L’affermazione
di Kafka che “esiste un punto di arrivo, ma nessuna via” è vera solo a
metà. Perché la fede ci dice – e dunque è vero – che il punto di arrivo
esiste, ed è Cristo, il punto Omega: infatti “tutto è stato creato in
vista di Lui” (Col 1,16). Ma non è vero che “non esiste nessuna via”,
perché Lui è la Parola fatta carne che per noi si è fatta via (cfr Gv
14,5). E oltre che via, si è fatto viatico: insieme compagno di viaggio
e pane per il cammino. Emmaus è storia in corso: i discepoli che
iniziano il cammino come mendicanti di senso, rompono il silenzio per
aprire il dialogo. Imparano a interpretare la propria vita e le proprie
esperienze a partire dalle Scritture, mentre il Risorto illumina il
loro cuore. Fanno una sosta nel cammino per chiedere al Signore di
rimanere con loro. Nella sua misericordia Egli entra nel loro “spazio
vitale” e rimane con loro. Quello che succede dopo è pura comunione
fraterna. “Quando fu a tavola, prese il pane, disse la benedizione, lo
spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo
riconobbero” (Lc 24,30s). In seguito ritornano dai loro compagni e fanno
esperienza di condivisione, prima attraverso l’ascolto attento e
stupito, poi, narrando la vittoria della vita sulla morte, manifestatasi
definitivamente nella risurrezione di Cristo.
Emmaus
è strada in corso: è metodo sempre praticabile e cammino sempre
percorribile. Come tutte le cose che contano, il metodo Emmaus è
semplice ed essenziale: incontrarsi, riunirsi; parlare di ciò che è
accaduto; condividere il Vangelo e rileggere la vita; pregare e lodare
Dio per tutti i suoi doni; celebrare la comunione fraterna; tornare ai
fratelli e sorelle del mondo intero con la bella notizia che ha
trasformato le nostre vite: “davvero il Signore è risorto!”.
In questi giorni voi
ancora una volta rivivrete qui a Rimini l’esperienza di Emmaus: la
nostra diocesi si rallegra per la vostra convocazione e attraverso il
Vescovo vi porge il più lieto e cordiale benvenuto. Se, come diceva
Tommaso d’Aquino, “chi vive nella carità, partecipa di tutto il bene che
c’è e si fa nel mondo”, come potrebbe accadere che il tanto bene che in
questi giorni lo Spirito tra volte santo qui compirà, non abbia una
ricaduta nella nostra Chiesa diocesana che vive e cammina in questo
lembo di mondo a voi più vicino? Ma noi ci auguriamo che anche voi
possiate godere almeno di qualche frutto dei tanti che lo Spirito
continua a donarci per l’edificazione comune. Sì, a pochi mesi
dall’inizio
del
mio ministero in questa Diocesi, permettetemi di dire con umiltà e
gratitudine che il Signore non si è affatto stancato di noi, anzi
continua a guidarci e ad accompagnarci, a sostenerci e a consolarci.
Permettetemi di formulare
un augurio: che ognuno di voi possa dire al termine di questi giorni
come i due discepoli di Emmaus: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto,
mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?” (Lc 24,32).
Non posso però chiudere
questo saluto senza ricordare che il 14 marzo scorso se ne è andata per
il santo viaggio Chiara Lubich, definita da Salvatore Martinez “donna
divorata dallo Spirito”. Nel suo testamento spirituale ha lasciato
scritto: “E’ tensione della mia vita vivere sempre la Parola, essere la
Parola, la Parola di Dio. L’amo tanto che desidererei arrivare al punto
che , se mi chiedessero: ‘Ma tu chi sei?’, vorrei rispondere: Parola di
Dio”.
Che anche per noi così
sia!