“Siamo
la penna dello Spirito Santo
se ci lasciamo guidare da Lui”
Sintesi dell'omelia
del Card. Tarcisio Bertone, Arcivescovo di Genova
Rimini, 23 aprile 2005 -
ore 18:55
La concelebrazione odierna
è stata presieduta dall’Arcivescovo di Genova Card. Tarcisio Bertone.
Nell’omelia il Cardinale
ha invitato i fedeli a fissare lo sguardo in contemplazione di Gesù,
immagine per eccellenza del Padre, come Lui stesso ci ha detto. “Io
sono nel Padre e il Padre è in me”. Gesù, come un vetro trasparente
purissimo e terso, lascia vedere il Padre.
L’autore delle Scritture è
lo Spirito Santo, ma lo Spirito Santo si serve degli uomini e la
Scrittura è contemporaneamente opera divina e opera umana. Il Cardinale
ha invitato tutti a collaborare al progetto di Dio. “Siamo la penna
dello Spirito Santo se ci lasciamo guidare da Lui”. “Ogni opera
buona è attribuita alla grazia di Dio , ma è contemporaneamente opera
nostra , tutta nostra e tutta di Dio, così come Gesù è vero Dio e vero
uomo”. La nostra attività deve essere contemporaneamente umana e
divina , come l’abbiamo vista brillare in Giovanni Paolo II e Benedetto
XVI. Queste parole sono state accolte da un applauso dell’assemblea.
Il Cardinale, facendo
riferimento alla messa esequiale di Giovanni Paolo II, ha poi rilevato
come il giorno che sembrava dell’addio, il giorno triste, Dio
imprevedibilmente lo ha caricato di futuro. Egli ha invocato lo Spirito
Santo perché il nuovo
Papa
e la Chiesa prendano il largo e trasformino tutta la faccia della terra
e si possano vedere cieli nuovi e terre nuove. Il Cardinale ha ricordato
come in piazza San Pietro il vento forte scompigliava ogni cosa,
sferzava il volto dei grandi e sembrava voler strappare cappelli e
simboli di variegate dignità. Il presule ha ricordato come il vangelo
posto sulla bara di Giovanni Paolo II sia stato prima sfogliato e poi
chiuso dal vento. Il Cardinale ha invocato lo Spirito Santo perché tutta
la Chiesa riapra quel libro e i cristiani ne facciano sentire la Parola
che sola può saziare la sete di verità.
Ha descritto il nuovo
Pontefice, con il quale ha a lungo collaborato negli scorsi anni,
“uomo dalla fede robusta, dalla scienza poderosa, custode della fede”,
rendendo grazie per la sua fede esemplare. Ne ha elogiato il
magisterium cathedrae che ha nutrito anche la fede dei semplici da
lui sempre difesi
e
il magisterium vitae di uomo capace di creare amicizia,
fraternità, cordialità, rispettoso di tutti. Ha ricordato che la scelta
del nome di Benedetto è stata fatta da Joseph Ratzinger in memoria del
genovese Papa Benedetto XV, Papa di pace e di riconciliazione nella
Chiesa e tra le nazioni e in memoria di San Benedetto del quale avrebbe
desiderato seguire le orme in gioventù. Ha citato due motti che sempre
lo hanno accompagnato: “sub ductu Evangelii” , sotto il governo
del vangelo tutta la vita, e “nihil Christo anteponatur”, nulla
sia anteposto a Cristo. Il Cardinale ha concluso dicendo che la Chiesa
ha bisogno di uomini e donne di intelletto e di cuore per conquistare a
Cristo Gesù il cuore e l’intelletto di altri uomini e donne e citando
San Benedetto ha ricordato che vi è uno zelo buono che conduce a Dio e
alla vita eterna.E’ a questo zelo che i cristiani devono esercitarsi
volendosi bene, sopportando le sofferenze, temendo Dio nell’amore e“nulla
assolutamente anteponendo a Cristo che ci condurrà tutti alla vita
eterna”. |