“ABBIAMO BISOGNO DI QUESTO RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO!” Papa Benedetto XVI al Presidente del RnS (Città del Vaticano, 21 maggio 2010)
A conclusione della XXIV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, una breve testimonianza del Presidente del RnS e Consultore del Dicastero, Salvatore Martinez, e il testo integrale del Discorso del Papa Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria ricevuti in Udienza privata
L’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, svoltasi nei giorni immediatamente precedenti alla Pentecoste (20-22 maggio uu.ss.), dunque nel cuore della Novena allo Spirito Santo, è stato uno speciale tempo di grazia, di cattolicità vissuta, di ascolto grato delle meraviglie che lo Spirito compie in ogni angolo della terra.
Membri e Consultori del Dicastero - circa ottanta persone tra cardinali, vescovi e laici provenienti da tutti i Continenti - abbiamo riflettuto su un tema di stringente attualità: Testimoni di Cristo nella comunità politica.
Il tema, di fatto, ci è stato suggerito da Papa Benedetto XVI il quale, in occasione della Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici del 2008, così si era a noi rivolto ricevendoci in Udienza privata: “Ribadisco la necessità e l’urgenza della formazione evangelica e dell’accompagnamento pastorale di una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune” (15 novembre 2008).
Pertanto, due criteri metodologici: “formazione evangelica e accompagnamento pastorale”; e poi cinque “tratti somatici” per un vero profilo del testimone: “coerenza con la fede professata; rigore morale; capacità di giudizio culturale; competenza professionale; passione di servizio per il bene comune”.
È tutto qui il senso, il destino e l’impegno che si richiede “ad una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica”. Si badi bene: non “politici cattolici”, dove cattolico diventa un aggettivo, un distintivo, una possibilità tra altre, senza rimando alla vita di una comunità e all’obbedienza al Magistero. Ma “cattolici impegnati nella politica”: prima di tutti si è di Cristo, impegnati in un cammino di conversione e di discepolato, uniti ai fratelli nella fede. Solo così si può legittimamente essere testimoni di Cristo nella storia, nella società, in qualsivoglia contesto, compreso quello della politica. Solo così si esprimerà una speciale vocazione di servizio per il progresso dell’uomo, maturata proprio all’interno della comunità cristiana nella preghiera, nella condivisione fraterna, nel confronto con la Parola di Dio, nello studio del Magistero della Chiesa.
A partire da questi assunti, la Plenaria di quest’anno ha voluto soffermarsi sul significato dell’essere Testimoni di Cristo nella comunità politica. Oggi il tema dell’“autenticità cristiana” non può più essere sottaciuto: o si è testimoni di Cristo o Cristo passerà sempre più inosservato! Ciò vale in ogni ambito della vita umana e non esclude nessuna categoria di uomini. Il realismo della fede deve accompagnarci alla radicalità evangelica, altrimenti il relativismo etico e il riduzionismo spirituale renderanno sempre più marginale e insignificante il Vangelo e la Chiesa che del Vangelo è depositaria e annunziatrice.
È il Vangelo la migliore scuola di laicità possibile per l’umanità, perché nessuno più di Gesù ha insegnato agli uomini l’arte di vivere, partendo dal posto più insignificante della geopolitica del tempo, una stalla di Nazareth, e occupando infine il posto più infame per la politica del tempo, cioè la croce, per dire con i fatti come si ama, come si sta dalla parte della gente fino a dare la vita per i propri nemici.
Utopia? Ma allora lasci perdere chi pensa di dirsi cristiano in politica. Non esiste altra via. Che tu voglia assimilarti al “cristianesimo dell’essere lievito” o al “cristianesimo dell’essere luce” non puoi sfuggire alla prova del Vangelo. L’indimenticato Papa Giovanni Paolo II, con ferma lungimiranza sentenziava: “Non c’è soluzione alla questione sociale al di fuori del Vangelo” (in “Centesimus Annus”, 3).
Urge tornare al Vangelo. Senza mezze misure, senza accomodamenti di senso e di prassi, senza vergogna di dirsi cristiani. Perché il Vangelo è passione, è sacrificio, è coerenza tra la fede che si professa e la vita che si conduce, “il cui distacco, sempre più evidente - già il Concilio nella Gaudium et Spes - considerava uno dei più gravi errori del nostro tempo” (n. 43).
Mai dimenticarlo: dal Vangelo nasce la Chiesa, il modello più efficiente di organizzazione, di management, di pianificazione strategica che la storia da duemila anni possa vantare: nessuna diplomazia è mai stata più longeva di quella fondata sul Vangelo. Chi sta dalla parte di Cristo non soccombe, resiste ai secoli.
Urge un rinnovamento. Una seria, profonda stagione di rinnovamento che abbia un segno distintivo di svolta, un’espressione autentica di fede in un gesto alla portata di tutti: riprendere il Vangelo tra le mani. Rimetterlo nel cuore, nella testa, nella volontà. Quanto più si vorrebbe una vita ispirata al Vangelo di Gesù, una politica ispirata al Vangelo, tanto più è urgente riprendere il Vangelo tra le mani. Un Vangelo da ascoltare, meditare, pregare, approfondire, condividere, proclamare, servire, non appena sul piano personale, ma soprattutto nella lettura spirituale ed ecclesiale che si fa nelle nostre comunità.
Il miracolo di una vita nuova, di una politica nuova, di un Paese nuovo non risiede nelle nostre forze umane, ma nella forza dello Spirito Santo, perché appaia chiaramente che è opera sua, proprio attraverso le nostre debolezze e infermità.
Ben lo ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, concludendo la sua terza Enciclica Caritas in Veritate, in cui si osservano i grandi temi dello sviluppo sociale, scientifico, economico e politico nel tempo della globalizzazione, all’inizio del Terzo millennio di storia cristiana: «Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace» (n. 79).
Con queste premesse, Vi invito a leggere e a considerare con attenzione il testo che segue. Si tratta del discorso offerto dal Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria, conclusasi con la S. Messa Vespertina nella Vigilia di Pentecoste.
Non posso, però, concludere questa mia breve testimonianza senza raccontare quanto accaduto proprio a conclusione dell’Udienza privata. Ho avuto il privilegio, insieme a pochi altri Membri e Consultori partecipanti all’Udienza, di salutare il Santo Padre e di conferire con Lui per qualche istante.
Ricordando al Papa quel grande “anticipo di Pentecoste” che è stato il raduno dei Movimenti e delle Associazioni ecclesiali in piazza S. Pietro, domenica 16 maggio u.s., nel commovente abbraccio filiale che 200.000 fedeli hanno voluto tributare a Benedetto XVI, il Papa con sguardo ammirato mi ha ringraziato per la gioia che questo incontro Gli ha procurato.
Ho subito replicato, affermando che il Rinnovamento è impegnato a testimoniare fedeltà alla Chiesa non solo nelle grandi occasioni o nei momenti più difficili, ma ogni giorno. E il Papa ha concluso: “Abbiamo bisogno di questo Rinnovamento nello Spirito Santo!”.
Leggo in questa espressione quel “già e non ancora” che ci fa crescere ogni giorno nella fedeltà alla nostra missione, docili allo Spirito, per essere ancora di più “chance nella Chiesa” (Paolo VI, 1975) e “speranza per il mondo” (Giovanni Paolo II, 1986).
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Sala del Concistoro
Signori
Cardinali,
È con gioia che accolgo voi tutti, Membri e Consultori, partecipanti alla XXIV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Rivolgo un cordiale saluto al Presidente, Cardinale Stanisław Ryłko, ringraziandolo per le cortesi parole che mi ha rivolto, al Segretario, Mons. Josef Clemens, e a tutti i presenti.
La composizione stessa del vostro Dicastero, dove, accanto ai Pastori, lavora una maggioranza di fedeli laici provenienti dal mondo intero e dalle più differenti situazioni ed esperienze, offre un’immagine significativa della comunità organica che è la Chiesa, in cui il sacerdozio comune, proprio dei fedeli battezzati, e il sacerdozio ordinato affondano le radici nell’unico sacerdozio di Cristo, secondo modalità essenzialmente diverse, ma ordinate l’una all’altra.
Giunti ormai quasi al termine dell’Anno Sacerdotale, ci sentiamo ancora di più testimoni grati della sorprendente e generosa donazione e dedizione di tanti uomini “conquistati” da Cristo e configurati a Lui nel sacerdozio ordinato. Giorno dopo giorno, essi accompagnano il cammino dei christifideles laici, proclamando la Parola di Dio, comunicando il suo perdono e la riconciliazione con Lui, richiamando alla preghiera e offrendo come alimento il Corpo e il Sangue del Signore. È da questo mistero di comunione che i fedeli laici traggono l’energia profonda per essere testimoni di Cristo in tutta la concretezza e lo spessore della loro vita, in tutte le loro attività e ambienti.
Il tema di questa vostra Assemblea: “Testimoni di Cristo nella comunità politica”, riveste una particolare importanza. Certamente, non rientra nella missione della Chiesa la formazione tecnica dei politici. Ci sono, infatti, a questo scopo varie istituzioni. E’ sua missione, però, “dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime… utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni” (Gaudium et spes, 76).
La Chiesa si concentra particolarmente nell’educare i discepoli di Cristo, affinché siano sempre più testimoni della sua Presenza, ovunque. Spetta ai fedeli laici mostrare concretamente nella vita personale e familiare, nella vita sociale, culturale e politica, che la fede permette di leggere in modo nuovo e profondo la realtà e di trasformarla; che la speranza cristiana allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere, verso Dio; che la carità nella verità è la forza più efficace in grado di cambiare il mondo; che il Vangelo è garanzia di libertà e messaggio di liberazione; che i principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa - quali la dignità della persona umana, la sussidiarietà e la solidarietà - sono di grande attualità e valore per la promozione di nuove vie di sviluppo al servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
Compete ancora ai fedeli laici partecipare attivamente alla vita politica, in modo sempre coerente con gli insegnamenti della Chiesa, condividendo ragioni ben fondate e grandi ideali nella dialettica democratica e nella ricerca di un largo consenso con tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita e della libertà, la custodia della verità e del bene della famiglia, la solidarietà con i bisognosi e la ricerca necessaria del bene comune. I cristiani non cercano l’egemonia politica o culturale, ma, ovunque si impegnano, sono mossi dalla certezza che Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana (cfr Congr. per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale su alcune questioni relative all’impegno e al comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 nov. 2002).
Riprendendo l’espressione dei miei Predecessori, posso anch’io affermare che la politica è un ambito molto importante dell’esercizio della carità. Essa richiama i cristiani a un forte impegno per la cittadinanza, per la costruzione di una vita buona nelle nazioni, come pure ad una presenza efficace nelle sedi e nei programmi della comunità internazionale.
C’è bisogno di politici autenticamente cristiani, ma prima ancora di fedeli laici che siano testimoni di Cristo e del Vangelo nella comunità civile e politica. Questa esigenza dev’essere ben presente negli itinerari educativi delle comunità ecclesiali e richiede nuove forme di accompagnamento e di sostegno da parte dei Pastori. L’appartenenza dei cristiani alle associazioni dei fedeli, ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità, può essere una buona scuola per questi discepoli e testimoni, sostenuti dalla ricchezza carismatica, comunitaria, educativa e missionaria propria di queste realtà.
Si tratta di una sfida esigente. I tempi che stiamo vivendo ci pongono davanti a grandi e complessi problemi, e la questione sociale è diventata, allo stesso tempo, questione antropologica. Sono crollati i paradigmi ideologici che pretendevano, in un passato recente, di essere risposta “scientifica” a tale questione. Il diffondersi di un confuso relativismo culturale e di un individualismo utilitaristico ed edonista indebolisce la democrazia e favorisce il dominio dei poteri forti.
Bisogna recuperare e rinvigorire un’autentica sapienza politica; essere esigenti in ciò che riguarda la propria competenza; servirsi criticamente delle indagini delle scienze umane; affrontare la realtà in tutti i suoi aspetti, andando oltre ogni riduzionismo ideologico o pretesa utopica; mostrarsi aperti ad ogni vero dialogo e collaborazione, tenendo presente che la politica è anche una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi, ma senza mai dimenticare che il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione.
È necessaria una vera “rivoluzione dell’amore”. Le nuove generazioni hanno davanti a sé grandi esigenze e sfide nella loro vita personale e sociale. Il vostro Dicastero le segue con particolare cura, soprattutto attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù, che da 25 anni producono ricchi frutti apostolici tra i giovani. Tra questi vi è anche quello dell’impegno sociale e politico, un impegno fondato non su ideologie o interessi di parte, ma sulla scelta di servire l’uomo e il bene comune, alla luce del Vangelo.
Cari amici, mentre invoco dal Signore abbondanti frutti per i lavori di questa vostra Assemblea e per la vostra attività quotidiana, affido ciascuno di voi, le vostre famiglie e comunità all’intercessione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.
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