RASSEGNA STAMPA
Intervista a Salvatore Martinez su Avvenire del 25-03-2007

 

Segnaliamo l’intervista del presidente del RnS, Salvatore Martinez, “Mobilitiamo affetti sani e duraturi” pubblicata da Avvenire del 25 marzo 2007 a pagina 11.


«Mobilitiamo affetti sani e duraturi»

Di Luciano Moia

«Una mobilitazione degli affetti sani e duraturi» che veda fianco a fianco tutti coloro che sono preoccupati per il futuro della società, in una partecipazione unitaria e convinta. «E nessuno, in nome delle specifiche appartenenze, ne sottovaluti l'urgenza, escludendosi». Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito, non ha dubbi. La battaglia in favore della famiglia fondata sul matrimonio, proprio per i suoi profondi significati sociali e e culturali, va affrontata con tutto l'impegno e tutto lo slancio possibile. «Chi ha a cuore davvero il futuro di questa nostra civiltà e dei suoi valori fondanti non può tirarsi indietro».

La manifestazione del 12 maggio è il segno di un impegno pubblico verso la comunità. Quale dovrebbe essere il ruolo dell'associazionismo per ottenere ciò che spetta alla famiglia?


Avvertiamo il bisogno di passare dalla "protesta" alla "proposta": dove è la profezia, se stiamo sempre ad inseguire e a parlare delle idee e dei progetti degli altri? Noi non siamo "contro" qualcuno, semmai "a favore" della nostra gente, mossi dalla passione per la vita, per l'uomo, per la stabilità inalterabile dell'amore sponsale, per la fecondità familiare come ricchezza sociale e spirituale incomparabili. Rischiamo di abdicare e di non occupare gli ampi spazi di dialogo e di formazione delle coscienze che stanno dinanzi a noi.

Cosa vi proponete in vista del Family Day?

Noi promuoviamo una "mobilitazione" degli affetti, un gesto di carità sociale, un segno deciso di protagonismo dei laici cristiani, più coesi sui principi fondamentali, senza sterili distinzioni di merito e di metodo. A Roma desideriamo mostrare la vera laicità del popolo italiano, quella che prosegue idealmente e fattivamente la grande tradizione degli ideali di solidarietà e di giustizia sociale, nel volto composito del laicato cattolico, associato e non. Per noi del Rinnovamento la piazza di Roma sarà come la piazza di Gerusalemme dove ebbe inizio la "cultura della Pentecoste", la sola capace di fecondare la "civiltà dell'amore". Abbiamo una speranza: che la nostra unità sia ancora più incisiva ed eloquente di quanto ci si attenda, specie dinanzi alle provocazioni e alle riduzioni di senso che certo si muoveranno contro di noi.

Una legge come quella dei Dico rischia di segnare un orientamento culturale che, sul piano antropologico, determina un evidente distacco dalle nostre radici culturali. Quanto può pesare l'appannamento della verità sull'uomo e sulla famiglia nella società di oggi?

È proprio l'offuscamento della verità, in nome delle libertà individuali, la radice del relativismo che sta contagiando tutti, anche i credenti. I Dico sono proprio figli dello sfaldamento delle verità fondamentali sull'uomo, sono espressione di un'azione sempre più manifesta e perniciosa che, in nome del "che male c'è?", sta svuotando di significati spirituali ed etici la persona umana. E con essa, a ruota, anche la famiglia. I Dico - e chissà quante altre "riduzioni" della verità sentiremo ancora "dire" - sono figli della cultura della rivendicazione, che continua ad alterare la sintassi del vivere umano: ecco il "produrre" sul generare, la "sterilità" sulla fecondità, la "soddisfazione" sul sacrificio, il "piacere" sul necessario, la "precarietà" sulla stabilità, il "bene individuale" sulla responsabilità sociale.

Come mai c'è stata tutta questa attenzione a un problema come quello delle convivenze che, come le statistiche ci dimostrano in modo inconfutabile, è numericamente quasi irrilevante (circa 500mila coppie di fatto), di fronte ai 14 milioni di nuclei con figli?

È in atto una vera e propria campagna ideologica che intende minare la nostra civiltà; una china iniziata in Italia circa quaranta anni fa con la cosiddetta "rivoluzione sessuale" (divorzio, contraccezione, aborto) e che ora continua su fronti ancora più estesi e problematici (omosessualità, fecondazione assistita, eutanasia, eugenetica). Quale la nostra risposta? Non c'è dubbio che la sfida antropologica abbia oggi non solo un valore culturale, ma prima di tutto sociale e spirituale. Dobbiamo mostrare il volto di una Chiesa più accogliente, fraterna, compassionevole, attenta alla gente: così si rende "vivo e vero" quel Progetto culturale che per molti risulta essere un'astrattezza e che invece può rappresentare un grande, comune appello ad una nuova evangelizzazione.


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