Dopo Family Day e Firenze un cauto ottimismo
«Ma agire su fisco, servizi, lavoro, formazione»
Alici (Ac): «Prima stabilire se è più della somma dei singoli individui»
Andrea Olivero (Acli) rilancia il quoziente familiare per una maggiore
equità
da Milano
Antonella Mariani
Il popolo delle
associazioni rimane in attesa di «segnali forti». Con un cauto
ottimismo, in massima parte. E non potrebbe essere altrimenti, dopo la
mobilitazione di Piazza San Giovanni e le prospettive aperte dalla
Conferenza di Firenze. «Sì, è legittimo aspettarsi segnali forti su
fisco, servizi, lavoro, aspetti formativi», dice Luigi Alici, presidente
dell'Azione Cattolica. E Andrea Olivero, presidente delle Acli,
gli fa eco: «Si apre una stagione decisiva, quella delle scelte. Non
tanto la spartizione del tesoretto, ma l'elaborazione del prossimo
Documento di programmazione economica e la successiva Finanziaria. Ci
aspettiamo un salto di qualità che dovrà essere anche di quantità. Per
intenderci, ci aspettiamo l'indicazione chiara di un allineamento delle
spese per la famiglia ai livelli europei. Capiamo che questo
allineamento non può essere l'obiettivo di un anno, ma può e deve essere
l'impegno annunciato di una legislatura. Del resto è quanto la Bindi ha
promesso». Olivero difende il quoziente familiare come strumento «per
garantire l'equità orizzontale delle politiche fiscali e riconoscere la
soggettività e il protagonismo della famiglia», ma si dice pronto a
sostenere altri strumenti «per ottenere i medesimi risultati».
In posizione di vigile attesa anche Raffaele Lojacono, membro del
direttivo del Forum delle famiglie e presente a Firenze come
"rappresentante" di Rinnovamento nello Spirito. «Siamo all'inizio di un
nuovo corso. Il governo si è impegnato a predisporre un piano nazionale
per la famiglia. Ci aspettiamo che così sia e che quello che Prodi ha
promesso sul fronte delle pensioni e delle famiglie numerose venga
attuato. Certo, a Firenze abbiamo avvertito molto impegno, ma anche
alcune voci stonate. Quella di Amato che invitava a rimettere al centro
del dibattito i Dico, oppure l'insistenza sul diritto delle donne a
lavorare, che secondo noi ha oscurato l'impegno delle casalinghe e il
diritto delle donne a scegliere in libertà se lavorare oppure no».
Ma per Luigi Alici (Azione Cattolica) resta ancora aperta una
questione di fondo, che precede quella delle misure concrete: quale idea
di famiglia? «Dalle voci che ho ascoltato a Firenze sono emerse due idee
diverse di famiglia. La prima, che la considera una pura aggregazione di
soggetti privati. L'altra che dà valore aggiunto a questa aggregazione e
che ne fa più della somma dei singoli individui». E se il 12 maggio a
Roma si è affermata senza ombra di dubbio la seconda, quale delle due ha
prevalso a Firenze? «A me è sembrato che il ministro Bindi, nel suo
intervento, abbia privilegiato la seconda idea. Ma era sola: la mia
impressione è che gli altri ministri a Firenze parlassero di famiglia
come somma di individui. In questo caso, è ovvio che qualsiasi
provvedimento che abbia ricadute su uno dei membri della famiglia può
essere considerato "politica familiare"». L'obiezione di Alici è la
stessa di Mimmo Delle Foglie, coordinatore generale del Family
Day e portavoce di Scienza&Vita, invitato dalla Bindi alla Conferenza di
Firenze. «La richiesta arrivata dal milione di persone presente in
piazza San Giovanni era di politiche familiari audaci e durature. Prodi
a Firenze ha promesso di destinare due terzi del tesoretto per alleviare
le situazioni più difficili, citando in particolare le famiglie numerose
e gli anziani. Sotto il nome di interventi a favore delle famiglie ha
poi inserito tutto: politiche assistenziali, di sostegno al lavoro, ai
giovani, la casa. Ma queste sono misure di contrasto alla povertà, non
politiche familiari. È una confusione che preoccupa. Apprezziamo -
continua Delle Foglie - lo sforzo della Bindi e di Prodi, ma di audace
non c'è nulla, se non la propensione ad accettare lo scontro politico
sull'attribuzione del tesoretto, e nemmeno di duraturo, se non alcune
promesse da verificare nella prossima Finanziaria». Cauta e un po'
scettica anche Paola Soave, vicepresidente del Sindacato delle
famiglie, che condivide la preoccupazione per la non chiara definizione
di politiche familiari. Inoltre, Soave nota come a Firenze al "popolo
del Family Day" e alle associazioni che lo rappresentano sia stato dato
sì spazio per lavorare, ma non quel protagonismo che il 12 maggio
lasciava in qualche modo sperare. «A Firenze - conclude la Soave - non è
stato detto che le politiche familiari si fanno con le famiglie e quindi
con le associazioni».