Giovedì
scorso, ricevendo il titolo di “Canonico onorario” della Basilica di S.
Giovanni in Laterano, secondo un’antica tradizione, il Presidente
francese Nicolas Sarkozy così commentava il suo assunto di “laicità
positiva” per l’Europa: “Ritengo che una nazione che ignori l'eredità
etica, spirituale, religiosa della propria storia commetta un crimine
contro la sua cultura, contro l'insieme della sua storia, del suo
patrimonio fatto di arte e di tradizioni popolari che impregna in
maniera così profonda il modo di vivere e pensare. La laicità non può
essere negazione del passato: non ha il potere di tagliare la Francia
dalle sue radici cristiane”.
Una felice
esplicitazione di questa lettura ho avuto il bene di ammirare nei giorni
scorsi a Vienna, ospite del nostro ambasciatore italiano in Austria
Spinetti e del prefetto della Congregazione italiana presso la capitale
austriaca Valentini, un’illustre Istituzione culturale depositaria della
grande tradizione artistica italiana, che vanta tra i suoi membri
eccellenti Metastasio, Salieri, Da Ponte.
L’occasione:
la consegna di un imponente presepe artistico realizzato dai detenuti
operanti presso il Fondo Sturzo in Caltagirone, impegnati in un cammino
di redenzione umana, familiare e sociale nel segno dell’eredità morale e
culturale trasmessaci dai due fratelli Mario e Luigi Sturzo.
Osservando le
centinaia di visitatori, ammirati dinanzi a questa preziosa opera in
ceramica - ora in esposizione permanente presso la Chiesa Nazionale
italiana, ubicata a metà tra il Palazzo imperiale e la Cattedrale di S.
Stefano - ripensavo ad un’espressione di T. S. Eliot: “Se il
cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora voi
dovrete ricominciare faticosamente da capo e non potrete indossare una
cultura già fatta. Dovrete attraversare molti secoli di barbarie”
(in Appunti per una definizione della cultura. Appendice:
L’unità della cultura europea in Opere 1939-1962).
Dal suo
esilio londinese, già ottanta anni or sono, Luigi Sturzo non mancava di
stigmatizzare questo pericolo, sempre incombente, ora neanche più
celato, come “l’errore della modernità”. Esso consiste, secondo
lo statista calatino, nel “tentativo di
separare e contrapporre Umanesimo e
Cristianesimo. In tal modo dell'Umanesimo si fa un'entità divina; della
religione cristiana un affare privato, un affare di coscienza, una
setta, una chiesuola di cui si occupano solo i preti e i bigotti.
Bisogna ristabilire l'unione e la sintesi dell'umano e del cristiano”
(in Miscellanea Londinese Vol. III).
Solo vantaggi si possono
riconoscere e acquisire dalla “diversità” di varie culture, a condizione
che non si annulli o si consegni all’idea di “epoca” la propria
identità. Un epoca tramonta, ma un destino si rinnova! Un “detto” si può
anche dimenticare, ma un “fatto” non si può cancellare.
“Il cristianesimo -
ha scritto Benedetto XVI, già nell’incipit della sua seconda Enciclica -
non è una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una
comunicazione che produce fatti e cambia la vita” (Spe Salvi, 2).
Sì, il Vangelo della vita
cambia la vita! La rende più viva, vitale, vivibile. Così è accaduto
nella storia di questi giovani detenuti che dalla nostra benedetta terra
di Sicilia, nel simbolo degli Sturzo, provocano la nostra sonnolenta
Europa dal suo cuore geografico, Vienna.
Una provocazione d’amore,
ben più forte e appassionata dell’egoismo generazionale del nostro
tempo, che sempre più solitudini, babeli e crudeltà finirà con il
generare. Un segno di speranza creatrice affidato ad un presepe, inno
corale alla vita che non vuole morire, “elogio” di una coscienza sociale
capace di esorcizzare la paura del futuro perché forte del suo passato.
Senza “cura
dell’anima come base spirituale”, ha scritto il maggiore pensatore
ceco del XX secolo J. Patočka,
“l’Europa è morta e cade nuovamente nell’oblio” (in Platone e
l’Europa).
Un’idea performativa cara
a quel campione di “umanesimo cristiano” che è stato Giovanni Paolo II,
a cavallo tre due millenni: riscoprire l’uomo, perché l’uomo non perda
il posto che gli è proprio, in quel mondo che egli stesso, tra mille
dolori, ha configurato.
Scriveva Karol Wojtyla in
Persona e atto, sua opera filosofica: “L’uomo, scopritore di
tanti misteri della natura, rimane sempre in qualche modo un essere
sconosciuto, che esige continuamente una nuova e sempre più matura
espressione della sua natura. Altrimenti è esposto all’assuefazione,
rischia di diventare per se stesso troppo comune”.
Ecco perché il Natale,
incancellabile, ritorna: per elevare l’umano al soprannaturale e
insegnare agli uomini l’arte di vivere!
Salvatore Martinez
Presidente
nazionale del Rinnovamento nello Spirito
Presidente del Polo di
Eccellenza “Mario e Luigi Sturzo