“Tutto quel che abbiamo detto e fatto in questa Convocazione, ora
diventa vero. Non che prima non
lo
fosse, ma ora viene confermato con il sigillo di questa Eucaristia”.
È con questo richiamo
che don Guido Pietrogrande, consigliere spirituale nazionale del
RnS, introduce l’assemblea alla Celebrazione eucaristica conclusiva
della XXXII Convocazione nazionale.
Don Guido inizia la sua omelia richiamando le tre metafore presenti
nella parola di questa domenica: la pietra, l’ovile e il Padre. Se
Gesù è stato scartato –fa notare – anche il Padre è stato scartato.
Tutti noi, in questi giorni ci siamo sentiti più “figli”, tra noi
fratelli e familiari di Dio. Dobbiamo allora accettare che qualcosa
del Figlio deve vivere dentro di noi e come è accaduto a lui,
qualche volta è inevitabile che ci sentiamo anche noi “scartati”. Il
mondo scarta Gesù, buon Pastore, che ci prende per mano. “Chissà
quanti di voi avranno sentito il calore della mano di Dio, durante
questa Convocazione” – prosegue don Guido – attraverso gesti che
allontanano l’estraneità e ci fanno sentire figli, conosciuti,
amati. È il Pastore che ci ha preso per mano, il Pastore che ci
conosce, che ci ama. Eravamo come pecore sperdute, ma Gesù ci raduna
e ci introduce nelle sue scelte, nelle sue decisioni. Se ci
affidiamo all’Agnello, veniamo introdotti nel “luogo” in cui egli
sta parlando con il Padre: la preghiera.
Don
Guido prosegue sottolineando come il Signore chieda anche a noi di
farci pastori per il suo popolo. E lo chiede soprattutto ai
sacerdoti e ai giovani. All’inizio della Convocazione – confida
all’assemblea – “la mia prima gioia è stata quella di entrare nella
Cappella per pregare. Dicevo: Signore, sento nel cuore che tu vuoi
che mi rivolga ai giovani e dica loro che desideri che qualcuno
diventi pastore. Poi dicevo tra me: Gesù, me ne basta uno. Uscendo
fuori mi sono imbattuto in un ragazzo che mi ha detto: sono felice,
ho fatto discernimento,entro in seminario!”.
Il Consigliere spirituale nazionale rivolge poi una domanda
all’assemblea: “Crediamo che Dio chiama oggi? Il Signore non può
lasciare la sua Chiesa senza sacerdoti; la crisi delle vocazioni non
dipende da Dio, ma dalla nostra poca preghiera”. Ed esorta a fidarsi
di Dio, perché egli possa dare risposte alle necessità umane. E la
fiducia si attinge – aggiunge – in colui che dà la vita, che muore
al posto nostro, che promette fedeltà. Come non fidarsi? Anche in
mezzo ai dubbi, Gesù è la certezza.
Infine conclude con l’invito forte a seguire Gesù. “Allora le
vocazioni ci saranno: alla vita, al servizio, finanche al martirio,
perché dovremo in qualche modo dare il nostro sangue, altrimenti che
valore hanno le nostre eucaristie! C’è qualcosa di nuovo che il
Signore vuole fare, nella stessa proporzione con cui il mondo si sta
perdendo: sarà una pioggia di grazia su di noi”. Amen. Alleluia.
A. Pugliese