Pubblichiamo l'intervento integrale tenuto dal Presidente Nazionale Salvatore Martinez la mattina di sabato 7 febbraio all'interno dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (Roma, 5-7 febbraio 2015) dedicata al tema "Incontrare Dio nel cuore della città". Nella sessione sulla "missione cittadina", a Martinez è stato chiesto di riferire in merito all'esperienza di Dieci Piazze per Dieci Comandamenti, il grande progetto di evangelizzazione realizzato in 11 città metropolitane tra settembre 2012 e ottobre 2014. L'iniziativa che ha "aperto" la piazza come nuovo scenario di evangelizzazione e di incontro attorno ai valori fondamentali del Decalogo è stata presentata come un modello di nuova evangelizzazione e di "pastorale urbana" iniziata dal RnS alla vigilia dell'Anno della Fede e che ha raggiunto oltre 100mila persone.
10 Piazze per 10
Comandamenti. "Quando l'Amore dà senso alla Tua vita..."
dott. Salvatore
Martinez
Presidente del
Rinnovamento nello Spirito Santo
L'idea
Il Rinnovamento nello Spirito Santo, alla
vigilia dell'Anno della Fede e del Sinodo speciale sulla Nuova
Evangelizzazione, indetti da Papa Benedetto XVI, ha organizzato un evento
nazionale denominato "10 Piazze per 10 Comandamenti". Titolo
generale del Progetto, che ha fatto da sfondo al racconto di ogni singolo
comandamento, è stato: "Quando l'Amore dà senso alla Tua vita...". Perché
Dio è amore e il Decalogo è il modus essendi della Trinità.
"10 Piazze per 10 Comandamenti". È stata una
rilettura inedita del Decalogo. Una straordinaria "carovana dello Spirito",
fatta di uomini dalla passione viva per Dio e per l'uomo, che ha attraversato
l'Italia dal settembre 2012 all'ottobre 2013, dando vita ad un'opera di
evangelizzazione mai prima tentata in precedenza in questa imponente forma
pubblica.
Abbiamo voluto ridire la legge di
Dio-amore agli uomini, proponendo significati antichi e attualizzazioni
nuove dei Dieci Comandamenti. Il Decalogo è stato offerto oltre il puro
significato letterale dei testi per avvicinarlo agli uomini del nostro tempo,
ai loro problemi e alle loro legittime attese di credenti e di non credenti.
Perché le "Dieci Parole" sono legge universale d'amore, di un amore eternamente
dato ad ogni uomo e da ogni uomo, ogni giorno, da esperimentare in modo nuovo.
Siamo andati nelle undici principali
piazze d'Italia non per "protestare", ma per "proporre" un nuovo modo di essere
uomini in omaggio all'originalità della nostra laicità cristiana di cui spesso,
in modo incomprensibile, troppi si vergognano fino ad avere paura di ridire la
novità di Cristo fatto uomo, di Cristo capostipite del vero umanesimo, di una
vita pienamente umana e umanizzante.
Abbiamo voluto abitare il cuore delle
nostre città metropolitane per vincere una falsa idea di laicità che
vorrebbe che si "desse a Cesare" anche "quel che è di Dio" e a Dio solo
disonore e disprezzo.
Siamo "usciti" dai nostri schemi, dai
nostri luoghi abituali, dalle nostre consuete modalità espressive e abbiamo
individuato un format, una "piattaforma di discernimento" con cui
riaffermare in modo chiaro e comprensibile a tutti il primato di Dio e
dell'umano, di una vita umanizzata e umanizzante che non può essere aliena dai
valori dello Spirito.
La rilettura del Decalogo è stata una
straordinaria azione profetica, dal contenuto altamente profetico, in un tempo
in cui la fede sembra oscurata dalla presunzione umana di considerare Dio
lontano, assente, il grande escluso; al meglio un Dio da rendere presente con
un "vitello d'oro", surrogato dei desideri sfrenati dell'uomo. Dio va, invece,
reincluso nell'orizzonte umano: Egli non è il limite della libertà umana.
A tal proposito, già il cardinale Joseph
Ratzinger, nel suo intervento al Giubileo dei Catechisti nell'Anno Santo del
2000, affermava: "La vita umana non si realizza da sé... La domanda
fondamentale di ogni uomo è:... Come si impara l'arte di vivere?... Evangelizzare
vuol dire: mostrare questa strada, insegnare l'arte di vivere» (10 dicembre
2000).
Un'arte che il mondo sta smarrendo,
soprattutto le nuove generazioni, e che noi abbiamo il dovere di indicare con
coraggio e con gioia. La gente chiede orientamento. Vuole un nuovo
"sistema segnaletico" per orientarsi nei labirinti di una vita sempre più moderna
e sempre meno umana e divina.
Questo nostro mondo complesso e
disordinato sta vivendo una grande tragedia che è sottesa alla cosiddetta emergenza
educativa: la separazione dell'etica dallo spirituale. Ne consegue il
cambiamento della visione del reale, della percezione delle relazioni, con il
risultato che si perde la tensione verso le virtù, si smarrisce la passione per
il bene comune, per il senso del dovere e del sacrificio.
I Dieci comandamenti sono precetti di
"legge naturale"; sono legge positiva, scritta nel cuore dell'uomo. Una legge
interiore che indica l'adesione dell'animo umano verso il bene, in quanto vero
bene, e il rifiuto del male in quanto male. I Comandamenti sono indicatori di
vera socialità, il "codice etico" imprescindibile delle nostre società, il
principale fondamento morale di tutte le legislazioni democratiche vigenti. È
bene sottolineare che molti di questi Comandamenti, se violati, sono dei reati
contro il codice civile e penale ancor prima che peccati!
Non si può costruire una comunità umana
più giusta per tutti senza un disegno naturale e soprannaturale della società
in cui viviamo, senza una visione chiara, integrale e trascendente dell'uomo e
dei suoi molteplici rapporti.
I Comandamenti ricordano all'uomo,
religioso o ateo che sia, chi è e cosa è bene che egli sia. Ora l'uomo che vive
la prossimità con gli altri uomini è l'uomo che vive a partire dalla sua
interiorità. Solo dall'adesione interiore, profonda, dell'intimo dell'uomo con
ciò che di vero, di bello, di giusto, di buono è nella storia, le nostre azioni
potranno produrre beni duraturi e vero progresso.
Abbiamo tentato una nuova formulazione dei
Dieci Comandamenti riconducendoli a un livello più personale, così da
presentarli come esigenze spontaneamente emergenti dall'animo umano, in ordine
a una vita dignitosa e serena, invece che come regole, addirittura divieti
imposti dall'esterno.
I verbi ebraici con cui sono coniugati i
Dieci Comandamenti, nel testo biblico, non sono degli imperativi, ma dei verbi
al futuro. Si coniugano al futuro e però devono declinarsi al presente, nel
tempo della nostra vita, perché con essi entriamo nella realtà di Dio, "nel
realismo della fede".
Haim Baharier, un celebre pensatore
ebraico, ha affermato che "leggere il Decalogo come una lapide di
imperativi è l'errore di chi teme di cimentarsi con il pensiero, di chi col
pensiero ha paura di scottarsi".
Noi abbiamo accettato la sfida: dare
cittadinanza a livello culturale, educativo, sociale, politico ad una nuova
dimensione interiore, spirituale dell'uomo a partire dai Dieci Comandamenti.
Abbiamo avvertito l'urgenza di proporre una nuova sintassi dell'amore che
andasse al cuore di tutte le crisi vigenti. La crisi che il mondo soffre è
spirituale e imprigiona l'uomo, rendendolo indifferente verso Dio; un uomo
fiero della propria autonomia fino all'idolatria di se stesso, sempre più
schiavo degli idoli o di surrogati di spiritualità.
Il Papa emerito Benedetto XVI, nel suo
Video messaggio registrato ad hoc a sostegno del Progetto
"Dieci Piazze per Dieci Comandamenti" e trasmesso nelle prime tre piazze di
Roma, Napoli e Verona, affermava: "Quando nella sua esistenza l'uomo
ignora i Comandamenti, non solo si aliena da Dio e abbandona l'alleanza con
Lui, ma si allontana anche dalla vita e dalla felicità duratura. L'uomo
lasciato a se stesso, indifferente verso Dio, fiero della propria autonomia
assoluta, finisce per seguire gli idoli dell'egoismo, del potere, del dominio,
inquinando i rapporti con se stesso e con gli altri e percorrendo sentieri non
di vita, ma di morte".
Il cristianesimo, in Gesù Cristo, ha
portato a pienezza, a perfezionamento la via dell'amore per Dio e per gli
uomini indicata dai Dieci Comandamenti. Gesù ha dilatato il comandamento
dell'amore sino all'estremo dei nemici e dei persecutori, sino alla santità e
al martirio della vita. Ha fatto dell'amore un "sì" pieno, un "sì" che vince
ogni "no", ogni opposizione alla misericordia, alla giustizia, alla promozione
umana, in special modo degli ultimi, dei piccoli, dei poveri.
È stato soprattutto questo il pensiero
espresso da Papa Francesco nel suo Video messaggio registrato a supporto
dell'Iniziativa, la prima video registrazione del suo Pontificato, trasmessa in
otto Piazze d'Italia. Così si esprimeva Papa Bergoglio: «I Dieci
Comandamenti sono un dono di Dio... vengono... da un Dio che ha stretto un'alleanza
con l'umanità... Diamo fiducia a Dio! Fidiamoci di Lui!... Lasciamoci guidare da
queste Dieci Parole che illuminano e orientano chi cerca pace, giustizia e
dignità. I Dieci Comandamenti indicano una strada di libertà».
Pertanto, nella prospettiva cristiana
dell'amore, quel "non" che regge 8 dei 10 comandamenti è diventato un "si", un
"fare", un compiere il bene più che un astenersi dal compiere il male.
Tre esempi per rendere il senso di questa
ermeneutica dei Comandamenti che è stata proposta nelle Piazze.
Il "Non ucciderai", a
Palermo, guardando all'aborto e all'eutanasia, alle discriminazioni razziali e
alle disabilità, alle guerre, alla mafie e agli integralismi religiosi, è
diventato un grande inno alla vita, dal concepimento al compimento, un "sì" in
tutte le sue articolazioni sociali ed economiche, perché non sia "uccisa" la
speranza legittima di ogni uomo ad una vita buona e piena.
Il "Non commetterai atti impuri",
a Bari, non ha messo solo in guardia dalla prassi sempre più diffusa
dell'adulterio o dell'uso impuro del corpo, ma si è esteso alla denuncia di
quelle prassi che degenerano spesso in vere piaghe sociali, quali la
prostituzione, la pedofilia, il femminicidio, la tratta delle persone,
l'affamare i corpi degli ultimi del mondo.
Il "Non ruberai", a Genova, è
stato visto non solo come sottrazione di beni materiali inflitta ai danni
dell'uomo, ma come privazione del suo tempo, della sua dignità, del suo futuro.
In positivo, è stata l'esaltazione del dare sull'avere, del dono sul possesso,
della solidarietà e della generosità di tanta gente che fa ancora grandi le
nostre comunità nel tempo della crisi.
Il progetto
Sono state scelte le undici città più
popolose e importanti Città d'Italia e a ognuna di queste è stato associato uno
dei Comandamenti. Undici perché il primo Comandamento è stato diviso in due
parti, così da fare dell'espressione "Io sono il Signore Tuo Dio",
a Roma, prima piazza, una sorta di prologo dell'intero Progetto. Nella cornice
di 11 meravigliose piazze, sempre piene di gente oltre ogni nostra aspettativa,
sono convenute in tutto oltre centomila persone. Moltissime altre hanno potuto
seguire le 11 serate grazie alle dirette televisive e in streaming web.
"10 Piazze per 10 Comandamenti" è stato un grande
evento di popolo in cui Chiesa, Stato e Società civile hanno dialogato
pubblicamente, come raramente accade, nelle Piazze simbolo della nostra storia
italiana: arcivescovi e sindaci, giornalisti e filosofi, economisti e giuristi,
attori e letterati, poeti e musicisti, sociologi e psicologi, scienziati e
imprenditori, sportivi e opinion leader, circa 100 personaggi in tutto, in una
cornice di pubblico davvero sempre attenta, silenziosa, motivata all'ascolto.
Sembrava impossibile poter coinvolgere
nell'organizzazione e nella realizzazione del Progetto già gli undici Sindaci e
gli undici Arcivescovi delle Città, invitandoli ad esporsi insieme a noi, in
pubblico, e ad offrire prima degli altri protagonisti della serata il loro
commento al Comandamento. Operazione per nulla scontata se si considera
l'estrazione culturale di molti di questi sindaci, la ritrosia a trattare
apertamente di temi religiosi dinanzi ai propri concittadini e i rapporti
interpersonali e istituzionali tra sindaci ed ecclesiastici spesso molto tesi.
Assieme alle possibili attualizzazioni del
comandamento offerte dai personaggi famosi intervenuti, nel corso di ogni
serata si sono alternate testimonianze di persone comuni che hanno raccontato
come il comandamento abbia incrociato la loro vita e come sia stato possibile
farne un'esperienza di salvezza. E poi musiche e danze di vari generi, mimi e
teatro popolare, letture di brani della letteratura universale ispirate ai
singoli comandamenti hanno puntellato lo sviluppo di ogni comandamento.
Nel corso delle 3 ore in cui si articolava
ogni serata abbiamo incontrato e fatto incontrare tanti uomini e donne di buona
volontà che hanno ritrovato il gusto per le parole fondamentali della nostra
fede, rappresentate nei modi più diversi.
L'entusiasmo della gente quando veniva
trasmesso il video del Papa, così come quando un personaggio famoso
rompeva gli indugi e si poneva a difesa del comandamento, specie di quelli più
scomodi secondo il giudizio corrente; la soddisfazione di tutte le istituzioni
coinvolte, le novità registrate negli ambienti più ostili, le molte conversioni
e riconciliazioni che abbiamo registrato, ci dicono che la "nuova evangelizzazione"
è possibile oltre ogni nostra immaginazione se ci lasciamo usare dallo Spirito
di Dio senza porre limiti al suo lavoro.
In ogni piazza, a conclusione delle
serate, nella suggestiva cornice di un flambeau, veniva pronunciato
un Atto di affidamento ai santi e beati della città o regione che ospitavano il
Progetto. Una intensa preghiera, il cui testo era costruito con gli scritti
lasciatici dagli stessi santi e beati. La città veniva così posta sotto una
intercessione e una protezione potente, mentre tutti i presenti si impegnavano
ad essere «luce del mondo» (cf Mt 5, 14), secondo l'invito di Gesù,
decidendo di tenere sempre accesa le verità contenute nel comandamento e
risuonate nel corso della serata.
Il Progetto "10 Piazze per 10
Comandamenti: Quando l'Amore dà senso alla Tua vita..." ha dato vita
anche a un concorso scolastico nazionale, con un apposito Bando autorizzato e
diffuso dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca nelle 11 Regioni
scolastiche coinvolte nel Progetto. Sono stati invitati a partecipare, con
elaborati inediti su un Comandamento (a scelta), tutti gli studenti delle
Scuole di ogni ordine e grado. I vincitori, nelle varie categorie previste,
hanno ricevuto premi a conclusione delle serate legate al comandamento. In
questo modo abbiamo potuto bypassare molte resistenze e avversioni legislative
che impediscono iniziative di evangelizzazione nelle scuole, in nome della
laicità delle istituzioni, avvicinando migliaia di ragazzi allo Spirito Santo
che li ha resi protagonisti di splendide creazioni artistiche.
Ogni città che ospitava il Progetto, nella
settimana immediatamente precedente alla serata, su indicazione
dell'Arcivescovo del luogo, si mobilitava con tutti gli uffici pastorali, le
associazioni e i movimenti per proporre momenti di preparazione spirituale e
serate di adorazione a sostegno spirituale dell'Iniziativa. La stretta
collaborazione con la Chiesa locale è stato un importante segno di comunione
spirituale e di condivisione, che ha favorito la nascita di nuove amicizie e di
nuove collaborazioni.
A conclusione del Progetto, nell'ultima
piazza di Firenze, abbiamo voluto consegnare al Paese il Manifesto
finale "10 Piazze per 10 Comandamenti". Un Manifesto composto da 11
Appelli pubblici che hanno tratto spunto dalle domande e dalle attese della
gente che abbiamo incontrato nel nostro cammino.
Attraverso questo Manifesto finale abbiamo
chiesto a tutte le persone di buona volontà che sono nelle Associazioni di
Categoria, negli Ordini Professionali, nelle Testate Giornalistiche, negli Enti
del Terzo Settore, nella Cooperazione Sociale e nel Volontariato, nei Movimenti
Ecclesiali, nelle Associazioni di ispirazione cristiana, nelle Istituzioni
civili e politiche, di aderire attraverso la sottoscrizione e la diffusione del
Manifesto e degli Appelli in esso contenuti, per rinnovare l'impegno personale
ad instaurare un tempo nuovo, una nuova umanità più fraterna e solidale.
Ad ogni Comandamento, dunque, abbiamo
fatto corrispondere un Appello specifico: il I comandamento si
appellava ai credenti e agli operatori del mondo della cultura; il II ai
sacerdoti; il III agli operatori sociali e del mondo del lavoro; il IV alle
famiglie; il V agli operatori sanitari; il VI ai giovani; il VII agli operatori
del mondo economico-finanziario; l'VIII agli operatori del mondo della
giustizia; il IX agli operatori del mondo della comunicazione; il X agli
amministratori pubblici.
In conclusione, vorrei ricordare quanto ha
recentemente affermato Papa Francesco rivolgendosi ai partecipanti al Congresso
Internazionale della Pastorale delle grandi Città: «Oggi non
siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati.
Abbiamo pertanto bisogno di un cambio di mentalità pastorale, non di una
pastorale relativista che... perde l'orizzonte evangelico, lasciando l'uomo
affidato a se stesso, emancipato dalla mano di Dio... Chi fa così non ha vero
interesse per l'uomo, ma lo lascia in balia di due pericoli ugualmente gravi:
gli nasconde Gesù e la verità sull'uomo stesso» (Sala del Concistoro, 27
novembre 2014).
Il Progetto "10 Piazze per 10
Comandamenti. Quando l'Amore dà senso alla Tua vita..." è stato un
esaudimento di quella "conversione pastorale", di quella "pastorale
in uscita missionaria" costantemente invocate dal Pontefice.
Gesù ci insegna che «è la verità
che ci rende liberi» (cf Gv 8, 32). E di notte, a un maestro che si
chiamava Nicodemo e che aveva tante domande di senso nel cuore, Gesù dirà: «Bisogna
fare la verità, perché venga in luce ciò che viene da Dio, che viene dallo
Spirito, e ciò che viene dall'uomo, dalla carne» (cf Gv 3, 1-13).
Anche noi, quando era calata la notte, di
città in città, abbiamo voluto dare risposte di senso alla nostra umanità
smarrita attraverso la testimonianza della verità, mediante il racconto di
tante verità nascoste o sottaciute, rendendo così visibile gli ideali cristiani
della compassione, della fraternità, della corresponsabilità sociale e civile.
Riteniamo profondamente vere le parole di
Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica "Evangelii Gaudium": «È
necessario raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell'anima
delle città... La Chiesa è chiamata a porsi al servizio di un dialogo difficile»
(EG, 74).
Questo dialogo, sì difficile, ma possibile
e fecondo, noi abbiamo voluto avviare e stiamo tenendo in vita, perché il
Vangelo dell'Amore che salva sia ancora la grande notizia da gridare
pubblicamente, il bene primo e ultimo che vogliamo assicurare alla nostra vita
e al futuro dei nostri figli.