Inserita all’interno della
Liturgia penitenziale, la relazione di Padre Raniero Cantalamessa,
O.F.M. Cap. e Predicatore della Casa Pontificia, è stata
una
predicazione della Parola: «Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è
morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia.» (Rm 8,
10).
Padre Raniero inizia
augurandosi che possa realizzarsi qui ed oggi una esperienza di vera e
radicale conversione, di quelle in cui lo Spirito Santo «dimostrerà la
colpa del mondo riguardo al peccato» (Gv 16,8).
Occorre distinguere tra i peccati, al plurale, ed il peccato, al
singolare e che potremmo quasi scrivere con la lettera maiuscola. Questo
peccato potrebbe essere paragonato ad un albero che produce frutti
marci. Nelle nostre confessioni – continua nel suo esempio – spesso ci
limitiamo a raccogliere questi frutti marci. Oggi potremmo porre la
scure alla radice. Da giovane – racconta – sono rimasto colpito dal
fatto che il ceppo di un albero non viene via se non si mette l’accetta
sul “fittone”, una specie di radice madre. Questa radice madre
dell’albero peccato, questo peccato radicale, consiste nel non
riconoscere Dio. Non si tratta, tanto, del non credere in Dio, quanto
del rifiutarsi di dargli la gloria che gli spetta. Commentando il primo
capitolo della lettera ai Romani, Padre Raniero mostra come San Paolo
abbia voluto chiaramente mostrare l’origine dei peccati. I versetti 18 e
seguenti, «… pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né
ringraziato come Dio…» sono alla base dei versetti 24 e seguenti:
«Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro
cuore…». Quando cerchiamo la nostra gloria e accampiamo diritti davanti
a Dio non facciamo che adorare l’opera delle nostre mani ed essere
idolatri. Ecco identificata la radice del nostro peccato, una sola
lettera la divide dalla parola Dio: “io”, me stesso. Non si tratta qui
di rinunciare a quello che noi siamo – avverte Padre Raniero – ma a
quello che siamo diventati, a questo “falso me stesso” che abbiamo fatto
crescere non mettendo mano alla “scure” della Parola di Dio, che è la
spada dello Spirito e ci rivela la verità su noi stessi. Occorre
scegliere tra due modi di vivere: per noi stessi, mettendo al centro il
potere, i soldi e il nostro comodo, o per il Signore, come ci invita Rm
14, 8, facendo della gloria di Gesù il centro della nostra vita.
Padre Raniero Cantalamessa
fa notare che Gesù non ha mai vietato a nessuno di voler essere “primo”,
ma ha indicato la strada per essere veramente primi: «chi vuole
diventare grande tra voi sarà vostro servitore» (Mc 10, 43). Nietzsche
avrebbe dato altri consigli – ironizza il Predicatore – come quello di
fare di tutto per emergere sugli altri, imponendo se stessi anche a
discapito altrui. Ma qui si tratta di fare una rivoluzione copernicana:
non dobbiamo porre noi al centro della nostra vita, ma Cristo.
Scoperta la “radice” ed
impugnata la “scure” della Parola di Dio dobbiamo decidere di dare il
colpo decisivo a questa radice: scegliere oggi chi vogliamo servire. A
questo punto Padre Raniero invita l’assemblea a rinnovare con forza e
convinzione le promesse battesimali, al termine delle quali, però, ha
ancora una “provocazione” da proporre all’assemblea.
Il problema di far entrare
Cristo nella nostra vita è tipico di una fase di prima conversione; nei
momenti di crescita spirituale, invece, quando si tratta di fare un
passaggio di livello nella nostra vita spirituale, il problema non è
tanto quello di far entrare Cristo in noi quanto quello di farlo uscire.
Cristo è dentro di noi e bussa per uscire allo scoperto e permeare tutte
le zone della nostra vita. Spesso, invece, finisce con l’essere murato
vivo in un cuore di pietra, magari non proprio prigioniero, ma
certamente in libertà vigilata: “questo puoi chiedermelo, questo no”.
Così il messaggio che Cristo ci invia a portare al mondo non raggiungerà
mai il destinatario perché – spiega Padre Raniero citando Franz Kafka -
il messaggero è irretito, la città è ingombra di ostacoli ed il mondo
aspetterà invano alla finestra un messaggio che non arriverà.
Come possiamo far emergere
Cristo? Attraverso l’opera dello Spirito Santo. Oltre a convincere il
mondo quanto al peccato, l’opera dello Spirito Santo, come ci viene
mostrato dal racconto di Pentecoste, fa in modo che pur parlando lingue
diverse ognuno sente proclamare le meraviglie del Signore. Il contrario
del peccato non è la virtù – chiosa Padre Raniero Cantalamessa – ma la
lode: in questo tempio di Dio tutti dicano Gloria!
Sandro Gallo