«Non ti sei fatto attendere Gesù. Grazie
perché ci hai fatto capire che la tua sete è la nostra. Tu ci dici: “venite a
me voi tutti che siete affaticati, oppressi, ammalati, vessati”»: così
Salvatore Martinez ha introdotto il tempo di adorazione della 38ª Convocazione
nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo. Dopo le parole intense di madre
Veronica Berzosa durante l’esposizione del Santissimo Sacramento, è stato il
Comitato nazionale di servizio a guidare il Roveto ardente di intercessione per
i sofferenti, un tempo di ascolto di quanto il Signore dice agli uomini nel
profondo del cuore ma, anche, un tempo in cui «dare voce a quanti non ne hanno
– ha proseguito il Presidente RnS –, a quanti non si ritengono degni di
pronunciare il nome di Gesù, ma anche a quanti hanno dimenticato il suo Nome,
lo hanno offeso, hanno preferito idoli che avvelenano».
“Mi affido a te Gesù, alla tua fedeltà,
tu sei il sole che rischiara le mie tenebre” le parole del canto che si innalza
dagli spalti dell’Olimpico, un canto dolce che si tramuta in lode e canto in
lingue che sale a Dio. La Parola proclamata – «Venuta la sera, la barca era in
mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare,
poiché avevano il vento contrario, già verso l’ultima parte della notte andò
verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo
camminare sul mare, pensarono: “È un fantasma», e cominciarono a gridare,
perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse
loro la parola e disse: “Coraggio, sono io, non temete”. Quindi salì loro sulla
barca e il vento cessò» (Mt 6, 47-51) – manifesta la potenza salvifica di Gesù,
che «placa la tempesta della tua vita – prosegue Martinez –. “Coraggio, sono
io!” dice al suo popolo, a chi è nella prova, a chi si avvicina a lui per la
prima volta. Bisogna consegnare a Dio il proprio peccato, che è causa di
tempesta, perché cadano le squame che ricoprono i nostri occhi e che non ci
permettono di vedere il nostro Signore Gesù».
È la dolcezza di Dio che disarma, è la
sua tenerezza di Padre che parla anche ai cuori più induriti e dice loro «fammi
salire sulla barca della tua vita e il vento, la tempesta, finiranno». Ancora è
il canto in lingue a farsi segno dei cuori che si aprono, che si preparano ad
accogliere Gesù. «Non dire non sono pronto, non dire non ho spazio. Grazie
Signore perché visiti i cuori spaventati dal male, grazie per quello che stai
cominciando a fare: nulla più della gratitudine, dell’umiltà, nulla più del tuo
amore placa la nostra sete di te».
La Parola della moltiplicazione dei pani
e dei pesci (cf Lc 9, 10-17) è profezia della presenza di Gesù nel luogo della
Convocazione stessa, nel centro dello Stadio Olimpico e tra gli spalti: «Come
gli uomini del Vangelo – ha indicato Martinez – anche noi siamo seduti a gruppi
e non abbiamo nulla: questa folla ha sete e fame di te. Noi possiamo solo
distribuire il tuo pane, moltiplicalo tu Signore. Guarda alle nostre famiglie,
alle nostre comunità, siamo poveri. Tu entri nelle case in cui c’è il pane di
divisione, entri nelle case in cui manca il pane di amore, di pace, di gioia. Questo
è il cibo di cui abbiamo bisogno». La salvezza è di Gesù, salvezza dell’Uomo
dei dolori, che ha compassione perché egli stesso “si è fatto dolore”:
«Fermati, uomo di Galilea, che passi beneficando quanti sono associati al
mistero della tua sofferenza redentrice».
«Applaudiamo a lui, il Signore dei
signori, acclamiamo a Cristo Re e Signore dell’universo! Gesù è vivo!» sono le
parole di gioia di Marcella Reni, membro di Comitato nazionale, ma anche la
gioia che esplode in un fragoroso applauso di tutti i presenti all’Olimpico. «Benediciamo
Gesù e accogliamo la sua benedizione – ha proclamato in conclusione il
coordinatore nazionale Mario Landi –. La benedizione sia il regno di Dio che avanza
nella storia e non si ferma più, che procede con i nostri passi di danza e di
speranza nel mondo».
Elsa
De Simone