«Signore, darò libero sfogo al mio cuore
assetato. Tu mi hai dato lo slancio di volare fino a Te con ali di colomba e io
cado arresa come una cerva assetata»: la sete di Dio è al centro delle parole
di madre Veronica Berzosa, che ha introdotto l’esposizione del Santissimo
Sacramento. “È Dio che devi adorare, il Signore dei signori” (cf Ap 19, 10.16) è
il tema da cui è partito questo profondo tempo di adorazione, in cui la
Fondatrice dell’Istituto “Iesu Communio” ha parlato al cuore di Dio, partendo
dal cuore degli uomini.
Ogni giorno l’uomo prova a soddisfare la
sua sete, che spesso però scaturisce da falsi bisogni. Bisogni apparenti ritenuti
necessari ma che, invece, non placano in alcun modo il vuoto dell’essere umano.
«L’uomo continua a essere assetato in una ricerca senza fine, perché anche se
dissimulata la sete del Creatore è sempre insita». E che vita vuota e disperata
sarebbe se non ci fosse questa sete, se non ci fosse un orizzonte di salvezza,
se non ci fosse la speranza di abbeverarsi alla fonte della vita. «La sete non
è castigo di Dio ma dono di Dio! L’uomo non può prescindere da te, Signore: ci
doni la sete e ti offri a noi come fonte di grazia». E il più grande inganno è
non riconoscere che questo anelito di vita, questa sete, questa spinta
propulsiva che ci porta alla ricerca, è la sete che sola viene da Dio e solo da
lui può essere dissetata.
«Nella tua persona mi hai fatto
comprendere l’urgenza di te. Io ho sete di te e sono sete di te, perché in te
si compie ciò che sono». Il Signore della vita entra nel mondo prendendo le
nostre fattezze umane, somigliando in tutto all’uomo fuorché nel peccato,
chiedendo anch’egli da bere sulla croce, racchiudendo in questo gesto tutte le
paure, i limiti, le debolezze, la tentazione che sono nell’uomo. «A cosa
sarebbe servita la tua solidarietà se alla fine l’uomo non avesse avuto un
pozzo da cui attingere acqua per dissetare la sua sete? Nella tua umanità
assetata ci hai mostrato la volontà del Padre: che nessuno si perda», perché
all’anelito alla pienezza insito nell’uomo corrisponde l’anelito di Dio di
colmare questo vuoto. La sete del Padre è conseguenza della sovrabbondanza del
suo amore, che viene da Colui che ama e ha compassione dell’uomo. Compassione
come nell’episodio della Samaritana (cf Gv 4, 3-8), in cui Gesù offre in dono
lo Spirito Santo che ha fatto della sua carne il principio di un nuovo modo di
essere e di vivere. «Signore, dammi questa acqua in modo da configurarmi a te e
alla tua sete, forgia in me un cuore nuovo. Le braccia di Gesù sono aperte, lui
vuole la tua vita per farti dono della sua. Liberati della tua vita per fare
spazio alla sua!». E anche se la risposta umana è “poca cosa” rispetto
all’immensità di Dio, egli ci ama per ciò che siamo: «conosco la sproporzione
fra il tuo dono e la mia risposta, però so anche che alla nostra fragilità,
alla nostra povertà hai affidato il compito di mostrare la tua bontà e la tua
bellezza, come l’umile e pallida luna riflette la luce splendente del sole
nell’oscurità della notte... Signore, prendi su di te la nostra fragilità e la
nostra debolezza e fa’ di noi un’esistenza oblativa, una vita offerta», in cui
«ogni momento della vita sia per noi tempo di grazia e docilità al tuo Spirito...
Signore, rendici memori e consapevoli e fa sì che non dimentichiamo mai la
nostra sete».
Elsa
De Simone