La
sessione dedicata alla preghiera e al dialogo spirituale tra cristiani e
musulmani, sul tema della salvezza per tutti gli uomini (tratto dalla 1 Tm 2,
4-6), è un momento di grazia che cattura e sorprende l’assemblea di Rimini.
Salvatore
Martinez introduce Karl Medearis, cristiano, Mounzer Fatfat e Samir Kreidie,
musulmani (rispettivamente dagli Stati Uniti, dal Libano e dall’Arabia
Saudita), ricordando che sono laici che rivestono posizioni importanti nei
Paesi in cui vivono, uomini che conoscono profondamente il Corano ma anche la
Bibbia e che lavorano, talvolta a rischio della vita, per creare presidi di dialogo
e di salvezza nel nome di Gesù.
Karl
Medearis, il primo a prendere la parola, racconta di essere nato in una
famiglia cristiana – il padre era un pastore carismatico – la cui chiesa
evangelica che era frequentata da suore e preti cattolici che pregavano con
loro. Sarà stato anche questo a formare in lui la consapevolezza che ciò che li
univa era l’amore per Gesù: «Gesù è colui che ci unisce, colui che chiama tutti
a seguirlo; colui che non ci chiama a cambiare religione ma ci chiama a cambiare
il nostro cuore. È il creatore di tutto e di tutti, è il sapiente re dell’universo e questo
universo include anche un miliardo e mezzo di musulmani». Karl
racconta di avere predicato in diverse moschee, di essere stato addirittura invitato
dalla rete televisiva Al Jazeera e di avere compreso, in queste occasioni, che
Gesù, e non ciò che gli costruiamo intorno in termini di tradizione o di
interpretazione, riassume tutto. Perché i musulmani amano e rispettano Gesù e
lo stesso i cristiani.
Mounzer Fatfat, coinvolto da Salvatore Martinez nel
board della Fondazione vaticana da lui presieduta, ha nel suo curriculm
collaborazioni impressionanti, che includono l’Unesco e le Nazioni Unite, impegni diplomatici e
persino una lunga consulenza al
presidente Geroge Bush. Èconvinto che per ridurre gli estremismi «la diplomazia
non funziona, la politica non funziona, le guerre e le uccisioni non servono e
neanche le religioni funzionano». Il comune denominatore è Gesù. Non è
frequente sentire dalla bocca di un musulmano queste parole: «Mi è stato insegnato
che non si può essere musulmani senza credere in Gesù. Io non trovo nessuna contraddizione
tra il seguire l’insegnamento di Gesù e quello del Corano… Seguendo lui io sono
diventato un musulmano migliore e questo è un fatto». Intensissimo il suo
tributo a Papa Francesco del cui lavoro per la pace si dice fiero.
Samir
Kreidie è un imprenditore di origine libanese che vive in Arabia Saudita.
Racconta di essere stato educato in una scuola evangelica dove ha studiato la
Bibbia, conosciuto Gesù e i suoi insegnamenti. Presto si rende conto che sta
studiando «gli stessi profeti, gli stessi Adamo ed Eva, lo stesso Mosè, lo
stesso Giovanni il Battista, la stessa Maria, lo stesso Gesù». E quando il suo
maestro musulmano gli dice che tutti cristiani, qualunque cosa facciano,
andranno all’inferno, sente un dolore profondo ma comincia la sua ricerca su
Gesù, al quale, dice, alla fine si consegna. «Gesù – spiega - è la spina
dorsale del Corano». Samir comincia a snocciolare i passi del Corano che
parlano di Gesù, fino a quello in cui si dice che Gesù è l’unico profeta che è
nato con un miracolo, è risorto per un miracolo e che non ha nessun peccato. «Sono
convintissimo – aggiunge - che il ponte che collegherà musulmani e cristiani sarà
Gesù: se il mondo musulmano esalterà Gesù nel modo che ci viene indicato nel
Corano e se il mondo cristiano seguirà Gesù nel mondo prescritto della Bibbia».
La
preghiera conclusiva è al tempo stesso un’invocazione di pace reciproca, una
richiesta di perdono, un impegno a sostenersi, ad amarsi, a diventare operatori
di pace.
Luciana
Leone