Forti
e veritiere, sono state le parole del capitolo 7 del vangelo di Giovanni (cf vv
37-39) a risuonare nell'assemblea durante l'esortazione spirituale di don Guido
Maria Pietrogrande, che si pongono come guida e ispirazione della 38a Conferenza
nazionale animatori: «Queste parole - ha esordito il Consigliere spirituale -
mi riportano a 38 anni fa, durante il mio primo Seminario di vita nuova. In
quell'occasione, a pregare su di me erano dei ragazzi e, probabilmente, per un
salesiano era bello che fossero dei giovani a essere strumento d'amore da parte
del Signore. Quelle stesse parole risuonavano allora e, penso, risuonino anche
a voi nei Seminari di vita nuova, come una promessa che poi, puntualmente, si
realizza».
Prestare la propria voce al Signore Gesù, ed essere veicolo per
gridare queste parole, può essere presunzione ma anche una grande fortuna:
«Gesù benedetto, che sei qui accanto, crocifisso nel segno della tua passione
d'amore, è molto bello che sentiamo ancora questo grido tuo, il grido di un
innamorato: "Chi ha sete, venga a me, e beva" (Gv 7, 38)». Parole che si
levarono dalla bocca di Gesù nell'ultimo giorno della Festa delle Capanne, il
giorno più solenne, in cui si compiva un rito particolare: «La Festa - ha
continuato don Guido - era anche un po' folklore: si gioiva e si ricordava
quando Israele era come un'innamorata. Una processione scendeva allora fino
alla piscina di Siloe per attingere l'acqua, la quale veniva poi aspersa per
sette volte sull'altare, così come sette volte batté Mosè sulla roccia, perché
ne scaturisse acqua per il popolo». Al medesimo compito siamo chiamati anche
noi: battere sulla roccia perché ne sgorghi acqua: «È una roccia già aperta,
perché è il costato trafitto di Gesù». Con il suo grido Gesù ci interroga, ci
spinge a chiederci a quale acqua risponda la nostra sete: «Probabilmente,
qualche volta, abbiamo riso di noi stessi, perché avevamo sete di gloria, di
successo o di qualche forma di lode. L'interrogativo di Gesù ci richiama anche
nel nostro servizio: a quale fonte ci siamo abbeverati in questo quadriennio pastorale?
Abbiamo ancora sete di lui o abbiamo avuto la tentazione di costruire fontane
personali, screpolate, prive di acqua o inquinate da acque stagnanti?».
Gesù ci
dà la possibilità di abbeverarci all'unica fonte d'acqua viva, un'acqua
gratuita, destinata non ai meritevoli, ma agli esausti, agli assetati: «Gesù ci
dice: "Vieni tu, che sei assetato, tu che non hai nulla, vieni nella tua
povertà". È un invito pressante ma delicato, provocante perché Gesù vede in
noi, scruta nelle mete che accarezziamo di raggiungere». L'invito di Gesù è ad
avvicinarci per bere l'acqua che ci dona, senza tuttavia disattendere due
condizioni: che si abbia fede in lui e che si giunga assetati alla sua fonte.
«Gesù dice: "Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva". Ma da quale
grembo? Dal grembo di Cristo, dal suo costato trafitto, ma anche da noi: non
come sorgente, ma come canale, non come origine ma come servizio». Gesù ci
esorta a spaziare fra i volti di quanti hanno bevuto di quest'acqua, ma anche
di quanti vivono ancora nei tanti deserti del mondo, intrisi di violenza, di
mondanità, di carrierismo, senza aver mai attinto alla fonte di acqua viva: «Il
Signore non ci chiama a polemiche o battaglie, ma all'umile servizio perché l'acqua
della fonte suprema sia condotta, ed esistano tante "fontanelle" pronte a
diffonderla».
A cosa serve aver vissuto tanti anni di servizio se non si è
vissuto appieno nel regime del battesimo nello Spirito? Se non si è stati
dissetati senza, tuttavia, aver perduto la sete? «È ciò che dobbiamo chiederci
- ha continuato il Relatore -. Io sono così? Vivo una costante rinnovata
effusione dello Spirito o cedo alla paura del dover ancora impegnarmi, del
dover cercare ancora entusiasmo per cose che ho già vissuto? Una vita da
cristiano che sia sgombra e pulita ci può rendere davvero diffusori di una grazia
senza esserne possessori; diffusori umili e instancabili di un'acqua che deve
giungere ancora in tanti deserti». Il Consigliere spirituale nazionale ha
concluso la sua esortazione ricordando le parole del Santo Padre Francesco, che
ci invita alla contemplazione del cuore aperto di Gesù: «La migliore
motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è
sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore. Se lo accostiamo in questo
modo, la sua bellezza ci stupisce, torna ogni volta ad affascinarci. Perciò è
urgente ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire
ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre
una vita nuova. Non c'è niente di meglio da trasmettere agli altri» (Evangelii Gaudium, n. 264).
Damiano
Mattana