Il Riformista
- 15 febbraio 2008
Verso il voto: la
galassia cattolica va in ordine sparso: Cl, Acli, Focolari,
Neocatecumenali etc.
Alle politiche del 2006 il
fronte cattolico, quello dei movimenti, delle associazioni e delle
parrocchie si divise in due: chi per Ds e Margherita, chi col centro
destra. Le gerarchie, invece, stettero a guardare plaudendo alla
svariate possibilità di voto che i due schieramenti offrivano ai
cattolici. E il prossimo 13 aprile cosa succederà? Per chi voterà il
mondo dell’associazionismo e dei movimenti ecclesiali?
Ieri Avvenire ha significativamente riservato una pagina intera a Carlo
Costalli, presidente del Movimento cristiano dei lavoratori (Mcl), il
quale, in scia alle dichiarazioni rilasciate dal direttore del giornale
dei vescovi Dino Boffo al Tg1, rivendicava la necessità di recuperare
«l’identità cattolica» a fronte del rischio che questa si annacqui nei
due poli: in un unico Popolo delle libertà o in un Pd che si appresta,
forse, ad arruolare anche i radicali. «Vedo l’Udc con simpatia», ha
detto in proposito al Riformista Costalli. E ancora: «Non auspico in
questo senso una sua confluenza nel listone di Berlusconi».
Una mina vagante e in grado di raccogliere consensi tra alcuni cattolici
è la lista di scopo di Giuliano Ferrara. Al riguardo, ieri, il Corriere
riportava addirittura di presunte pressioni esercitate dal ciellino
Formigoni su Berlusconi affinché dicesse “sì” all’accordo con la lista
antiabortista per evitare di indurre in tentazione i ciellini. In
realtà, pare che Formigoni non abbia detto niente di tutto ciò a
Berlusconi, come confermano altre sue dichiarazioni rilasciate ieri:
«Apprezzo molto la battaglia di Ferrara sulla moratoria e apprezzo molto
le sue idee - ha detto il governatore della Lombardia -. Ma ritengo che
una lista pro-life non sia il modo migliore per portarle avanti».
Giudizio condiviso anche dalla leadership di Cl, che quindi dovrebbe far
confluire i voti dei ciellini nel Popolo delle libertà anche se, si sa,
la base di cielle è libera di muoversi autonomamente. Alla moratoria
sull’aborto avevano aderito, a titolo personale, diversi esponenti del
movimento fondato da Giussani. E, ancora, continueranno a farlo. Non
tutti, però, fino all’adesione finale: quella della lista di scopo. Alle
parole di Formigoni, Ferrara ieri ha così risposto: «Ringrazio Formigoni
per le parole di stima per la mia battaglia. Nella sua lista la
questione dell’aborto e la tenace promozione della vita contro la sua
disumanizzazione è affidata alla libertà di coscienza, se non ho capito
male. Vi faccio molti auguri. Sono sicuro che vi farete onore e non ci
deluderete».
Difficile è anche che il popolo di Cl si orienti sulla Rosa Bianca o
sull’Udc: basta ascoltare le parole riservate da Formigoni a Pezzotta e
l’uscita di Boffo pro Udc per comprendere la situazione. Tra l’altro,
sempre ieri, è stato Giorgio Vittadini (Fondazione per la Sussidiarietà),
a dire che, al di là degli schieramenti, prioritario è far ripartire
l’Italia attraverso «una nuova fase costituente».
Strano a dirlo, ma una certa sintonia con queste ultime parole viene
dalla Fuci che per voce di Umberto Ronga, vice presidente e coordinatore
della federazione politica, dice al Riformista: «Al di là degli
schieramenti siamo strenui difensori della necessità di modificare la
legge elettorale». Le Acli non sono poi su posizioni così distanti da
queste. Bobba, ex presidente dell’associazione, lotta per avere un suo
spazio nel Pd e, in effetti, è il centro sinistra - l’incontro tra
cattolicesimo democratico e sinistra riformista - l’area cui
l’associazione guarda. Ma come ha detto ieri Andrea Olivero, presidente
delle Acli: «Tra un partito democratico un po’ “immaturo” sulla
questione della laicità, un centrodestra che si prospetta meno “plurale”
di quando comprendeva l’Udc e un centro politico che, finché non si
definisce meglio, rischia di porre le buone domande senza avere i mezzi
per rispondervi, le Acli preferiscono guardare oltre il momento
elettorale. A una fase costituente».
Di per sé, anche Pezzotta in passato ha avuto buoni rapporti con le Acli
e non è escluso che possa guadagnare qui qualche consenso. Pezzotta,
però, più che dal mondo dell’associazionismo (dal quale non proviene) è
da quello dei sindacati che deve attendersi più voti. Piazza San Pietro
qualche settimana fa, in occasione dell’Angelus pro Papa e anti
Sapienza, era significativamente piena di bandiere della Cisl.
Piena libertà di voto, ovviamente, l’hanno sempre lasciata anche due
aggregazioni che tecnicamente non si definiscono movimenti ecclesiali:
l’Opus Dei (Paola Binetti e Alfredo Mantovano sono due opzioni di voto
possibili nonostante la diversità di schieramento) e i neocatecumenali.
Questi ultimi, giunti in massa al Family Day del 12 maggio, riservarono
in quell’occasione un’ovazione da stadio all’arrivo del ministro
Fioroni. Dire però che il 13 aprile voteranno per il Pd è azzardato.
Più in disparte rispetto all’agone politico se ne stanno i focolarini.
La sezione che si occupa di politica, il movimento politico dell’unità,
lavora per valorizzare in ogni schieramento quanto di “buono” ci può
essere per il bene comune, ma l’eterogeneità degli aderenti ai focolari
non permette, se mai il movimento di Chiara Lubich volesse farlo,
l’esplicita adesione ad alcuno.
Salvatore Martinez, responsabile del Rinnovamento nello Spirito,
organizzazione che vanta centinaia di migliaia di aderenti (forse per
numeri la più consistente in Italia), così spiega il suo punto di vista
al Riformista: «Seguiamo le indicazioni del magistero della Chiesa:
considerare se i programmi esplicitano i principi attuativi della
dottrina sociale cristiana e valutare gli uomini che si prefiggono di
realizzarli. L’attuale clima di sfiducia nella politica impone che si
riproponga il tema dell’affidabilità dei politici, un bene fatto di
coerenza e di competenza». E a riguardo della decisione di Ferrara di
presentare una lista dice: «Guardo la cosa con interesse. Degna di stima
è la libertà della persona che la propone e altrettanto nobile la causa
perseguita, per troppo tempo appannaggio del solo mondo cattolico e
relegata ai margini del dibattito politico. Circa il metodo, non mi pare
che possa considerarsi elemento di tensione sociale, piuttosto di
aggregazione ideale, dal momento che si tratta di una lista di scopo,
dal forte valore simbolico, localizzata in un territorio limitato e non
nazionale». Insomma, sono tanti e diversi gli stili del cattolicesimo
italiano. E tanti sono destinati ad essercene nel futuro.
Dice al Riformista Luca Diotallevi, docente di sociologia e membro del
comitato preparatorio del IV convegno ecclesiale Nazionale di Verona:
«Noto una lunga deriva positiva nel cattolicesimo italiano. Una deriva
che, iniziata con il referendum del 2005, arriva fino ad oggi e mostra
una Chiesa attenta al dibattito politico culturale, una Chiesa aperta al
bipolarismo e senza nostalgie centriste. Una Chiesa che oggi vede
diversi esponenti cattolici presenti nel centro destra, ma tanti ce ne
sono anche nel centro sinistra e non è detto che in futuro la bilancia
non possa pendere di più dall’altra parte».