«Fratelli e sorelle, ogni
volta che nella santa Liturgia si legge la Parola di Dio, è Dio stesso
che parla». Così mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, si è rivolto
durante l’omelia ai migliaia di fedeli del Rinnovamento spiritualmente
uniti nel giorno del Signore.
«Gesù
ci rivolge ancora il suo insegnamento e ci ripete lo stesso
avvertimento: “state attenti perché non siate come quelle persone che
dicono e non fanno”. E noi a chi apparteniamo, a quelle stesse persone?
– ha chiesto provocatoriamente il Vescovo - Qual è la nostra condizione?
Di quelli che dicono e non fanno? Di quelli che annunciano e non
testimoniano con la vita? La fede – ha esortato – è la vita che noi
siamo chiamati a porre in essere. Testimoniare vuol dire annunciare e
vivere».
Commentando il Vangelo di
Matteo e le letture del giorno, Fisichella ha messo in evidenza, in
particolare, due elementi fondamentali e non trascurabili. «”Voi non
ascoltate” è il primo rimprovero di Gesù, seguito da un altro importante
ammonimento, “avete vissuto parzialità nel vostro insegnamento”. Troppe
volte – ha spiegato – impediamo a noi stessi di essere la bocca dello
Spirito. Se l’uomo è pieno di sé lo Spirito non riesce a entrare. Al
contrario, il cuore deve essere vuoto per riempirsi della Parola di Dio.
È soprattutto il peccato di ipocrisia, evidenziato nel Vangelo di
Matteo, il rischio di oggi. “Falsi! Non siete voi stessi quando
annunciate, cambiando continuamente il vostro volto”. Ma se non poniamo
ascolto alla Parola, come potremo annunciare? La fede viene dall’ascolto
e proprio questo porta all’obbedienza della fede, che è la prima
dimensione. Diversamente la conseguenza sarebbe drammatica: usare
parzialità nell’insegnamento. Dov’è la radicalità della Parola di Dio
che viene annunciata? Non siamo noi forse incapaci di dare a questa
radicalità tutto il suo peso e tutto il suo valore? Guai a noi – ha
proseguito Fisichella - se dovessimo cadere nella stessa ipocrisia degli
antichi. La Parola di Dio non può essere amputata. È su questa Parola
che noi saremo realmente giudicati. E proprio perché si tratta di una
Parola di misericordia e di amore è radicale e non conosce tramonto.
Amare è dare tutto se stessi. Allora “chi di voi si esalterà sarà
umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”. L’ascolto richiede
l’umiliazione, cioè riconoscere l’azione di Dio».
Un
compito difficile ma che si ispira «all’esempio della Vergine Maria – ha
aggiunto il Vescovo - è in lei che riconosciamo la realtà della promessa
fatta da Cristo. Maria ha accolto nella sua vita la propria vocazione:
diventare madre, donando tutta se stessa senza alcuna resistenza».
È poi l’apostolo Paolo a
ricordare l’impegno, «”il duro lavoro e la fatica” a cui siamo chiamati:
annunciare il Vangelo di Dio. La parola ‘fatica’ – ha spiegato
Fisichella - nella lingua latina si traduce anche con la passione. Ecco,
noi dobbiamo perseguire la passione per il Vangelo in modo da portare a
ogni creatura la Parola di salvezza. Questo sarà l’indice della nostra
credibilità».
Infine l’ultimo invito:
«abbiamo bisogno – ha concluso il Vescovo – di uomini e di donne con la
mente illuminata dalla Parola di Dio e con il cuore aperto alla grazia
che trasforma. Solo così Dio potrà di nuovo tornare in mezzo agli uomini
del nostro tempo che lo hanno dimenticato. Possa la giornata di oggi
diventare per ognuno di noi un rinnovato annuncio dell’amore del
Padre!».
Laura Gigliarelli