità, spesso anonime e distratte.
L’amore impone il riconoscimento dell’altro, non è mai un amore “a
prescindere”.
Investiamo ancora troppo poco in
fraternità?
Sì, ed eludiamo la vita comunitaria.
Così la misericordia diventa anonima e il Vangelo un codice, non uno stile di
vita. Se il processo d’identificazione di Cristo povero e sofferente nell’altro
non inizia all’interno delle nostre comunità ecclesiali, come potrà riversarsi
nel mondo e convincere il mondo?
Forse si dà per scontato che la comunità
“ci sia” e vada bene così com’è?
C’è voglia di comunità. E per questo
dobbiamo rifondare le nostre relazioni comunitarie, con maggiore fiducia tra
vescovi, sacerdoti e laici. E più fiducia nella presenza dello Spirito che poco
viene invocato e scomodato: è lui che fa nascere uomini nuovi, capaci di
Cristo, che hanno il pensiero e la volontà di Cristo, che in Cristo vogliono
trasformare ogni cosa. Lui e non noi rende presente e operante Cristo.
Altra caratteristica evidente del
Rinnovamento è la preghiera. Perché tanta insistenza?
La preghiera comunitaria carismatica non
solo ci rende persone migliori, ma migliora tutto intorno a noi. La preghiera
di lode ci rende positivi, ottimisti, aperti alla speranza; la preghiera
d’intercessione ci rende altruisti, generosi, comunionali, collaborativi.
Date anche molto spazio alle «ragioni del cuore».
È il cuore che è alle strette, spesso
sterile d’ispirazione, di libertà interiore, d’intelligenza profetica della
realtà. Ecco perché dobbiamo percorrere cammini autentici, intensi di vita
spirituale. Occorre ritrovare il gusto di pregare insieme, di discernere
insieme i segni dei tempi alla luce della Parola e poi “muoverci”, senza
delegare l’impegno.
Le Tende della misericordia, il lavoro
tra i giovani e tra i carcerati… Tutti esempi di Chiesa “in uscita”?
La Chiesa non sarà in uscita se Gesù non
è in entrata! Occorre chiedersi in che modo la nostra gente fa esperienza della
fede in Gesù; come è aiutata a credere; quanto è disponibile a rendere
missionario ogni atto di culto. Ma se l’amore non spinge, nessun discorso
pontificio o nessuna lettera pastorale renderanno dinamiche le nostre comunità.
Le Tende della misericordia, circa sessanta in altrettante diocesi, sono state
la dimostrazione che Gesù non ha perduto il suo fascino. La gente chiede
ascolto, perdono, riconciliazione. Tanti non sono più spinti ad entrare in una
chiesa, ma sono disposti a dialogare con una Chiesa che li incrocia lungo le
strade, che va loro incontro. E tante conversioni avvengono. Così pure
dedichiamo una speciale attenzione ai carcerati, agli ammalati e agli
immigrati, a loro e ai loro familiari.
Dialogo anche dentro la Chiesa. Tra le
diverse aggregazioni laicali non è sempre facilissimo. Quale strada percorrete?
Nella Chiesa stiamo imparando a parlare
un linguaggio comune. Un processo iniziato con san Giovanni Paolo II, ad intra; ora con Francesco ad extra. La Chiesa è missionaria in quanto è
carismatica; i carismi, poiché molteplici, salvano dall’uniformità anche se
impongono unità. Ogni membro del popolo di Dio è tenuto ad esercitare i carismi
concessi dallo Spirito. Questa omissione ci rende dimissionari dalla storia.
Molti sono inerti e hanno un senso d’inutilità perché non sono aiutati a vivere
del carisma ricevuto mettendolo a servizio. Se un dono rimane inespresso, la
comunità ecclesiale sarà più povera e il mondo meno salvato.
L'intervista è disponibile in edicola, sul sito di Avvenire e in pdf.