«Oggi
avverrà un innesto di misericordia, la Parola muoverà i cuori alla
riconciliazione, alla guarigione e alla liberazione. L’azione
sacramentale e l’azione carismatica si uniranno in un unico abbraccio».
Così Salvatore Martinez ha introdotto la celebrazione penitenziale
guidata dal cardinale Angelo Comastri, eccezionalmente ospite per il
secondo giorno della XXXIV Convocazione nazionale del Rinnovamento nello
Spirito Santo in corso a Rimini.
In un mondo che ha bisogno
di essere rinnovato e trasformato è necessario invocare l’apertura dei
cuori perché la «terra possa diventare un’anticipazione di paradiso e si
compia in noi la Pentecoste per mezzo dello Spirito Santo».
Il ricordo del card.
Comastri è andato al 3 giugno di quarantotto anni fa quando Papa
Giovanni XXIII entrava nella festa dei santi verso la nuova Gerusalemme
pronunciando queste parole: «Signore Gesù tu sai tutto, sai che io ti
amo». Gesù è colui che vive nel mistero di Dio, poichè egli stesso è
Dio. Per questo «non è possibile dare un volto a Dio senza Gesù».
Nell’ultima Cena Gesù disse a Filippo: «Chi ha visto me ha visto il
Padre»
(cf Gv 14, 9) e così anche noi, ha esortato Comastri, «vogliamo rimanere
incantati di fronte al volto di Dio pregando con una volontà vera: Gesù
mostraci il Padre; Gesù mostraci il volto del Padre; Gesù abbi pietà di
noi. Ma prima di rimanere estasiati davanti al volto di Dio dobbiamo
toccare con mano quanto è urgente oggi parlare dell’amore del Padre».
Possono essere tante le testimonianze che descrivono la disperazione del
mondo di oggi, ma tre sono quelle che il Cardinale ha raccontato
sottolineando il «gelo che paralizza l’umanità contemporanea». La prima
è quella del noto scrittore Ernesto Hamingway. In uno dei suoi racconti,
l’autore ha composto una parodia del Padre Nostro per esaltare
“il dio del nulla”, o meglio il “nulla” diventato “dio”. Parole cariche
di tragedia: «Dacci oggi il nostro nulla quotidiano». Nel 1961 Ernesto
Hamingway si è fucilato con un colpo di fucile. «Non si può vivere di
nulla» ha raccomandato Comastri.
Un’altra
testimonianza agghiacciante di quanto sia urgente annunciare il volto
splendido di Dio, che Gesù ci ha rivelato e consegnato, è una preghiera
sulla falsariga del Salmo 23 composta da un drogato di Haarlem e
pubblicata su una rivista americana. «L’eroina è il mio pastore, ne avrò
sempre bisogno». E ancora: «Se camminassi nella valle dell’ombra della
morte, non temerei alcun male perché la droga è con me». Parole amare
che rivelano la disperazione e il bisogno di annunciare la notizia più
bella: «Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla» (Sal 22, 1). La
terza testimonianza che rivela la situazione di tanta parte dell’umanità
è data dalle parole dello scrittore austriaco Bernard Thomas: «L’uomo è
freddo, gelo e nebbia. Siamo degli animali intrappolati dal gelo e il
gelo è onnipotente». «No, non è vero – ha incitato Comastri – Dio è
amore! Non è vero che siamo intrappolati nel gelo, perché siamo
abbracciati da un amore infinito. Questa è la notizia che Gesù ci ha
portato, e noi vogliamo contemplarla perché una volta accolta, cambia la
vita, la trasforma, la fa diventare un canto, la fa diventare un
pellegrinaggio verso la festa. Seguiamo Gesù e scrutiamo
ogni
suo gesto, perché tutto in Lui è rivelazione e manifestazione del Padre:
è racconto di Dio. Ed ecco la sorpresa più bella: Dio non ha le nostre
ripugnanze ma al contrario mostra sovrabbondante misericordia. Cerca i
peccatori e vuole salvarli proprio come Matteo il pubblicano che allentò
la morsa del denaro e afferrò la vera unica ricchezza: Gesù». Ma questo
volto bello di Dio stupiva i contemporanei di Gesù per la sua bontà, al
punto da infastidire gli scribi e i farisei che si sentivano buoni ma
non lo erano. La risposta ancora una volta arriva da Gesù con la
parabola della pecora perduta. «Dio – ha spiegato Comastri – è come un
Pastore che lascia le novantanove pecore al sicuro e cerca la pecora
perduta, ferita e stanca, per metterla sulle sue spalle e riportarla
all’ovile dopo un’interminabile giornata di ricerca. A questo punto Gesù
fa un salto di pensiero che svela le sue precise intenzioni. Egli dice:
“Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore
convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di
conversione” (Lc 15, 7). Gesù parla per correggere coloro che restano
scandalizzati
dalla rivelazione della bontà inaudita del Padre. E aggiunge: Dio è come
una donna che ha dieci monete preziose ma ha perso la pace perché ne ha
perduta una. La moneta preziosa è il peccatore. Ogni uomo è una moneta
preziosa e Dio fa di tutto per tenerlo stretto al suo cuore».
Dio allora è come un
pastore che cerca la pecora perduta e come una donna che “butta all’aria
tutta la casa” per trovare la moneta preziosa. Un amore infinito che
riempie di gioia e apre al mistero dell’amore misericordioso di Dio.
«Allora è tutto facile? No, perché – spiega Comastri - l’incontro con
Dio avviene soltanto se l’uomo lo desidera attraverso un autentico
pentimento dei suoi peccati». Gesù racconta ancora un’altra parabola per
introdurci nell’abbraccio risanante del Padre, Il Figliol Prodigo (cf Lc
15, 11 ss). Due fratelli, il più giovane si allontana dal Padre perché
non capisce la bellezza della sua casa, di essere amato e dei tesori che
ha. L’altro fratello, a suo modo, pur rimanendo in casa, ha spiegato
Comastri, «fa la fuga con il cuore e non si accorge di essere fuggito
fino a quando il ritorno del fratello e l’incapacità di fare festa con
il padre non fanno cadere la maschera, svelando l’ambiguità del cuore.
Questo può capitare anche a noi. Talvolta diciamo quanto è brutto il
peccato ma troppo poco diciamo quanto è bella la virtù. È un paradiso
addormentarsi e chiudere la giornata dicendo: “Sono in grazia di Dio”.
Questo è il vero tesoro, il bene eterno. Il giovane esce di casa e si
ritrova in un porcile; vive per un momento l’illusione della libertà ma
poco dopo si accorge che la felicità è abortita. Fratelli e sorelle
allontanatevi da Dio e vi ritroverete a pascolare i porci. A Dio basta
uno spiraglio e subito lascia entrare un raggio di luce!».
Laura Gigliarelli