La
preghiera comunitaria che apre la sessione conclusiva della 35ª
Conferenza nazionale animatori inizia con un richiamo alla festa di
tutti i Santi. «C’e festa in cielo e anche qui sulla terra. Siamo uniti
alla moltitudine dei nostri “omonimi” che stanno in cielo e, come loro,
rendiamo lode davanti al trono di Dio», annuncia festosamente l’équipe
di animazione della preghiera mentre s’intonano canti di gloria e lode
al Signore. Il primo forte invito è ad aprire gli occhi del cuore, della
mente e della volontà perché si possa riconoscere profondamente la
presenza di Gesù che passa in mezzo al suo popolo. E si dà gloria al
nome del Signore a una sola voce, per tutti coloro che non lo invocano
mai, per quelli che lo bestemmiano, per i gruppi che vivono al loro
interno divisioni, per i politici e i governanti.
«Gloria al tuo nome sulla terra»: questo il grido
di battaglia, suggerito dagli animatori della preghiera, dell’esercito
di Dio che avanza in mezzo al suo popolo come un prode valoroso. Ma
nessuno può invocare il nome di Gesù senza l’aiuto dello Spirito Santo.
«Maranathà – s’invoca - sulle nostre divisioni,
sul nostro consiglio e intelletto, maranathà sulle nostre vite e su
quelle delle nostre comunità che hanno bisogno di essere trasformate».
Il Signore non si fa attendere e si manifesta attraverso la sua Parola
profetica: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da
Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è
carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,5-6).
«È uno Spirito di discernimento quello che è sceso
in mezzo a noi. Diamo un nome a questa carne – si esorta dal palco -,
diamo un nome al nostro peccato, alle nostre schiavitù, ai nostri troppi
accomodamenti». Questa la sollecitazione, l’invito a deporre ai piedi di
Gesù tutti i peccati e le ferite perché possano essere lavati dal suo
sangue. S’invoca il nome di Gesù sui peccati di superbia, di orgoglio,
di egoismo, di lussuria, sulle catene dell’ira, della maldicenza,
dell’odio e dello sdegno, per tutti i vincoli e le dipendenze, comprese
quelle create con i fratelli dei gruppi, condizionandoli o bloccando la
loro vita carismatica.
«Oggi
vogliamo dire sì al Signore, non vogliamo tirarci indietro, vogliamo
dare tutto per il regno di Dio». Ancora s’invoca il nome di Gesù in modo
che la parola di Dio inizi a correre con maggiore forza. L’assemblea ha
la conferma di essere veramente unita alla Gerusalemme celeste
attraverso un’altra Parola profetica: «Vidi poi un nuovo cielo e una
nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il
mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova , scendere dal
cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii
allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con
gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli
sarà il ‘Dio-con-loro’. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci
sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di
prima sono passate”». (Ap 21, 1-4).
Uomini e donne nuovi, famiglie nuove, organismi pastorali nuovi e un
Rinnovamento nello Spirito “nuovo” Questo è il mandato che il Signore
lascia a conclusione della preghiera.
Francesco Storino