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«La
complessità, la bellezza di tutte le dinamiche carismatiche, comunitarie,
spirituali che continuano a investire la nostra fede» sono racchiuse nel
capitolo 16 degli Atti degli apostoli, che fa da sfondo alla relazione
conclusiva del presidente Salvatore Martinez. Nel testo analizzato «siamo
all’indomani del concilio di Gerusalemme: come noi riuniti in Assemblea, anche
gli apostoli erano riuniti per decidere. Sta per iniziare la missione di Paolo
e avviene con la divisione da Barnaba; capita che si dividano le strade ma non
si smette di essere fratelli perché lo Spirito “distingue” ma non “divide”».
L’inizio del ministero paolino segna l’avvio di un tempo nuovo, come accade per
quanti quest’anno hanno detto il loro sì nel nuovo quadriennio di
responsabilità nel Rinnovamento (2015-2018). Il Presidente RnS procede nel
parallelismo tra il capitolo degli Atti degli apostoli e la vita ministeriale
nel RnS dividendo il testo in cinque passaggi.
«Paolo
aggrega un giovane, Timoteo, lodandone la fede e chi gliel’ha trasmessa – la
madre, la nonna: attenzione alle paternità, a cosa generiamo –. In questa
comunità ci sono apostoli e anziani: gli apostoli sono coloro che sono
stati eletti, gli anziani quanti custodiscono una tradizione, essendo tra i
primi, pur non essendo stati eletti. Tra di noi abbiamo apostoli e anziani, in
una Chiesa che si va fortificando nella fede e che cresce nel numero»: la
formazione fortifica la fede, l’evangelizzazione la fa crescere.
La
missione di Paolo lo porta in Europa: lo Spirito, che aveva impedito due volte
di proclamare la Parola in Asia, lo spinge in una terra nuova. «Lo Spirito
Santo potrebbe impedire i nostri programmi iniziali ma non di evangelizzare;
bisogna avere la libertà di obbedire allo Spirito. Paolo comprende tutto ciò
nell’incontro personale con Dio: non può esserci vita spirituale senza
l’incontro personale con Dio».
Giunto
a Filippi, Paolo “va alla preghiera”, come diciamo anche noi quando ci portiamo
settimanalmente nei nostri Gruppi, e lì la Parola apre il cuore di una donna di
nome Lidia che, toccata dall’amore di Dio, dall’annuncio della Verità, mette a
disposizione tutto ciò che ha. «“Io mi prendo cura di te”: è quanto vogliono
fare i gruppi, i fratelli delle comunità nei cenacoli di preghiera, facendosi
canali dello Spirito. Cosa fa lo Spirito durante l’incontro di preghiera?
Apre il cuore».
Paolo,
cittadino romano, vive ingiustamente l’esperienza della prigionia e, nella
condizione di tristezza per la sua carcerazione, si mette a pregare. Qui «c’è
lo spazio del miracolo. Nella preghiera di uno c’è la visione, nella
preghiera di due c’è il miracolo, la “Pentecoste carceraria”» che libera i
corpi ma ancor di più libera le vite dei prigionieri che ascoltavano il canto
di lode di Paolo. Il primo segno della liberazione è la salvezza della vita del
carceriere che voleva uccidersi di spada. Come Saul che vedendosi perduto
mise fine alla propria vita, così il carceriere che vede spezzarsi le catene
cerca di suicidarsi ma Paolo lo salva. L’unico desiderio di quest’uomo salvato
è che la sua famiglia sia evangelizzata. «Il potere della liberazione inizia
con il fondamentale discernimento dei tempi che stiamo vivendo: Paolo giudica
il male, lo svergogna, subisce il carcere ma lo Spirito lo libera. Questo è il
dinamismo della missione, il combattimento dello Spirito che mi permette di
comprendere che “lo Spirito è sopra di me”».
In
queste dinamiche si riassume il senso profondo della preghiera comunitaria
carismatica ma anche il dinamismo dello Spirito: «I prigionieri siamo noi, gli
oppressi, i ciechi, i poveri: Paolo ne fa esperienza eppure egli è colui che
vede, che libera, che è ricco della grazia, che non si lascia opprimere dalla
prigione e dal male. Ecco il dinamismo dello Spirito, che lavora nella nostra
carne, la redime, la rende potente».
Cinque
sono le parole con le quali Martinez congeda l’Assemblea, “cinque A” per
sigillare il senso profondo del passo approfondito: abbandono, animazione,
adorazione, annuncio, azione. Cinque parole come le dita di una mano.
«L’abbandono
come il dito pollice della mano destra è l’atteggiamento
del cuore: abbandonati, arresi, fiduciosi che lo Spirito compirà il suo lavoro
in noi, che l’elezione è un piano di Dio. È la condizione spirituale personale:
l’abbandono non si fa nel gruppo, è quello che solo Dio sa e vede».
La
seconda parola, come l'indice della mano, è animazione, che non è il
canto ma la vita. Sono le anime, l’intelligenza, l’affettività, il nostro
corpo, la volontà, le opere, tutto ciò che fa l’animazione dello Spirito in noi
e attraverso di noi, quello che noi siamo per grazia. La parola “animazione” va
riabilitata, nobilitata: non è il ministero ma tutta la condizione della
missionarietà carismatica».
La
terza parola, come il dito medio, il più alto, è la consegna più
elevata del del Papa al RnS : «“Tutto sulla base dell’adorazione”: il
piano profetico che mai deve mancare, cosa lo Spirito suggerisce alle Chiese
oggi, cosa noi comprendiamo della missione a partire dalla visione. È un grande
sforzo di ascolto, di attesa, di condivisione». Come nelle cinque dita,
l’adorazione «è il punto più alto della nostra mano, è il rapporto in cui tutta
la comunità si pone alla presenza di Dio, stando in piedi, vigili come le
sentinelle. L’adorazione è tutto l’uomo che sta avanti a Dio per rispondere a
Dio».
Quarta
parola, come l'anulare, è l’annuncio, «che chiamiamo evangelizzazione
e deve avere un impatto più grande del semplice esercizio della parola. È la
formazione, l’accompagnamento, le dinamiche di vita comunitaria che dobbiamo
continuamente rinnovare, ribadire. L’annuncio non è soltanto il kerigma: ha un
cuore sociale, come ci dice il Papa; c’è la dimensione della cultura di
Pentecoste, la lettura sapienziale della storia, della realtà». Per annunciare
occorre «conoscere, studiare, migliorarsi».
La
quinta parola è azione, che deve essere avventurosa perché «carismatica:
la fiducia in Dio va messa in gioco quotidianamente nella carità, nella nostra
feconda incarnazione. L’azione è ciò che ci costituisce in movimento, che
dà corpo ad un programma, sono le attività che il Signore ci dona come opere
missionarie», come quelle presentate nel corso dell’Assemblea per questo Anno
giubilare a cui il RnS tutto è chiamato a rispondere con la vita di tutti i
suoi membri.
Elsa
De Simone