“Le
misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua
compassione (Lam 3, 22)”: su questo tema si è svolta la seguita
relazione di p. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa
Pontificia, autore di molti testi di spiritualità e commentatore del
Vangelo domenicale nella rubrica A sua immagine.
La
relazione è stata posta sotto il segno dell’audacia del cristiano che deve
avere il coraggio di proclamare la Lieta Novella che gli è stata
annunciata. Il colpo d’audacia della fede consiste nella capacità di osare
con Dio, perché ci viene da lui stesso che ci ha dato ali per volare.
Il
fondamento scritturistico lo troviamo nelle parole stesse di Gesù (cf Mc
1, 15), considerato il manifesto programmatico della sua azione.
Nell’Antico Testamento convertirsi significava fare marcia indietro,
tornare
all’alleanza (shub: voltarsi indietro). Lo stesso significato era usato da
Giovanni Battista.
Con Gesù
la metanoia assume un significato diverso, ha spiegato p. Cantalamessa,
non tornare indietro, ma fare un balzo avanti. Il colpo d’audacia consiste
nel credere che davanti a noi c’è il Regno di Dio che Gesù ha portato a
noi. Non c’è nulla da fare, ma solo da accogliere. Questo è il cammino
spirituale fatto da Paolo, che dall’osservanza delle regole, come Fariseo,
è passato a un concetto diverso di giustificazione per grazia.
Occorre pure scoprire la chiave per poter fare questo colpo d’audacia che
è la fede, intesa in questa accezione come fede-appropriazione, capacità
di fare propria una capacità, facoltà che ci è donata. Se non le
esercitiamo si atrofizzano, come la memoria, allora bisogna riattivare
anche la nostra fede.
Per
ridestare la fede occorre dapprima ridestare lo stupore, la meraviglia,
che consiste nel privilegio di poter credere.
In
conclusione il relatore ha spiegato il sacramento della riconciliazione,
alla luce dell’impostazione pneumatologica: “Ricevete lo Spirito santo
a coloro cui rimetterete i peccati saranno rimessi…”.
L’immagine dello Spirito a Pentecoste è il fuoco che purifica a fondo,
come l’oro che si passa nel crogiuolo, per poter rilucere e brillare.
Padre Cantalamessa ha ricordato il suo primo impatto con il RCC. Fino al
1975 ha “confessato” di essere stato sempre incuriosito, ma non sempre
favorevole: “in occasione di un incontro a Roma ho collaborato al
ministero di riconciliazione e debbo confessare di essere stato a mia
volta convertito dopo quell’esperienza”.
Un
messaggio di fiducia e speranza per tutti perché la confessione non è un
“processo”, ma il confessore è padre che accoglie, come nella Parabola del
figliol prodigo.
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