Nell'incontro col Comitato Regionale del Piemonte e della Valle d'Aosta,
al quale era presente
anche Miriam Herber, membro del Comitato
Nazionale di Servizio del RnS, Mons.
Luciano Pacomio ha relazionato sul tema “Pastori e pastoralità”, con riferimento a Ezechiele 34.
Il relatore si è subito calato nel concreto ponendo una domanda: che cosa
vuol dire pastoralità, al fine di capirne le differenze e la specificità,
poiché, nel testo, i pastori non sono solo i sacerdoti.
Per questo è stata data una riflessione sull’etimologia della parola.
Pastorale deriva da pastore, ossia da un mestiere concreto, duro e povero.
Gesù ha fatto suo
tutto questo e l’ha superato in una dimensione
spirituale nuova, identificandosi e facendosi porta e voce e ovile (cfr.
Gv 10); quindi spazio vitale e presenza di cura, custodia e nutrimento.
Pastorale è ogni azione storica del credente e testimoniante, di ogni
battezzato che promuove la fede e la fa crescere per tutta la vita, nella
consapevolezza che c’è un unico disegno di salvezza. Pertanto per il
credente non esistono confini per l’annuncio: suo compito primario e
vitale è dire e promuovere la fede in Gesù.
Ne deriva che attribuire solo ai preti e ai vescovi la pastoralità è per i
laici una mera giustificazione di disimpegno, perché oggi siamo tutti
interpellati in prima persona nella trasmissione della fede, e poiché
l’amore di Cristo ci spinge, ognuno di noi è soggetto di azione pastorale.
Angelo Civalleri
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