Fidarsi della Vita
La giornata della vita nell’Arcidiocesi di
Cosenza-Bisignano
L’Arcidiocesi di Cosenza–Bisignano – come già anticipato nei giorni scorsi sul nostro sito - venerdì 4 febbraio ha celebrato la ventiseiesima giornata della vita organizzando, presso il seminario diocesano, un convegno, sul tema: “Fidarsi della Vita” L’iniziativa, promossa dall’Ufficio diocesano per la pastorale familiare, in collaborazione con il Rinnovamento nello Spirito Santo, Alleanza Cattolica, Azione Cattolica Italiana, Associazione Genitori, Apostolato della Preghiera, Centro “Vittorio Bachelet”, Focolari, UNITALSI, ha attirato presso la sala “Giovanni Paolo II” la folla delle grandi occasioni. L’animazione dell’evento è stata curata dal Rinnovamento nello Spirito Santo, che ha accolto i partecipanti con musiche e canti tratti dal proprio repertorio ufficiale. Ospite d’eccezione Dario Sacchini - Docente presso dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma e coordinatore di redazione della rivista internazionale di bioetica “Medicina e Morale” - che ha tenuto una relazione sugli «Aspetti medici ed etici della cosiddetta Procreazione Medicalmente Assistita». Il prof. Sacchini – che, tra l’altro, è impegnato attivamente nel Rinnovamento nello Spirito Santo sin dagli anni settanta - ha letteralmente “catturato” l’attenzione dei presenti per oltre un’ora, con un’esposizione fondata sul più alto rigore scientifico e proposta con l’autorevolezza che appartiene soltanto agli autentici “testimoni”. Riportiamo di seguito un’intervista, rilasciata al giornalista Filippo Salatino, nella quale il relatore riprende, sia pur brevemente, alcuni tra i passaggi più significativi del proprio intervento. Perché definisce “cosiddetta” la Procreazione Medicalmente Assistita? «In quest’espressione si fanno ricadere tecniche profondamente diverse rispetto all’“assistenza” (che prestano o meno) alla generazione umana. Infatti, alcune metodiche riproduttive, come la FIVET, non assistono affatto bensì sostituiscono l’atto procreativo, senza contare poi che non risolvono la sterilità ma, semplicemente, la aggirano. Più in generale si potrebbe dire che delle parole, soprattutto quando hanno a che vedere con la sensibilità valoriale della persona, si fa un uso “non involontario”…» Cosa obietta ai fautori della sperimentazione indiscriminata per i quali non si possono porre “limiti” alla scienza o preoccuparsi delle ricadute sociali? «In linea di principio la scienza è cosa buona, risponde ad un bisogno profondo dell’uomo (insieme alla tensione verso il bene): sapere come stanno le cose, in una battuta, la ricerca del vero. Premesso ciò, la sperimentazione, e particolarmente quella che coinvolga l’uomo, rappresenta un’attività eticamente assai apprezzabile. Naturalmente con tutte le tutele e le procedure di sicurezza che da tempo sono stabilite a livello internazionale. Infatti, la comunità medico-scientifica converge su un valore: il primato degli interessi del soggetto con il quale si sperimenta su quelli, pur legittimi, della scienza e della società. Lo afferma a chiare lettere la “Dichiarazione di Helsinki” della World Medical Association, considerata la “Magna Charta” etico-deontologica sul tema. Il valore-uomo, dunque, rappresenta il vero “limite” etico, o meglio il bene eminente che non è mai lecito calpestare, nemmeno per gli scopi più nobili (come l’impresa scientifica in sé o la prospettiva di una terapia innovativa), in tutte le sue fasi di sviluppo: dal concepimento alla morte naturale. Per dirla con la nota espressione kantiana, l’uomo è da considerare sempre come fine e mai come mezzo. Infine, segnalo l’illusorietà di una idea di scienza senza limiti. Nativamente sono almeno due: tecnici ed economici. I primi sono connaturati allo stesso metodo sperimentale, i secondi richiamano la necessità di ingenti risorse per fare ricerca ad alto livello. Soprattutto se i fondi sono di provenienza privata è consequenziale (prima ancora di valutarne l’eticità) che da un investimento ci si attenda un ritorno: occorre allora che la comunità scientifica e quella civile indirizzino le scelte in modo adeguato e trasparente. Vigilando comunque su (sempre possibili) derive opportunistiche» In definitiva si rischia la selezione eugenetica degli “imperfetti” come nella Germania nazista, Usa e Svezia nei primi anni del 1900? «Il rischio, deprecabile ed inaccettabile, sussiste se si ammette che l’essere umano, in certe circostanze – quando è molto piccolo (l’embrione) o molto fragile (il feto malato, l’anziano demente) – sia considerabile come un mezzo»
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