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La concezione cristiana della cultura:

la relazione tra naturale e soprannaturale

 

Clicca per ingrandire...Cosa significa proporre una concezione cristiana della cultura oggi?  Su questa domanda, a partire dalla figura di don Sturzo e dal suo pensiero, si è aperta la sessione che ha proposto la riflessione sui temi della libertà e della verità, presupposti fondamentali di ogni percorso culturale, e sul ruolo di una Chiesa che non può restare indifferente alla costruzione della società civile.

Moderati dal prof. Antonino Raspanti, ex preside della facoltà teologica di Sicilia, gli ospiti della sessione hanno preso la parola. I loro interventi si sono alternati alla lettura di alcuni brani tratti dagli scritti di don Sturzo, eseguita da Flavia Nardelli, Segretario generale dell’Istituto Sturzo.Clicca per ingrandire...

Ad aprire la sessione il prof. Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea presso la Terza Università degli studi di Roma. «Una figura lontana da noi quella di don Sturzo», ha detto Riccardi chiedendosi quale possa essere, allora, il giusto approccio con il suo pensiero. «Come ridivenire familiari con il suo pensiero poliedrico? Come raccogliere la sua eredità?». Andando «al cuore di Sturzo, che è la fede del cristiano», la prima indicazione del prof. Riccardi è quella di «fare la volontà di Dio».  Concetto che rivisita i cardini del nostro vivere cristiano. Ma don Sturzo – ha aggiunto ancora indicando una seconda modalità che ci avvicina alla figura di questo «sociologo con la S maiuscola» - visse la sua spiritualità in obbedienza alla Chiesa, come figlio della Chiesa. Infine Riccardi ha sottolineato come il Sacerdote calatino richiami al «primato della visione». Una necessità attuale anche nella società di oggi povera di speranza. La politica non ha solo bisogno di cultura, necessita di visione. «Le visioni sono icone di speranza».

Mons. Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico organizzatore delle Settimane sociali Clicca per ingrandire...dei cattolici italiani, per meglio valutare il tentativo di riunire la visione naturale e quella soprannaturale, ha ritenuto opportuno «partire invece dalla distanza, dalla divisione» tra questi due ambiti. Una divisione che dall’ateismo illuminista in avanti si è andata stratificando e ha relegato la religione sempre di più nel privato. Forse Sturzo aveva capito, ha aggiunto Miglio, che quale sacerdote egli doveva proiettare il suo ministero fuori dagli edifici di culto, e andare verso il popolo, la povertà, verso la politica e il sociale. E in conclusione il Vescovo ha detto che «forse attraverso la ricerca del bene sociale possiamo cercare di superare la cultura della separazione».

La parola è passata poi al prof. Dario Antiseri, Ordinario di Metodologia delle scienze sociali presso la Luiss di Roma.  In apertura al suo intervento ha voluto sottolineare che don Sturzo non era un clericale, ma «aveva fede nel metodo della libertà». Una condizione necessaria alla perfettibilità dell’uomo questa, a cominciare dalla libertà scolastica, ha detto Miglio ricordando come Sturzo sostenne e incoraggiò l’opera della Montessori. Ma anche libertà economica. «La mancanza di libertà economica determina la mancanza di libertà politica», ha sottolineato. «Se vogliamo un paese Clicca per ingrandire...libero siamo condannati a essere sturziani», ha detto ancora, concludendo e ricordando che il Prete calatino, «il cui pensiero non può certo essere relegato in un museo», ebbe il coraggio di trasformare le sue idee in azioni.

A conclusione della sessione mons. Michele Pennisi, Vescovo della diocesi di Piazza Armerina e Presidente della Commissione storica per la causa di beatificazione don Luigi Sturzo, ha tirato le fila dei dotti interventi che si sono avvicendati nel corso della sessione. «E’ impossibile capire profondamente don Sturzo – ha detto -, che pensò come un uomo d’azione e agì come un uomo di pensiero, se si prescinde dalla visione teologica basata sul realismo del soprannaturale che ha permeato non solo la sua vita interiore ma anche tutta la sua vastissima opera in campo culturale, sociale e politico». E ha ancora sottolineato in conclusione al suo intervento che «a distanza di cinquant’anni dalla morte, il suo tentativo di realizzare un impegno sociale, rispettoso sia di una ben  intesa integralità del Cristianesimo che di una sana laicità della politica, riveste ancora una sua attualità, che rimanda a un impegno creativo e responsabile dei cristiani presenti nei vari schieramenti per realizzare una prassi politica vissuta come atto di amore a servizio del bene comune».

 


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