La
preghiera come stile di vita, la preghiera come punto di incontro tra Dio e
l’uomo, tra il Creatore e la sua creatura: da quell’acqua che zampilla e
rinnova ogni cosa, donando lo Spirito di verità che fa gridare “Abbà Padre”,
prende le mosse la relazione di mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi-Nocera
Umbra-Gualdo Tadino, che interviene sul tema “Lo Spirito grida nei nostri
cuori: Abbà! Padre!” (Gal 4, 6b) - “La preghiera come stile di vita”.
Un
dialogo, quello tra Dio e l’uomo, che mons. Sorrentino percorre attraverso riferimenti
biblici, in un continuum che conduce
«fin nel profondo del pozzo, fin nel profondo del mistero di Dio», come ha
commentato il consigliere spirituale nazionale don Guido Maria Pietrogrande al
termine della relazione. Il pozzo dell’episodio della Samaritana (cf Gv 4,
1-26) «diventa, nel dialogo tra Gesù e la donna, il pozzo senza fondo della
vita trinitaria – le parole del Vescovo – e la donna andata per attingere acqua
è chiamata a tuffarsi in quel pozzo da cui scaturisce acqua viva». La preghiera
ci travolge, è qualcosa che viene da Dio e torna a Dio in quel dialogo che è
«modulazione del rapporto tra l’uomo e il suo Signore, tra l’uomo bisognoso e
il Dio misericordioso che gli sta di fronte. Nell’uomo questo dialogo assume
diverse coloriture: adorazione, lode, richiesta, intercessione». Ma prima di
tutto questo, prima ancora che l’uomo parli a Dio, è Dio che «comincia a
ricercare la sua creatura – “Adamo, dove sei?” – che ha desiderio dell’uomo,
che lo ama per primo».
Prendere
coscienza dell’amore di Dio è un passaggio necessario: «Se non lo comprendo non
sono in grado di amare come Lui, se non comprendo che Dio mi ha amato fino a
morire non posso “morire” per amore. La preghiera parte sempre dal sentirsi
cercato, dalla sete di Dio e dall’amore di Dio. Da qui, poi, prende le mosse
l’impegno etico dell’uomo: devo amare, devo essere un uomo che vive di amore». Pregare
in Dio, pregare nel Figlio, in questa “coabitazione” che è la
“circumincessione” delle tre Persone Trinitarie, è la caratteristica del
cristiano che «non prega un Dio ma prega in Dio», e lo Spirito è il dono che
«rende figli adottivi e dona la facoltà di gridare “Abbà, Padre”».
Il
Figlio, Parola eterna del Padre, è Colui il quale ci introduce in una
dimensione dinamica della preghiera, in un movimento ascendente e discendente:
«Tutta la parola di Dio è anche preghiera, che parte sempre da ciò che Dio
dice, in tutte le sue espressioni nel farsi vicino all’uomo. La Parola ispirata
non è solo quella creatrice ma quella che il Signore dà inserendosi nella
storia. La preghiera è sempre un’eco: la parola di Dio letta con una conoscenza
ben introdotta e in comunione con la Chiesa, ci aiuta a pregare Dio come egli
stesso vuole essere pregato». Lo Spirito Santo viene in soccorso dell’uomo, e
la preghiera nello Spirito è azione di Dio che plasma il cuore dell’uomo,
attraverso le tre missioni dello Spirito: aprire l’animo dell’uomo alla verità,
muoversi sul versante dell’amore attraverso l’unità e la comunione, rinnovare
la faccia della terra (cf Sal 104, 30).
La
preghiera come vita, allora, diventa il passaggio ineludibile per approdare
alla vita di preghiera: «Dio va inspirato ed espirato, occorre riempirsi di Dio
per donarlo. Se il respiro fisico, per sua natura, è una funzione continua del
nostro organismo, altrettanto vale per il respiro dell’anima». E quando la vita
diviene essa stessa preghiera? Mons. Sorrentino racconta un aneddoto sul
processo di beatificazione di san Giovanni Bosco. A chi considerava
l’inarrestabile attivismo pastorale di don Bosco, «Pio XII confutò l’obiezione
con una domanda: “Ma don Bosco quando non pregava?”, dimostrando che si può
essere indaffarati in molte cose, dedicandosi alla costruzione del Regno senza
perdere il raccoglimento, facendo diventare le cose stesse preghiera». Questo
esempio è stato rafforzato, nelle parole conclusive della relazione, da una
citazione di mons. Sorrentino alle parole del presidente Martinez: «Occorre
sfatare un luogo comune che vuole i carismatici disimpegnati... La vita
carismatica è sempre preludio per la missione, i carismi sono mezzi attraverso
cui si manifesta l’amore del Cristo Risorto, mezzi che ci permettono di rendere
testimonianza efficace della sua presenza viva nella Chiesa e nel mondo».
Elsa De Simone