Padre
Raniero Cantalamessa è particolarmente felice di celebrare il suo 50°
anniversario di sacerdozio con una assemblea di circa 20.000 fratelli,
che con lui sanno moltiplicare il suo rendimento di grazie a Dio. Il
Predicatore della Casa pontificia ricorda il periodo della sua vita,
quando a 15 anni sentì in maniera molto forte la chiamata di Gesù a
diventare sacerdote e francescano. Oggi il mondo impedisce a tanti
giovani di sentire la voce di Gesù che, come accadeva lungo le rive del
lago di Tiberiade, passa ancora chiedendo ad alcuni di seguirlo, perché
c’é troppo frastuono e non riescono ad ascoltare la voce di Gesù.
Partendo dalla domenica come giorno della risurrezione, p. Raniero ha
ricordato che solo i cristiani nel corso della storia hanno creduto che
Gesù è veramente risorto e richiamando un’espressione di un santo russo,
Serafino di Sarov, ha fatto proclamare ad alta voce a tutti i presenti:
«Gioia mia, Gesù è risorto», invitando poi a ripetere questa frase anche
a coloro che incontreranno ritornando a casa. Ma la risurrezione di
Cristo è importante anche per noi stessi, perché se Gesù è risorto,
anche noi risorgeremo.
Oggi purtroppo si sta diffondendo
una mentalità secondo la quale cerchiamo di prolungare la vita dell’uomo
fino a 150 anni, aiutati dalla scienza che promette di realizzare un
tale sogno. A noi cristiani però
non
interessa la quantità, bensì la qualità della vita. Noi crediamo in una
vita soprannaturale, mentre il mondo crede in una supervita naturale.
Noi quindi risorgeremo, ma quando? San Leone Magno – ha ricordato p.
Raniero – parla di due risurrezioni: una del corpo che avverrà alla fine
dei tempi, e l’altra è la risurrezione del cuore, e quella avviene anche
oggi.
Questa risurrezione porta speranza e oggi viviamo in un tempo e in una
società che hanno bisogno di speranza. E noi siamo chiamati a portare
questa speranza – ha concluso p. Raniero – in particolare le donne, a
cui Gesù ha affidato l’annunzio della risurrezione.