"La pace sia nel tuo cuore:
fermati e contempla Dio perché in te sia la pace. Non agitare la mente e il
cuore! Tutto ciò che vivi lo vivrai nella pace, questo è il senso della mia
presenza in mezzo a te". Una Parola forte risveglia l'assemblea durante la
Preghiera comunitaria carismatica, che dice a tutti e a ciascuno di passare
alla luce e alla pace che viene dal Signore, Maestà e autorità divina. Dal
trono del Signore, la parola "pace" entra nelle relazioni, ci fa uomini e donne
nuovi: «Lui, infatti, è la nostra
pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di
separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell'inimicizia» (Ef 2,
14): adesso possiamo guardare ciascuno negli occhi, Gerico è caduta, il muro di
inimicizia e di separazione è caduto, vogliamo intercettare lo sguardo di Dio,
che a ciascuno dice: «Sono con voi tutti i giorni della vostra vita».
Una Celebrazione eucaristica in
cui «la Parola di Dio si rivela viva, efficace, tagliente - commenta
nell'omelia mons. Galantino -. Una Parola capace di inserirsi nelle
pieghe della nostra storia per indicare l'unica direzione seria che il Signore
vuole dare alla vita di un Movimento, della Chiesa dell'umanità».
Il Vangelo di Marco nelle Letture del giorno rimanda
ai temi contenuti nella Lectio divina
del segretario della Cei tenuta durante la mattina: la vita di ognuno è
sottoposta alle ambiguità, alle fragilità, al conflitto, alle contraddizioni,
ma è proprio di fonte a queste realtà che «dimostriamo di che pasta siamo
fatti; se crediamo nel Signore e preghiamo, i conflitti diventano delle
opportunità», afferma Galantino.
Messaggio centrale dell'omelia è che «i conflitti vanno
affrontati evangelicamente», proprio sull'esempio di Gesù. Come si comporta
Gesù di fronte al conflitto? Il Vangelo di Marco offre alcuni esempi. Gesù
guarisce un paralitico considerato un peccatore e, prima di offrirgli
guarigione, perdona i suoi peccati, provocando lo scandalo della comunità; nel
brano odierno Gesù siede a tavola con i peccatori, non teme di chiamare Levi,
il pubblicano, in casa sua. Il Vescovo spiega come l'interpretazione più
diffusa di questo passo porti a pensare che Gesù abbia condotto i pubblicani e
i peccatori proprio a "casa sua", nel luogo dove si ritrovava con i discepoli. Uno
scandalo per la comunità giudaica, per i quali portare un peccatore in casa
propria significava renderla impura, autoescludendosi dall'attività religiosa e
quindi pubblica. È "spiazzante" l'atteggiamento di Gesù per mons. Galantino
perché si riconosce nell'andare «oltre
e contro il modo comune di pensare».
Questo produce sconcerto tra quei cristiani che provenivano dal giudaismo,
all'epoca in conflitto con i cristiani convertiti dal paganesimo. «Si tratta di una
questione che va al di là della frequentazione di luoghi - commenta il Vescovo
-, ma l'evangelista Marco vuole segnalare un problema alla sua comunità (e oggi
alle nostre) che è quello della tentazione di sentirsi migliori degli altri». Il Segretario della
Cei parla di una conflittualità esistente nelle nostre comunità che va
riconosciuta e affrontata alla maniera di Gesù che invita i peccatori a
mangiare in casa propria, a "respirare aria nuova", sfidando le critiche dei
benpensanti che si recano addirittura dai discepoli per «portarli dalla loro parte» e metterli contro il Maestro. E infine è Gesù
stesso che risponde alle critiche: "Non sono venuto per i giusti ma per i
peccatori" (cf Mc 2,17). Ed «è
la coscienza della sua missione che gli permette la forza di questa risposta,
cioè l'annuncio della buona Novella»
prosegue il Vescovo, auspicando ad una Chiesa che non «è un club di bravi ragazzi ma di coloro che,
perdonati, annunciano la misericordia del Signore. I sani non sanno cosa
farsene del medico e nella misura in cui impareremo nella Chiesa questa lezione
fondamentale saremo testimoni credibili».
Il consigliere spirituale nazionale, don Guido
Pietrogrande, al termine della Messa, ha ringraziato mons. Galantino per la sua
"visita pastorale" dove «la
parola "visita" nella Bibbia indica sempre una benedizione. Quella di un
Vescovo che ha pregato con noi, si è messo in ascolto e si è reso conto di
quello che vive questa realtà, ha indicato attraverso la Parola la strada da
seguire. E con la Celebrazione eucaristica ha posto il sigillo di Cristo
risorto in mezzo a noi».
Martina D'Onofrio