Tutto
ha inizio alle sponde del lago di Tiberiade.
Trasferiamoci sulle sponde
del lago di Tiberiade, dove il ‘ministero pastorale’ ebbe inizio nella
Chiesa. A Tiberiade Gesù chiede un attestato d’amore prima di affidare a
Pietro il gregge: ‘Pietro, mi ami tu più di costoro?’. Anche a noi
è posta dal Signore la stessa domanda - ‘Mi ami più di ogni cosa?’
– nella ‘nostra Tiberiade’, cioè il gruppo, nel giorno in cui il Signore
ci ha chiesto di servire i fratelli e di guidarli. Quando siamo stati
eletti al servizio carismatico abbiamo ripetuto la nostra dichiarazione
d’amore ai fratelli? Dire a Gesù l’amore per i nostri fratelli significa
restituirglieli ogni giorno ‘salvi’ e ‘più cresciuti’: altrimenti non
avrebbero ragione di esistere il nostro ministero e il RnS. Gesù ci chiede
prove d’amore. I carismi sono prove dell’amore dello Spirito.
‘Date loro voi stessi da
mangiare’ (Mt 14,16)
Questo comando di Gesù agli
apostoli stanchi davanti a una folla affamata è preludio del miracolo
della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nel pane e nel pesce si
identifica Gesù che sembra dire: ‘Fate eucaristia con me, fatevi
eucaristia per me’. E come si dice amen quando si riceve il corpo
di Cristo, anche noi possiamo dire ‘amen: Signore, vogliamo darti e
darci ai nostri fratelli’. ‘Date loro voi stessi da mangiare’
condensa la sapienza eucaristica del recente Sinodo – ‘Cenacolo
eucaristico e Cenacolo pentecostale’ - e un pensiero d’affetto vogliamo
rivolgere al Pontefice Benedetto XVI che ha portato a conclusione l’Anno
eucaristico voluto e iniziato dall’amatissimo Giovanni Paolo II. Lunga
vita a Benedetto XVI e Giovanni Paolo II sia santo subito!”.
La carità, “via migliore di
tutte”
I
carismi sono prove autentiche che Gesù è vivo ed è con noi. Ecco la
“via migliore di tutte”. Aspirare a questa via esige sforzo: “se
vuoi essere un carismatico devi amare”, ogni mancanza di carità è
mancanza di carismi: “La carità non abbia finzioni”(Rm 12,9).
“Operari sequitur esse”: il nostro fare è espressione del nostro
essere: non ci sono buoni pastorali, ma buoni membri di pastorale. Che
triste considerare le divisioni dovute ad un cattivo uso del carisma
pastorale, vedere gruppi che improvvisano responsabili e assistere a
raffreddamenti d’amore nella sottomissione fraterna che il carisma
pastorale impone.
Amare non ‘per’ amore di
Dio, ma ‘con’ l’amore di Dio
E’ una differenza enorme. I
nostri fratelli e sorelle non vogliono essere amati alla rinfusa. Senza il
cuore di Dio, il nostro cuore si stancherà presto. Vorrei che questo mio
intervento segnasse per noi una nuova conversione pastorale, un’occasione
per rilanciare il nostro servizio d’amore. Dobbiamo ripartire dallo
Spirito. Gesù dice: “Venite a me voi tutti…ed io vi ristorerò”.
Ecco il senso del miracolo eucaristico di Tiberiade: lo Spirito toglie la
stanchezza agli Apostoli servitori annunciando la trasformazione del
cuore.
Un triplice dinamismo
d’amore
Il nostro servizio ha una
triplice dinamica d’amore. ‘Offerta d’amore’. Non sono sufficienti
buoni libri sul servizio pastorale per avere un buon RnS. “Ne chiamò
alcuni perché stessero con Lui” (Mc 3,13): ecco la scuola dell’amore
dove s’impara dallo Spirito e s’impara una persona, Gesù. ‘Intimità
nell’amore’. La regola d’oro è data da Gesù: “Chi rimane in me e io
in lui, fa molto frutto” (Gv 15,5). L’efficacia dell’azione
pastorale non dipende da piani ben elaborati ma dall’unione che abbiamo
con Gesù. ‘Profezia dell’amore’. Il pastore comunica ciò che
contempla, non dice del suo, fa parlare Dio col quale è stato ‘faccia a
faccia’ nella preghiera.
Carità pastorale: cinque
azioni dello Spirito
La
verifica del nostro essere servitori del Rns è in cinque verbi, cinque
azioni dello Spirito di cui un vero animatore deve poter rispondere.
Scegliere il RnS: lo Spirito ci ha scelti, ma noi abbiamo scelto il
RnS? Con un’appartenenza responsabile e non episodica. Scegliere
significa non essere distratto da mille altre proposte ecclesiali, è una
scelta che deve farsi rispettare davanti a un parroco. Occorre una scelta
definitiva senza paura di scontentare nessuno. Vivere il RnS: la
preghiera comunitaria è solo l’inizio; un gruppo vive della Parola, delle
celebrazioni, di rapporti fraterni e per fare questo serve un pastorale di
servizio. Difendere il RnS: significa essere animatori che si
pongono dalla parte dello Spirito, non lasciarsi spaventare da chi
giudica, essere fedeli alla spiritualità . Diffondere il RnS: se
non si diffonde, il RnS muore e i carismi soffrono l’atrofia spirituale.
Diffondere significa dar vita a nuovi gruppi. Sostenere il RnS:
provvedere alle necessità del movimento obbedendo a un comando di Dio
alimentando la fantasia della carità.
Maturità ecclesiale e
Movimento ecclesiale
Il
30 maggio del 1998 Giovanni Paolo II in piazza S. Pietro disse: “Oggi
dinanzi a voi si apre una nuova tappa: quella della maturità spirituale.
Il 4 aprile, ricevendo in udienza privata il RnS il Santo Padre aveva
coniato per noi una definizione nuova: “il Rinnovamento è un movimento
ecclesiale”. Il RnS sin dalle origini è sempre stato chiamato ‘Movimento’.
La definizione ‘teologico-pastorale’ del RS riassume i criteri di
ecclesialità.
Sin dalle sue origini il RnS
è Chiesa
Nel ’77 a Salerno, Primo
Congresso del RnS nell’Italia Meridionale, i primi partecipanti
s’interrogarono sulla loro identità, con l’affermazione di Salvatore
Cultrera: “Siamo comunità ecclesiale”. Come definirli: gruppi o comunità?
Nel ’79 a Rimini, padre Natale Merelli assistente spirituale del Cns, si
occupò della definizione con la scelta di un nome ancora più
significativo: fraternità.
“Frutti maturi di
comunione”: la carità carismatica è vita comunitaria
“I partecipanti al RnS sanno
di essere comunità, anzi fraternità, ma conservano il nome ricevuto al
loro sorgere: gruppi di RnS”, affermava don Dino Foglio nel 1981. Tutti i
gruppi sanno di essere comunità, vivono una vita comunitaria, così che in
ogni realtà, gruppo o comunità il vero rinnovamento viva. Per questo non
può essere contrapposizione tra gruppi e comunità del RnS. Nessun membro
del RnS potrà sottrarsi alla vita comunitaria, senza per questo dover
diventare una comunità propriamente detta o vedere in questa forma un
Rinnovamento ‘migliore’.
Koinonia, Comunione
Koinonia era una
parola forte alle origini del Rinnovamento, ancora oggi indica non la
qualità di gruppi, ma la qualità della vita comunitaria, è il vincolo
spirituale che rende possibile e comune un cammino fra persone prima
estranee che s’impegnano a vivere come fratelli.
Questo processo avviene
attraverso i gradi di una comunione che sono i criteri per comprendere la
vita comunitaria di un gruppo. Due sono i massimi gradi ai quali lo
Spirito conduce per crescere nella koinonia: condividere i beni
spirituali (preghiera, Parola, carismi e ministeri), condividere i beni
materiali. Lo Spirito chiama il Rns a rafforzare i vincoli di comunione al
proprio interno per poterla testimoniare all’esterno.
Non c’è RnS senza vita
comunitaria
Non è uno statuto a
determinare la comunione all’interno del RnS. Decisiva è la maturazione
spirituale nostra e dei gruppi. Non è mai stata usata propriamente
l’espressione Rinnovamento= ‘gruppi di preghiera’: non è sbagliata ma è
inadeguata. I nostri sono ‘gruppi ecclesiali fondati su una vita
comunitaria carismatica’. L’espressione ‘gruppi di preghiera’ ha sempre
indicato l’elemento basilare dell’incontro settimanale di preghiera
comunitaria.
Come fioriscono o
appassiscono i carismi
Il
RnS esiste per collaborare attivamente alla realizzazione dell’opera
evangelizzatrice della Chiesa. Ma questo non accadrà senza vita fraterna e
comunitaria che generi una più intensa vita spirituale e carismatica. Vita
comunitaria è sempre sinonimo di vita carismatica: non cercate altri
rimedi alla penuria di carismi.
Il segreto delle origini del
RnS: era nella radicalità evangelica e nella semplicità evangelica che i
sacerdoti trasmettevano e che una generazione di laici assunse con
trasporto d’amore. La forza della comunione fraterna delle origini era
data dalla preghiera, ma soprattutto dal sapersi tutti impegnati nel far
conoscere Gesù vivo. Cosa fare per rilanciare questa vita comunitaria?
Apriamoci con umiltà allo Spirito, lasciamoci condurre senza avere fretta
di fare tutto o paura di non poter fare tante cose. La vita comunitaria è
fatta di tre elementi: un cammino con più momenti d’incontro e di crescita
settimanali sulla Parola di Dio; celebrazioni sacramentali ed
extraliturgiche periodiche; maggior legame d’amore fra i membri di gruppo.
Senza questi tre elementi - vivendo solo di preghiera comunitaria – un
gruppo non è pienamente cattolico. L’anemia spirituale e carismatica di un
gruppo si risolve solo rafforzando la vita comunitaria. Non si può fermare
il tempo: non si può vagheggiare le origini del RnS quando noi per primi
abbiamo allentato la vita comunitaria ei nostri gruppi: non si può essere
contenti delle ‘cipolle d’Egitto’ quando a Gerusalemme scorre ‘latte e
miele’. Dobbiamo andare avanti: il nostro andare avanti dovrà essere un
voltarsi indietro non per rimpiangere ma per recuperare l’impianto
autenticamente ecclesiale.
Alcune parole…forti e
chiare!
- Sulla formazione di un
gruppo o comunità: deve essere permanente, settimanale, oltre l’incontro
di preghiera. Non ci si può fermare alla sola evangelizzazione
fondamentale (il seminario di vita nuova), ma tutti devono iniziare un
cammino di crescita. La formazione ministeriale, portata avanti a livello
regionale, non sostituisce la formazione di base, ma la presuppone.
Occorre più equilibrio, più
attenzione al cammino di crescita dei fratelli.
- I ministeri regionali e
nazionali: il ministero non è il luogo della crescita spirituale che
sostituisce il gruppo, è il luogo della testimonianza, ma se non si vive
un cammino settimanale risulta difficile capire cosa si testimonia. I
ministeri non devono preoccuparsi di dire cose nuove, ma di ribadire le
cose fondamentali. Il ministero non è ‘accademia dello Spirito’ ma
‘palestra dello Spirito’. I ministeri devono divenire strumenti di
evangelizzazione.
- La presenza attiva e
appassionata di sacerdoti è decisiva per il rilancio della vita
comunitaria carismatica.
- Il livello pastorale
diocesano: non è alternativo o parallelo a quello regionale, non è
sostitutivo di quello locale, di gruppo.
- Rapporto tra RnS e
Parrocchia: il RnS non è un movimento parrocchiale, della parrocchia per
la parrocchia. Per sua natura il RnS è costituito da gruppi e comunità non
necessariamente legati all’ambito parrocchiale, tanto nella presenza,
quanto nella tipologia dei partecipanti al gruppo.
Ripartire dallo Spirito
Santo
A Lucca, al meraviglioso
Convegno internazionale dedicato allo Spirito Santo, parlavo di una
“parentela d’amore” che lo Spirito nella Pentecoste ha creato con
l’umanità. Al mondo manca la Pentecoste dell’amore. “Pentecoste è
un’operazione divina, non fa i conti con le nostre abilità umane o con le
nostre scelte. E’ Dio che sceglie, è Dio che ci ha scelti e si manifesta
con potenza e se vede cuori uniti, cuori amanti”. Ci basti sapere che è
sempre viva e vera la promessa di Gesù: “Manderò a voi lo Spirito Santo”.
E tutto ha inizio. E tutto può ricominciare.
Coraggio RnS! Sia lo Spirito
Santo la certezza che ti rende sicuro. E la ‘ergine dalle mani alzate’ non
cessi di danzare per noi davanti alla Trinità! |