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La paura della parola

Il no a Benedetto XVI a La Sapienza, una questione di libertà
 

Salvatore Martinez - Clicca per ingrandire...«Siamo vicini, con profondo affetto al Pontefice, e invochiamo per Lui l’assistenza dello Spirito confortatore 'allenatore dei martiri’».  Con queste parole Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, ha commentato i fatti degli ultimi giorni che hanno legato Benedetto XVI, prima per l’invito e poi per la rinuncia, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università La Sapienza di Roma.

 “Accogliamo con senso di responsabilità – ha continuato Martinez nella sua nota – l’invito del Cardinale Vicario di Roma Camillo Ruini ad affollare Piazza S. Pietro per fare sentire al Pontefice la nostra unità di pensiero, di volontà, di condotta”.

 Il Presidente del RnS ha lanciato anche un appello: “In queste ore chiediamo ai nostri Gruppi e Comunità di intensificare la realizzazione di “Roveti Ardenti” di preghiera, a cui invitare amici, parenti, membri di altri movimenti e comunità. L’intenzione che farà da sfondo alla nostra Papa Benedetto XVI  - Clicca per ingrandire...adorazione eucaristica sarà la riparazione per questo gesto che umilia la Chiesa e il Pontefice; al contempo l’invocazione dello Spirito Santo, perché trasformi questa triste circostanza in un’occasione propizia per risvegliare la fede e la testimonianza dei cattolici in Italia”.

 Ma proviamo a capire meglio cosa è successo e quali sono stati i motivi che hanno spinto il Papa a non intervenire più alla manifestazione della più importante università romana.

 La vicenda è iniziata lo scorso 14 novembre quando il professor Marcello Cini, docente emerito de La Sapienza, ha scritto una lettera aperta al rettore dell’ateneo, Renato Guarini, in cui esprimeva il suo dissenso per l’invito rivolto a Benedetto XVI di partecipare all’inaugurazione dell’anno accademico, insieme a personalità sia del mondo culturale che politico. Il 22 novembre altri 67 docenti, appoggiando l’iniziativa di Cini, hanno inviato una seconda lettera al Rettore in cui chiedevano di rinunciare all’invito.

 Ma perché da questi professori è partita una simile richiesta?

Il loro timore era che l’occasione fosse inopportuna e che Benedetto XVI potesse fare un discorso che coinvolgesse fede, scienza e ragione. L’appiglio è stata una frase del filosofo Paul Feyerabend che l’allora cardinale Ratzinger, nel febbraio 1990, pronunciò in una conferenza proprio a La Sapienza. Il tema era la crisi di fiducia nella scienza e come esempio prendeva in considerazione il mutato atteggiamento della Chiesa su Galileo dal ‘700 al ‘900.

 Questa la frase: “Egli (Feyerabend) scrive: ‘La Chiesa all’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione’”. Il discorso del prof. Ratzinger, però, andò ben oltre: “Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità”. Dunque il Papa citava l’Autore ma non ne condivideva pienamente le istanze.

La Sapienza, Roma - Clicca per ingrandire...Nei giorni scorsi un gruppo di studenti, aderendo alla richiesta di questi 67 professori, ha espresso la contrarietà alla visita del Papa con slogan, proteste e occupazione del Rettorato. La paura che il giorno della manifestazione queste contestazioni potessero creare disordini mettendo a rischio la sicurezza di tutti i cittadini ha portato alla decisione di annullare la partecipazione del Santo Padre all’evento.

La triste vicenda ha suscitato, come prevedibile, una dura e ferma condanna non solo del mondo ecclesiale, ma anche politico e laico. Si è subito stigmatizzato questo modo di fare di una minoranza di docenti e universitari che, partendo da una valutazione superficiale delle dichiarazioni del teologo Ratzinger, è riuscita a togliere la libertà di parola al Papa, vescovo di Roma e illustre teologo dei nostri giorni, proprio nell’università, sede dell’apertura e del dialogo.

 Martinez con un comunicato stampa ha dato voce al pensiero di sdegno del Movimento: “È grande il dolore che si leva nel cuore di milioni di uomini e di donne, in tutto il mondo, alla notizia che l’Italia rinuncia - attraverso la violenza della minaccia verbale e dell’oscurantismo ideologico – al bene grande della libertà di parola. Se poi ad essere colpito è un uomo di pace, di dialogo, di pensiero; un accademico tra i più ricercati, ammirati, ascoltati del Novecento a cui la Provvidenza ha assegnato il compito di guidare oltre un miliardo di cattolici nel mondo, il Papa Benedetto XVI, allora il dolore si fa anche smarrimento della coscienza. Riteniamo inammissibile che in uno Stato di diritto come l’Italia, proprio il primario diritto alla conoscenza e al libero confronto di idee sia stato negato in nome della laicità da sparuti gruppi di cittadini italiani che più opportunamente, in luogo di accademici, occorrerebbe ribattezzare “ideologi anticlericali”. Ad essi, peraltro, va il triste encomio di avere provocato in giovani studenti il desiderio di emulare una lettera di protesta scriteriata con gesti plateali altrettanto incivili e retrogradi. I cristiani, si sa, sono avvezzi alla persecuzione e mai hanno disdegnato di mostrarsi “miti” dinanzi ai rifiuti e alle offese ricevute, pacificatori dinanzi alle violenze. Qui, oggi, è in ballo qualcosa di nuovo, di inedito, nella storia del nostro Paese, popolato per oltre il 90 % da cattolici e guidato da un governo eletto a larga maggioranza da cittadini che si ispirano ai valori del cristianesimo e che non vogliono essere sommersi dal nubifragio della menzogna. È tempo che la coscienza collettiva mostri un forte sussulto di indignazione dinanzi a questi continui attacchi alle verità ideali e ai principi costitutivi della nostra identità popolare, della nostra tradizione valoriale, della nostra cultura e civiltà occidentale. Sono oltre 10 milioni i cattolici che ogni domenica si ritrovano in Chiesa per confrontare la propria vita con il Vangelo. Su ciascuno di essi, su ciascuno di noi incombe il dovere di non permettere, con ogni rispetto e capacità di dialogo, che la verità  venga calpestata, umiliata, irrisa, negata. È un dovere “riprendere la parola”! È un dovere riaffermare le ragioni dello Spirito, ben più alleate del destino dell’uomo di quanto non sappia fare la cultura odierna del “non senso”, che si afferma per rifiuto ideologico, indebolendo la crescita e l’avvenire delle nuove generazioni”.

 Il Pontefice, però, ha mandato ugualmente il suo messaggio, scritto precedentemente alla sua rinuncia alla visita, che è stato letto durante l’inaugurazione ed accolto da un grosso applauso.

 In un passaggio del suo intervento Benedetto XVI si chiede, infatti, cosa possa dire un Papa durante un incontro in università. Alla domanda risponde affermando che il suo compito sicuramente non è quello di “cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà”, ma di “mantenere desta la sensibilità per la verità”. Come vescovo di Roma, infatti,  intende “invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro”.

 Antonietta Oriolo


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