Parapolitici noi? I movimenti non si arruolano con Pezzotta
CHIARA GELONI
I politici “d’area” non sembrano entusiasti del Pezzotta “parapolitico”.
Il giorno dopo l’annuncio dell’ex leader della Cisl, formalizzato al
seminario dei teodem della Margherita, di voler dare vita a un
«movimento parapolitico in grado di mantenere in vita la cultura
cattolico sociale », condito di critiche al Pd rappresentato come «la
fine del cattolicesimo democratico», sono in diversi a prendere le
distanze. Anche Enzo Carra, che pure all’amico Savino manda «auguri di
cuore», e condivide le preoccupazioni sul modo in cui sta nascendo il
partito nuovo, si ferma un passo prima: «Noi restiamo nel centrosinistra
e guardiamo al Partito democratico». Non parliamo di Rosy Bindi,
convinta che Pezzotta sia stato contraddittorio e poco rispettoso della
stessa piazza del Family day: «Siamo in un sistema bipolare, i cattolici
fanno scelte pluraliste e saranno protagonisti della sfida del Pd».
Ma è forse più interessante indagare sull’impatto dell’annuncio di
Pezzotta nel mondo cattolico: una realtà plurale e orgogliosa del
proprio pluralismo, nonché della capacità di essere e mostrarsi unita
sulle cose che contano.
Una parte di questo mondo guarda con simpatia alla costituente
democratica: o perché considera il confronto con la sinistra un elemento
“naturale” della propria identità, o quantomeno perché vede con favore i
processi di riforma della politica, specie in un momento delicato come
questo.
Il che non significa che anche chi è più vicino alla sensibilità
“democratica” non condivida le preoccupazioni, se non le conclusioni,
espresse da Pezzotta: il Pd rischia infatti di non essere un approdo
scontato, si pensa in quegli ambienti, per chi prima nel Ppi e più tardi
nella Margherita ha comunque continuato a cercare l’erede legittimo del
partito di ispirazione cristiana. E i dirigenti Democratici sbagliano,
avvertono questi “cattolici di sinistra”, se sottovalutano il rischio.
Di sinistra o no, le associazioni e i movimenti in quanto tali non
sentono il bisogno di organizzare un approdo politico comune e non
sembrano convinti della definizione “movimento parapolitico”. «Se
vogliamo dire che i cattolici devono cercare di produrre un pensiero e
una presenza comune su alcuni temi – spiega a Europa il presidente delle
Acli Andrea Olivero – questo è quanto stiamo facendo da anni. Ma se ciò
diventa qualcosa di politicamente strutturato, noi non ci stiamo: le
nostre associazioni hanno un’altra funzione, si muovono nel sociale. Non
è che siamo nati il giorno del Family day.
E nessuno deve pensare di aver qualcosa da “capitalizzare” dopo il 12
maggio». Anche dal fronte dei movimenti “nuovi”, come Rinnovamento nello
Spirito, si tira il freno: «Noi siamo prepolitici, non parapolitici –
spiega il presidente Salvatore Martinez – Il Family day non è stato un
episodio inedito nel cattolicesimo italiano, che con Giovanni Paolo II e
ora con Benedetto XVI ha imparato nuove modalità di presenza anche
comune. Farne nascere un movimento politico, o un “supermovimento dei
cattolici” sarebbe una forzatura: il pluralismo delle scelte dei
cattolici è reale, e attraversa i nostri stessi movimenti. Il nostro
impegno è per l’uomo, e in questo senso siamo già interlocutori della
politica, con un ruolo di stimolo fecondo e di richiamo all’attenzione
per le domande profonde delle persone. In un atteggiamento di dialogo
con i non credenti: perché la dimensione spirituale è di ogni uomo, e
vincere l’individualismo e la solitudine è un obiettivo per tutti».