«La Via della Croce è una grande ingiustizia?»: con questo forte interrogativo ha avuto inizio il Ritiro di Pasqua per i dipendenti delle strutture del Rinnovamento nello Spirito Santo, presso la Sede nazionale di via degli Olmi, a Roma. A porre questa domanda, che interroga profondamente ciascuno di noi, è stato don Guido Pietrogrande, consigliere spirituale nazionale, che ha condotto i presenti nel cammino della Via Crucis. Oltre a don Guido, in Sede anche il presidente Salvatore Martinez, il coordinatore nazionale Mario Landi, il direttore Marcella Reni e i membri di Comitato nazionale Dino De Domincis e Amabile Guzzo.
Quattordici stazioni, quattordici pause in cui le meditazioni e la preghiera hanno permesso di riflettere sul mistero della Pasqua, sul compimento dell’annuncio della salvezza, sulla venuta di quel Salvatore che gli angeli avevano già prefigurato a Betlemme (cf Lc 2, 11), come sottolineato dal presidente Martinez.
«La via della Croce è qualcosa che abbiamo nel cuore – ha proseguito don Guido. Un innocente viene accompagnato sulla croce, ma questo cammino è anche il grande amore di un innocente che percorre le strade del dolore, raccoglie le sofferenze che incontra e le dona al Padre in un’offerta totale. Sulla croce i nostri occhi contemplano ciò che gli altri occhi non vedono: non il condannato fallito ma il vincitore, Colui che visita le incongruenze del mondo, le ingiustizie, le bontà, e le raccoglie tutte vivificandole facendo il “passaggio”».
Il Crocifisso è anche Colui che, consegnato, consegna se stessi agli altri: «La sera in cui Gesù istituisce l’Eucaristia, allo stesso tavolo ci sono il dono e il tradimento. Gesù che si consegna a noi si mette nelle nostre mani: l’Eucaristia non è un’abitudine ma un dono da vivere non con indifferenza».
Il cammino della Croce è scandito da passaggi in cui si compiono le parole dei profeti: Cristo – «che reso immobile da quei tre chiodi non camminerà più, non abbraccerà più» – diviene icona dei crocifissi e dei “resi impotenti” di tutti i tempi.
«Solo Dio può trarre il bene dal male: il miracolo dell’acqua dal costato è la più grande effusione di misericordia e di amore sull’umanità – ha commentato il Presidente RnS. Il suo è un amore perfetto che rimane: celebrando l’Eucaristia si viene immersi nell’effluvio dell’acqua che salva e riconcilia».
L’ultima immagine del “Dio fatto uomo” è l’abbraccio della Madre con il Figlio “schiodato” dalla croce. «Per l’ultima volta, Maria posa suo Figlio nel suo grembo, il grembo della madre, prima che sia posto nel grembo della terra – ha aggiunto il Consigliere spirituale nazionale. Eppure un gemito di risurrezione è già nel sepolcro. Colui che è la Parola “si fa silenzio”: le parole devono tacere e restare al di qua della pietra rotolata, perché al di là c’è una Parola che è entrata nel silenzio. Dio tace: può sembrare un castigo rivolto all’umanità, ma è un silenzio provvidenziale da cui rimbalza la Parola nuova “Cristo è risorto”. È questa la Parola che deve balzare nel sepolcro e, da questo, nella nostra vita».
Da questo silenzio sale al Signore una preghiera spontanea: «Entriamo nel Sabato Santo con Maria, donna del silenzio, e a Dio chiediamo pietà per ogni parola sprecata, soprattutto per la sua Parola che non è stata capita. O Signore, dona ai sacerdoti il silenzio perché la Parola sia forte e sia la tua!».
Al termine della Via Crucis, l’adorazione del Santissimo ha scandito il tempo della lode a Dio: «Colui che è vita e verità – ha sottolineato Salvatore Martinez – è la gioia di Dio, è il Bambino annunciato dagli angeli e dato all’umanità per la sua salvezza. Credere in Gesù Signore e Salvatore significa, allora, preparare il nostro tempo alla lode del Vivente».
Una lode che, a conclusione del Ritiro, si chiude con le parole stesse di Gesù, «quelle più vere della preghiera che i cristiani di tutte le confessioni non hanno mai contestato: il Padre Nostro».
Elsa De Simone