È
stato Padre Ermes Ronchi, predicatore e scrittore, a introdurre il tema
della seconda giornata di Convocazione, dedicata alla misericordia di
Dio che perdona e riconcilia, libera e guarisce.
«È bello iniziare avvolti
e sorretti dal vento di Dio – ha affermato Ronchi, al termine
dell’invocazione dello Spirito Santo prima del suo intervento. È la
vostra fede che rafforza la mia, per questo sono qui, per essere
rafforzato nella mia fede dalla vostra fede». Fiducia, grazia e
misericordia sono le parole chiave che hanno guidato la relazione sul
tema “Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere
misericordia…” (Eb 4, 16a). Senza paura alcuna, proprio come dice Dio:
“Non temere, non avere paura”.
«Adamo – ha spiegato
Ronchi – fugge perché spaventato, e la paura lo paralizza, neppure
immagina la misericordia. In questo caso, la paura non ha più fiducia
nel Creatore e ha la sua radice nel peccato di fede, che è peccato di
fiducia. Eva e Adamo credono all'immagine deviata che gli offre il
serpente, immagine perversa di Dio che ruba libertà invece che offrire
possibilità, un Dio di cui non fidarsi. E sbagliarsi su Dio è il peggio
che possa capitare – ha proseguito il Predicatore – perché,
conseguentemente, ci si sbaglia su tutto, sulla storia, su se stessi,
sul bene, sul male e sulla vita. La donna e l'uomo non si sono fidati di
Dio eppure
lui si fiderà di loro, inventandosi l'Incarnazione. Si fiderà al punto
da consegnarsi nelle loro mani, inerme, vulnerabile, bisognoso e
incapace di tutto: un bimbetto che piange. Si mette nelle mani di una
“ragazzina” e di un uomo ferito nel suo amor proprio, un’incerta fragile
coppia, poche possibilità, anche solo di nascere, eppure si fida e la
“ragazzina” dice sì e impara a fare la madre e l’uomo dice sì e da quel
momento fa il padre. Dio si mette nelle loro mani e si compie il
miracolo: il Creatore che si fida fino in fonda della sua creatura. Con
il Natale è già ricucito lo strappo originario: un rammendo invisibile
ha coperto il buco della trama d’amore tra Dio e l’uomo, e il filo che
rammenda il peccato e la paura si chiama fiducia, perché la fiducia è
già amore. E quando quel bimbo bisognoso crescerà, sarà maestro di
libertà, spalancherà finestre, sarà vento nelle vele e liberatore di
energie creative».
Così è spiegata
l’importanza di accostarci con piena fiducia alla Misericordia. «Non
restiamo lontani – ha esortato padre Ronchi –, ma seguiamo i sentieri
del cuore che ci portano verso il trono della grazia. La metafora del
trono immagina un Re che governa e decide, Re di grazia, che è la
“signora del mondo”, del cosmo e della storia.
Sul
nostro andare, sul nostro smarrirci, sul nostro ritrovarci, veglia una
benedizione, un sorriso, una benevolenza. In questo mondo di disgrazie è
possibile trovare grazia, che è la bellezza di Cristo, la carezza di Dio
e canale di accesso a lui che si offre». E qualcosa della grazia si può
imparare rileggendo l'Annunciazione. «Maria – ha spiegato il Relatore –
è riempita di grazia perché è piena della benevolenza, della simpatia e
della tenerezza di Dio che per primo le ha detto sì. Tutti siamo amati
così come siamo, ognuno riempito di cielo e di grazia. E che io sia
amato dipende da Dio, non da me. Anche la Riscopriamo la nostra
identità: santi perché amati per grazia».
Dalla grazia si giunge poi
alla misericordia. «Il Padre di ogni misericordia è Dio. La misericordia
per eccellenza – ha aggiunto Ermes Ronchi – si realizza nel grembo di
una donna che riceve un seme e restituisce un frutto. Maria è madre di
misericordia perché accoglie il Figlio di Dio. Anche noi dobbiamo essere
misericordiosi con Dio. Accogliere Dio è aiutarlo ad incarnarsi in
questo mondo per dare carne, corpo, importanza e spessore alla sua
Parola. Il rapporto uomo-Dio non è dare-avere, né dare a ciascuno il
suo. Che io sia salvo, non dipende dal fatto che io amo Dio, ma dal
fatto che egli ama me. La giustizia di Dio è salvare, non punire. Nella
Bibbia ci accorgiamo che all'uomo non è chiesto di scontare il peccato,
ma di confessarlo. Misericordia, quindi, non è semplice perdono dei
peccati, ma esprime il compito di madre che Dio ha nei nostri confronti.
La sola legge è che l'uomo viva: “Vai e non peccare più”. Queste sono le
parole che nel Vangelo bastano a cambiare una vita».
Laura Gigliarelli