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Salvatore Martinez, presidente del movimento
ecclesiale, fa un bilancio dell'incontro con il pontefice e traccia un profilo
dei suoi membri. «L'evento ci ha superato negli esiti. Un richiamo decisivo
contro il rischio di personalizzare, di sminuire l'opera di Dio: più libertà
dello Spirito e meno regole, meno organizzazione».
L'intervista su Città Nuova.it
Le immagini dello stadio Olimpico di Roma, occupato in
tutti i suoi spazi da tifosi dello Spirito restano un'immagine emblematica
della vitalità di un movimento ecclesiale diffusissimo in Italia e all'estero.
Papa Francesco, quel primo giugno ha pregato con loro, si è inginocchiato, ha
usato parole di incoraggiamento e di monito. Abbiamo chiesto a Salvatore
Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito, di darci una valutazione
dell'incontro e di quanto è seguito.
Passata la grande festa e la "sbornia" di Pentecoste,
ci può fare un bilancio dell'incontro con il papa?
Il papa non è venuto solo a servire questo evento, ma
se ne è anche servito. È venuto, cioè, a servire 52 mila fedeli "convocati
dallo Spirito", come parte integrante del programma della Convocazione ed era
la prima volta nella storia che un papa si univa ad una Convocazione di
Rinnovamento. E lo ha fatto con la medesima confidenza e intensità che usava
all'indirizzo del Rinnovamento in Argentina, da consigliere spirituale del
movimento, entrando nelle dinamiche spirituali caratteristiche del movimento
stesso. Lo ha fatto in straordinario spirito di unità e di comunione, espresse
nei gesti, nei modi, nei tempi con i quali ha voluto partecipare e presiedere la
parte finale del nostro primo giorno di Convocazione allo Stadio.
E dicevo che se ne è anche "servito", nel senso più
nobile e provvidenziale del termine, perché con la sua presenza e azione allo
stadio, papa Francesco ha voluto ricordare alla Chiesa che "la corrente di
grazia" del Rinnovamento carismatico è immagine stessa della Chiesa che si
rinnova, che vive dell'unzione che viene dallo Spirito più che delle funzioni e
di organizzazione. Una Chiesa che nasce e rinasce sempre nella grazia della
Pentecoste e dei carismi dello Spirito. Per questo sostengo che l'evento ci ha
superato negli esiti: la co-essenzialità nella Chiesa dei due profili
gerarchico e carismatico, con Francesco non sono più solo in dialogo fecondo,
ma si fondono, appaiono l'uno nell'altro. E ciò dovrà potere avvenire sempre
per ogni componente della Chiesa. Il papa stesso si è posto come un animatore
carismatico, mostrandoci cos'è l'adorazione dello Spirito Santo quando si è
posto in ginocchio dinanzi al mondo intero. Dunque, pensando alla diffusione
dei carismi e alla nuova evangelizzazione sostenuta dallo Spirito Santo, la
Convocazione di Roma rappresenta un regalo grandissimo che tutti i movimenti
ecclesiali ricevono.
Quale delle sollecitazioni del papa le sono sembrate
più adatte alla situazione storica di RnS?
Il papa ha elencato gli elementi costitutivi del
Rinnovamento e ci ha messo in guardia: diffusori dello Spirito sì, controllori
no. Servitori sì, capi no. Un richiamo decisivo per un movimento che non ha un
fondatore, non ha una regola, non è una nuova spiritualità, non ha un impegno
apostolico predeterminato, ma che vive della libertà dello Spirito. Il rischio
di personalizzare, di sminuire l'opera di Dio è sempre in agguato. Negli anni,
con il crescere dell'esperienza che dà sicurezza, può diventare un pericolo. Il
papa mette in guardia tutti: più libertà dello Spirito e meno regole, meno
organizzazione. Non c'è dubbio, però, che il papa ha anche indicato nel
Rinnovamento un modello per la Chiesa: soprattutto nell'evangelizzazione con la
Parola di Dio, nell'adorazione e nell'ecumenismo spirituale come forma di
preghiera che riconcilia.
L'indicazione dell'amore per i poveri, i migranti,
com'è risuonata in voi?
A Lampedusa, come in Moldova o in Terra Santa, nelle
carceri e nei luoghi di maggiore immigrazione siamo presenti con comunità,
missioni, opere, iniziative varie. Davanti al papa abbiamo preferito portare e
presentare il popolo di Dio piuttosto che raccontare le singole opere del
movimento, in sintonia profonda con quello che il papa ci ha ricordato perché
questa "corrente di grazia" s'incarni nella storia. C'è nel Rinnovamento
un'attenzione sempre più grande alle povertà spirituali e materiali. È un punto
distintivo del nostro cammino.
Qual è il profilo del cristiano appartenente a
Rinnovamento?
È un innamorato di Gesù, che ha scoperto la gioia di
una vita nuova nello Spirito e s'impegna a rendere ragione della bellezza della
propria fede e della potenza del nome di Gesù attraverso la docilità allo
Spirito, mediante doni, carismi, ministeri, per la salvezza del mondo e
l'edificazione del Regno di Dio.
Di che tipo di unità c'è bisogno all'interno del
Rinnovamento?
Raccomandare l'unità non significa che siamo divisi,
piuttosto non accentuare le distinzioni che possono diventare anticamera di
divisioni. Non avendo un fondatore, non ci percepiamo come un movimento
unificato. La forza del Rinnovamento risiede proprio nel moltiplicarsi di
espressioni, gruppi, comunità, scuole, fondazioni, missioni. È un movimento che
si diffonde per gemmazione di nuove definizioni e nuove realizzazioni. Questo
processo espansivo abbisogna di momenti di unità in cui queste diverse
espressioni possano raccordarsi. È per questo che la nostra 37a Convocazione a Roma è stata condivisa con
tutta la grande famiglia del Rinnovamento nel mondo.
Il movimento carismatico ha numeri davvero
significativi: più di 100 milioni all'interno del cattolicesimo, oltre 400
milioni con le altre tradizioni cristiane. Maggiore bisogno di unità significa
cogliere la forza del Rinnovamento carismatico nella sua diversità, attraverso
momenti di sintesi che non annullino i cammini specifici, ma li esaltino
nell'unico abbraccio dello Spirito. Nell'unità, fatta dallo Spirito, il Vangelo
viene testimoniato con più gioia, vigore e credibilità. È fondamentale che i
diversi leaders delle varie realtà e organismi del Rinnovamento possano trovare
"luoghi" come lo Stadio Olimpico.
Su questa strada ho promesso al papa il nostro massimo
sforzo. E riconosciamo, umilmente, di potere offrire ancora al mondo una
testimonianza eloquente.