Nella giornata del 1
maggio, festa dei lavoratori, dal palco di Rimini sono state lette due
testimonianze relative al lavoro. A raccontarsi, Enzo e Bartolo.
Disoccupato per amore
del Vangelo
«Avevo
un lavoro soddisfacente con il quale “mandavo avanti” la famiglia.
Distribuivo prodotti alimentari a piccoli e grandi rivenditori. Ero
abbastanza appagato». Sposato con Antonella e padre di tre figli, Enzo
comincia a frequentare un gruppo del Rinnovamento nel 1995, invitato da
sua moglie. «Lì è iniziata la mia conversione – racconta dal palco di
Rimini –. Ho scoperto che Dio mi parlava e trasformava la mia vita con
la sua Parola». E la sua vita cambia radicalmente: «Durante il Seminario
di vita nuova cominciavo a comprendere che nel mio lavoro c’erano troppi
compromessi. Il mio lavoro, nel modo in cui era condotto e gestito, non
poteva essere gradito a Dio!».
Di qui, la difficoltà
della decisione, che coinvolgeva non solo lui, ma anche chi con lui
gestiva l’azienda. «Intanto la Parola mi guidava – continua –
mostrandomi il peccato presente nel mio lavoro, e mi chiedeva fiducia e
abbandono in Dio». Nel 1998 Enzo lascia quel lavoro nonostante fosse
l’unico mezzo di sostentamento della sua famiglia. E senza avere davanti
a sé nessun’altra prospettiva: «Ci fidavamo solo di Dio e della sua
promessa di abbondanza dopo un tempo di purificazione. Il gruppo di
preghiera si mobilitò e non ci fece mancare né il sostengo della
preghiera incessante né il sostengo materiale. Dopo sei mesi,
improvvisamente, fu il mio nuovo lavoro che trovò me e non io a trovare
lavoro».
Proprio davanti casa di
Enzo una libreria viene messa in vendita. Grazie a un pagamento
facilitato, riesce ad acquistarla. Oggi la gestisce insieme alla moglie:
«è una libreria cattolica, ma soprattutto il luogo in cui annunciamo
Gesù».
La mia conversione
avvenne in carcere
«Mi
trovai improvvisamente in carcere, innocente. A casa mi attendevano una
moglie e due figli piccoli, senza neanche il necessario per vivere». Nel
1989, a ritorno dalla fiera del mobile di Milano dove era andato per
lavoro, Bartolo viene arrestato. Sul treno aveva incontrato un ragazzo
di un paesino calabrese vicino al suo. Giunti alla stazione avevano
preso lo stesso taxi. La Guardia di Finanza – racconta Bartolo - trovò
nel borsone di quel ragazzo un fucile. E Bartolo fu considerato
complice.
Nei due anni in cui è
costretto in carcere vive una profonda conversione. «Chiedevo a Dio il
perché di quella situazione e riflettevo sulla mia vita, pensando a
quando ero a casa e bestemmiavo, a quando mia moglie frequentava la
Messa e io mi arrabbiavo. All’improvviso è stato come se in quella cella
fosse esplosa la luce. Cominciai a piangere, a tremare, e compresi che
Dio non mi aveva mai abbandonato ma era lì vicino a me. Quando mia
moglie venne a trovarmi in carcere le chiesi di portarmi una Bibbia e
iniziai a leggerla senza curarmi dei miei compagni di cella che mi
prendevano in giro».
Uscito dal carcere,
Bartolo spera di ricominciare dal suo lavoro, dal suo negozio di mobili
rimasto chiuso per tutto quel tempo. E invece a causa di un guasto alle
tubature il magazzino si era allagato e tutti i mobili erano da buttare:
«Non avevo più neanche una sedia sulla quale sedere! Invocai piangendo
la Vergine Maria e le promisi che, se solo mi avesse dato la forza di
ricominciare, mi sarei preso cura di ogni bisognoso incontrato sulla mia
strada». Bartolo incontra un gruppo del RnS e comincia a frequentarlo
insieme alla moglie e ai figli: «Lì ho capito cosa vuol dire essere
chiamati alla santità. Desideravo con tutto il cuore servire Dio e i
fratelli. Il poco che avevo si raddoppiò e il doppio si triplicò. Mi
impegnai a mantenere la promessa fata alla Mamma celeste e, con l’aiuto
del mio gruppo di preghiera, ho messo in piedi un centro di accoglienza
per immigrati, principalmente extracomunitari, interamente sostenuto da
volontari. Attualmente diamo da mangiare tre volte la settimana a più di
trecento persone».