E'
don Guido Pietrogrande a introdurre il Simposio sul tema "L'emergenza
educativa interpella la Chiesa, la famiglia, la scuola" e lo fa
invitando per prima cosa partecipanti e relatori alla preghiera e alla
lode corale.
Il simposio
affronta tre specifiche tematiche dell'emegerza, riguardanti la Chiesa,
la famiglia e la scuola. Il primo relatore, p. Giovanni Alberti, membro
del CNS, sottolinea subito che l'emergenza educativa dev'essere
affrontata attraverso una battaglia ed è, perciò, del tutto in linea con
il tema del combattimento spirituale che caratterizza questa Conferenza.
Prosegue poi mettendo in evidenza alcune metafore della società moderna
in cui si sta manifestando questa emergenza educativa. La nostra società
ha legami relazionali tanto fragili da essere stata definita "liquida";
i suoi idoli contengono falsità e inganni che hanno portato a farla
concepire come un mercato in cui identità esclusive si contrappongono,
guidate solo dal narcisismo dell'egocentrismo; ed il suo porsi come un
simulacro, in cui il vero è falso allo stesso tempo, rende instabile
ogni desiderio e l'uomo è interessato solo a un presente
in
cui passa da esperienza a esperienza restando sempre insoddisfatto. Lo
stesso "calendario", che ogni tradizione religiosa si porta dietro,
viene rivisitato attraverso significati che arrivano a sabotarne quello
originale.
In questo
contesto sociale la generazione degli adulti non riesce più a
trasmettere la fede, a comunicare la coerenza di se stessi raccontando
la propria storia personale. E' la memoria di sé che la società sta
smarrendo, mentre la trasmissione della fede presuppone questa memoria,
lo "Shemà Israel", il "fate questo in memoria di me". Per tenere viva
tale memoria p. Giovanni indica, con vari richiami biblici, l'esigenza
di essere narratori di una storia, anelli vivi di una catena in cui si
trasmette un'esperienza di vita. E richiama le parole di Paolo VI: il
nostro tempo «non ha bisogno di maestri, ma di testimoni». Testimoni di
Gesù Cristo.
Filippa
Mancuso Passarello prosegue il Simposio, richiamando la difficoltà della
famiglia nell'affrontare il tema del bene e del male con i figli che,
oggi, hanno smarrito completamente queste categorie. Le nuove categorie
del post-moderno, che intaccano profondamente la nostra realtà di
adulti, diventano devastanti per i nostri figli. Filippa richiama il
modello di Gesù che accompagna i discepoli di Emmaus, come modello per i
genitori, che devono mettersi accanto ai propri figli per insegnare loro
a leggere il senso della vita e della loro vocazione. L'essere amato,
ricorda Filippa, è la prima esperienza di Dio che viene trasmessa al
figlio attraverso i genitori. Gratuità, perdono e preghiera sono il
contesto di questa educazione, che può e perciò deve attingere alla
grazia sacramentale concessa alla relazione fra gli sposi.
A scuola si
educa istruendo, ma il compito di un insegnante non è tanto quello di
addestrare a determinate discipline, ricorda Lindo Monaco, quanto quello
di consegnare riferimenti capaci di orientare la vita dei ragazzi. In
questo processo è necessaria un'alleanza fra le diverse istituzioni
educative, a cominciare dalla stessa famiglia. Ci è chiesto di essere
insegnanti cristiani audaci, assumendo questa emergenza educativa e
donando quel qualcosa di noi stessi che resterà ai nostri ragazzi anche
quando avranno dimenticato i contenuti della disciplina. Non si tratta
certo di imporre la fede, ma di sollecitare un dibattito che sia capace
di affrontare, con il coraggio della verità, quelle "cose di Dio" che
non potranno passare mai.
Sandro Gallo